Come riassumere in una sola parola la varietà di spunti di riflessione scaturiti dalla visione della mostra in corso alla Galleria Civica di Modena? Orizzontalità. Entrando nella Sala Grande di Palazzo Santa Margherita – punto focale del percorso espositivo – devo ammettere di aver percepito un’iniziale sensazione di disorientamento alla vista dell’elevata concentrazione di opere disposte sulle pareti. L’allestimento ricorda il modello della quadreria dove i dipinti ricoprono – senza soluzione di continuità – la superficie verticale della muratura. Tale disposizione genera un conseguente e necessario livellamento delle emergenze: nessuna opera acquisisce una visibilità tale da potersi distinguere nettamente dalle altre. Lo sguardo non sa dove posarsi, come quando – dopo una lunga assenza – si torna ad ammirare la vastità della pianura: l’occhio si muove senza sosta, soffermandosi prima su un punto e poi su un altro, incapace di scorgere anche un solo dettaglio che emerga da quel tutto uniformante.
In secondo luogo tale tipologia di allestimento invita l’osservatore a percorrere fisicamente lo spazio. Alcune opere sono collocate a livello del pavimento, altre sono disposte quasi a ridosso del soffitto: chi osserva è dunque costretto ad adeguarsi al ritmo incalzante della composizione, abbassando e alzando la testa (e non solo) in modo da recuperare il corretto punto di osservazione di ogni singola immagine. Libero di dislocare lo sguardo sulla parete – considerata qui come un piano orizzontale su cui muoversi con semplicità – ogni visitatore traccia un reticolato involontario di relazioni, che unisce opere e artisti distanti nel tempo e nello spazio (e forse anche negli intenti). In modo del tutto inaspettato l’insieme dei tracciati visuali crea una sorta di mappa concettuale, un ipertesto ogni volta diverso. É su questa superficie densa di riferimenti a volte insospettabili che si rende visibile e percepibile quel confronto insito nel titolo della mostra – versus – termine in grado di assumere talvolta tutti i connotati di un vero e proprio scontro.
L’esposizione Versus | La sfida dell’artista al suo modello in un secolo di fotografia e disegno allestita presso la Galleria Civica di Modena, a cura di Andrea Bruciati, Daniele De Luigi, Serena Goldoni, si inserisce infatti nell’ambito delle iniziative promosse in occasione dell’edizione 2016 del festivalfilosofia, incentrata sul tema dell’agonismo. Lungo il percorso espositivo l’agone è interpretato come confronto con i modelli storici tramandati dalla tradizione, in grado di determinare antitetiche reazioni di opposizione e allineamento. Grazie alla disposizione apparentemente casuale delle opere, chi osserva è in grado di cogliere i riferimenti spontanei che connettono un’immagine all’altra. Nessuno guida il suo sguardo, così come nessuna opera emerge dal contesto in cui è collocata. In tale ottica non è dunque un caso che gli artisti emergenti coinvolti nel progetto siano affiancati – senza cesure – ai protagonisti del panorama artistico internazionale del Novecento.
I curatori hanno attuato una scelta per certi versi inaspettata: ai giovani artisti – espressione quanto mai priva di ogni valenza semantica – non è riservata una sezione specifica e distinta nel contesto dell’esposizione, come spesso accade in circostanze analoghe. Le loro opere sono inserite – in modo del tutto naturale – nel flusso di riferimenti che si dispiega lungo le pareti dello spazio espositivo. Non è quindi la singola immagine a incarnare in sé il nucleo tematico della mostra: nessuna opera, nella sua individualità, ambisce a esprimere visivamente l’agone. É invece l’esposizione, nel complesso di relazioni che intesse, l’unica in grado di rivelare il confronto tra l’artista e il suo modello. Solo l’orizzontalità generata dalla specifica modalità di allestimento permette alle opere di dialogare tra loro, creando non una sterile sequenza di singole narrazioni, ma un complesso organico entro cui verificare nuove possibili connessioni.
Sara Ferrari
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