Arte e Fotografia

Villa di Celle: una fattoria per l’arte ambientale

Di solito, siamo abituati a parlare di “Factory” o “Fabbriche” dell’Arte, secondo un ormai consolidato format inaugurato da Warhol qualche decennio fa… Ma questo non è il caso della Villa di Celle nei pressi di Pistoia che si definisce orgogliosamente una “Fattoria dell’Arte”, dove cultura, creatività e natura si incontrano. Siamo andati in visita a questa cascina sui generis e ci siamo immersi in un percorso artistico davvero affascinante…

Veduta villa Fattoria di Celle

La Villa di Celle è un complesso rurale che risale alla fine del Seicento, costruito per volere del cardinale Carlo Agostino Fabroni di Pistoia. Riconvertita negli ultimi tempi come “spazio per l’arte” per volontà di Giuliano Gori, la sua formula prevede che ogni artista invitato scelga uno spazio, all’aperto o all’interno di uno degli edifici e sviluppi la propria idea in funzione del luogo che la ospiterà, non in quanto “corpo” estraneo, ma in quanto parte integrante del luogo stesso.

Il risultato è  una magia per gli occhi e le emozioni con una serie di opere ambientali site specific di notevoli dimensioni.

La visita inizia dalla fattoria della tenuta che stupisce i visitatori sin dalla prima stanza: a tenere la scena è una meravigliosa opera di Roberto Barni, “Giorni felici”, un’esplosione di colori che al centro pone la presenza di una barca, motivo del titolo dell’opera in quanto essa rappresenta la salvezza.

La sala al primo piano, che presenta sulle pareti di sfondo un’opera di Sol Lewitt, sembra inglobare l’osservatore e immergerlo nei colori delle pareti dipinte in due momenti diversi dall’artista, mentre  Richard Long, al centro, tiene la scena con il suo Cerchio verde di Prato, nome che prende dalla provenienza delle pietre.

"progetti murali" e "anello verde di Prato" di Sol Lewitt e Richard Long

Al primo piano della Fattoria, ritroviamo una serie di stanze che si susseguono lungo un corridoio che fa un po’ da contenitore a questa serie di “scatole magiche”, in cui, passo dopo passo, si avverte una sensazione di attesa e sorpresa per ciò che sta per svelarsi. Tra gli artisti ritroviamo Robert Morris che qui ha realizzato il maggior numero di opere, la prima in successione è “Hypnerotomachia psychomachia“, una serie di cornici di quadri nere, raffiguranti volti, rimaste nella stessa stanza della fattoria scelta da Morris come studio e laboratorio per le sue creazioni.

Stanza dopo stanza, lungo un corridoio dalle pareti bianche, si mostra l’arte nella sua essenza più pura, nel suo riuscire ad entrare nei cuori dei visitatori, e talvolta mostrandolo, il cuore… Come succede nella stanza di  Claudio Parmigiani dove, nel centro esatto, c’è proprio un cuore intento a rafforzare il rapporto con la città esterna, creando un connubio tra ciò che si sente e quello che si vede al di là della finestra.

Unire i cuori, le passioni, le emozioni, le varie arti è qualcosa che Gori con la sua ‘fattoria’ è riuscito a fare in maniera eccellente, e lo dimostra anche l’opera del musicista Giuseppe Chiari, “Collage di un musicista”.

Conclusasi la parte più breve del percorso, siamo curiosi di addentrarci in quella che è la ricchezza assoluta della Fattoria di Celle, la forma di espressione più alta dell’arte ambientale: il parco.

Excelle di Marco Turelli

Disegnato dall’architetto Gambini nel 1800, l’ingresso è segnato da un momento di estrema intensità: in cima alla facciata della Fattoria che si scorge da lontano c’è scritto “Per quelli che volano”, e sul tetto si scorge una panchina vuota…  Omaggio dell’artista Mainolfi per la defunta moglie di Gori, che amava guardare il tramonto da quello scorcio della villa.

In basso a reggere un piano rotondo con un disegno a rilievo, tre figure bendate, opera di Roberto Barni, rappresentano la metafora dell’esistenza umana, e la benda sui loro occhi sta a dimostrare quanto l’attesa sia infinita.

Da questo momento inizia il percorso tra arte e natura!

Proprio all’inizio del percorso, troviamo una meravigliosa Casa del tè di Dani Karavan, luogo nato per omaggiare la cerimonia di questo infuso pregiato, rito di profonda spiritualità della tradizione giapponese. Al centro della stanza un grande cono di tè verde mentre intorno ci sono sette picole ciotole in porcellana bianchissima.

Molte opere, al di là della bellezza che è di impatto e indiscutibile, si caricano del significato emotivo che ha permesso la loro realizzazione.

E’ il caso di Magdalena Abakanowicz che per il suo primo lavoro in bronzo sceglie uno spazio recintato da filo spinato fuori ai confini del parco: qui vediamo una serie di “figure” incomplete, con le teste e le braccia aperte viste di schiena. Un richiamo alla condizione esistenziale dell’uomo.

Gemelli di Jaume Plensa

Il primo artista italiano che ha lavorato alla fattoria, amante delle cupole, e che ha realizzato una scultura dalla sua forma come una freccia che punta verso l’alto è Mauro Staccioli. La parte inferiore di questa gigantesca “lama” di cemento arriva nel viale centrale del parco. La forma scelta cambia in base al punto di osservazione. L’opera è stata realizzata in cemento affinché col tempo si ricoprisse di muschio e diventasse parte integrante della natura, un tutt’uno.

Altro artista italiano che ritroviamo è Giuseppe Spagnuolo che pone la sua “Daphne“, di oltre cinque metri d’altezza, in diretto rapporto con l’antica ghiacciaia naturale. Numerose sono le altre opere che arricchiscono questo meraviglioso giardino d’arte, che non vogliamo svelare interamente perché dinanzi all’arte bisogna fermarsi a guardare, a sentire, emozionare…

Felisia Toscano

Foto di Maria Di Pietro

About the author

Felisia Toscano

Laureata in Scienze Turistiche, è impegnata nella realizzazione di eventi culturali e turistici.
Appassionata all’arte e alla scrittura, si dedica alla recensione e al racconto di mostre, viaggi, eventi culturali che le permettono di esprimere al meglio le sue emozioni.

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