I produttori fanno a gara per dare un seguito a film e serie cult e cercare di eguagliare i successi del passato sia in termini economici sia di fama. Ma sono puri esperimenti di marketing o c’è un estro artistico nei sequel di Mary Poppins e Twin Peaks? Sarà vera gloria? Ai fan l’ardua sentenza…
In un momento in cui praticamente giornalmente si celebrano in pompa magna compleanni importanti che misurano l’inesorabile scorrere del tempo e il passaggio a classici di capisaldi della modernità – ultimo fra tutti in ordine di tempo il ventesimo della serie cult Buffy, the vampire-slayer –le produzioni televisive e cinematografiche sembrano aver sterzato verso i sequel, cavalcando l’onda dell’insidioso e affascinante escamotage del “a volte ritornano”. Il ricorso al sequel sembra aver così rimpiazzato la malsana passione per il remake, sempre meno presente se non in clamorosi casi come l’imminente versione in carne ed ossa del successo Disney La bella e la bestia.
La tentazione del ricorrere alla “minestra riscaldata” sembra quindi essere sempre dietro l’angolo, un po’ per il gusto di buttarsi in un’impresa facile a rischio calmierato, un po’ per cercare di provocare nel pubblico degli affezionati la proustiana madeleine e magari intercettare un successo analogo e farsi rivestire d’oro e d’onori dall’idolatria dei fan.
Curioso però osservare come questa tendenza si sia fatta così prepotente in un momento di grande fermento e innovazione, soprattutto nella serialità, quasi per proporre un modello alternativo al più che prolifico settore della produzione di serie che propone un’infinità di storie, tutte però costrette a passare dalla forca caudina dell’episodio pilota: o sei dentro o sei fuori. Affidarsi alla sicurezza di un traino notorio diventa quindi per il produttore come scivolare in una comoda tuta o slacciarsi la cravatta dopo una giornata di lavoro e buttarsi sul divano piuttosto che uscire dopo essersi infilati un paio di scarpe nuove che potrebbe essere comode come un guanto, ma anche provocare un insopportabile mal di piedi. Comfort mood. Minimo sforzo massima resa: ma è davvero così?
Il pericoloso rovescio della medaglia è che a rispolverare antiche passioni si finisca invece, mancando di ispirazione, ad abusare di cliché ormai esausti come avvenuto, possiamo dirlo ormai a ragion veduta, con il quasi imbarazzante Trainspotting 2 del quale Memecult ha già parlato, con il più che deludente Zoolander 2, e con l’insensato recente sequel di X Files, passato quasi in sordina e senza gloria su Fox per 6 episodi non certo memorabili. Perché se l’aspettativa è tanto forte e il successo dell’originale tanto ingombrante, il tonfo sarà doppio se il suo successore non sarà almeno vagamente all’altezza, tanto più quando mentre per il sequel si cerca di costruire a tavolino la stessa formula magica, oltretutto in un’epoca certamente diversa.
C’è da dire che, guardando alle dichiarazioni d’intenti, non tutte le produzioni sono dettate da un’esigenza primaria di far cassa; altre sono reclamate a gran voce dai fan che vogliono veder concluso un fenomeno cult a cui ci si è affezionati per poi diventare, solo in un secondo tempo, una potenziale macchina fabbrica soldi. Ma che si agisca in nome dell’arte o della pecunia l’incognita del successo è sempre quella del clamoroso flop e l’occhio critico più vigile che mai.
Ma quali sono le “minacce” che ci aspettano nell’immediato futuro? Vediamone qualcuna nel dettaglio.
TWIN PEAKS: che David Lynch non sia uno facile al darsi al vil denaro per ricercare popolarità è risaputo e che non sia stato mai neanche il più numericamente prolifico degli Autori con la A maiuscola è un dato di fatto, e questo o ha perlopiù preservato dall’incappare in scivoloni imbeccati dalle logiche di mercato. Ma tutti i bravi fan sanno che anche a fronte delle migliori intenzioni del buon David, nulla si può davanti a produzioni matrigne (vedi il caso del disastroso Dune), ed è per questo che l’accoppiata Lynch/Frost e la presenza di quasi tutto il cast ancora in vita oltre che altri attori feticcio di lynchiana memoria come Naomi Watts non possono garantire aprioristicamente il successo dell’impresa. Ma la curiosità è tanta, l’attesa spasmodica ed il battage talmente ben calibrato e gestito che non si può che agognare e sognare il momento dell’uscita, nonostante la presenza di segnali contrastanti e non troppo ben auguranti come l’ingaggio di Monica Bellucci. Tutti in trepidante attesa dunque, come quando nelle nostre cambrette aspettavamo il finale della seconda stagione per sapere finalmente chi aveva ucciso Laura Palmer.
MARY POPPINS: solo qualche frame (fintamente) rubato dal set ed è subito psicosi; il mistero e le informazioni centellinate sono il pane quotidiano di una comunicazione ben fatta e non resta che sperare che oltre al marketing ci sia di più. Gli ingredienti per il successo ci sono tutti: una storia inedita e della quale non trapela nulla, un cast interessante e apparentemente all’altezza. Si spera che che non si ceda ai troppi effetti speciali che la contemporaneità offre, ma si rimanga più aderenti alla storia e alla ricerca di una maggiore artigianalità anche nella realizzazione. Il rischio di disamorare intere generazioni e far trasecolare la produzione qui è elevatissimo.
WILL & GRACE: interessante il caso di Will & Grace, serie che apparentemente conclusa, decide di tentare un “abbocco” nei confronti dei fan riapparendo dopo molti anni con un mini episodio disponibile solo sul web e schierandosi politicamente contro l’ormai Presidente Trump in una campagna pro-voto destinata agli indecisi dell’ultim’ora. Dato l’incredibile successo di visualizzazioni si passa alla messa in produzione di un vero e proprio sequel quindi con una maggiore serenità e minore imbarazzo. E le prime foto dal nuovo set iniziano a girare sui profili social degli interpreti. Ed è subito amore.
LOVE ACTUALLY: l’annunciato sequel della fortunatissima commedia romantica britannica è una probabile furba esca per sondare il terreno, al pari di quella utilizzata dal sopracitato Will & Grace. Un piccolo proseguo di dieci minuti annunciato come strumento di supporto per una causa benefica e che vedrà coinvolto certamente Hugh Grant, come da selfie d’ordinanza scattato sul set. C’è da giurarci che se dovesse riscuotere lo sperato successo si inizierebbero a sentire tintinnare le jingle bells di un vero e proprio sequel natalizio.
GILMORE GIRLS: capitolo a parte quello del ritorno delle ragazze Gilmore, che sono già passate sui nostri schermi grazie a Netflix dividendo l’audience in tiepidamente favorevoli o cautamente contrari. e la verità probabilmente sta nel mezzo. L’operazione sequel in questo caso è una delle più acclamate e richieste dai fan ed è forse anche per questo che il ritorno non ha soddisfatto le attese come avrebbe dovuto fare. L’ansia da prestazione ha causato qualche impiccio alla scrittura solitamente impeccabile dell’autrice Amy Sherman-Palladino, probabilmente assalita dalla necessità, anche imposta dalla produzione, di recuperare in modo goffo il tempo perduto in un confusionario sunto delle vite di tutti i personaggi, comprimari compresi. La formula dei 4 episodi da un’ora ciascuno che avrebbero dovuto incoraggiare una narrazione più rilassata ed accurata si è incartata, rendendo i primi 3 capitoli confusi, impacciati, macchiettistici, deliranti, ma in modo fortunatamente decrescente. Come un diesel vecchia maniera la stagione decolla con un sorprendente quarto episodio, Autunno, una vera a propria chicca da appassionati, in cui tutta la potenza, l’ironia, la genialità che avevano contraddistinto le stagioni originarie riemergono sontuose. Ed è proprio degli ultimi giorni l’annuncio che Netflix sta seriamente pensando di mettere in cantiere un’altra stagione per le ragazze Gilmore. Viste le premesse e visto la conclusione con lo strepitoso autunno non resta che augurarselo, almeno per far pace definitamente con questo primo imperfetto e zoppo tentativo. Fall(ing) in love.
Gabriella Cerbai
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