Interviste

“Un Unicum…ma Rotto” conversazione con lo scrittore e illustratore Luca Buoncristiano

Luca Buoncristiano nasce a Roma nello stesso anno in cui a Londra nasceva il punk. È autore e illustratore, ha lavorato per radio e televisione. Ha collaborato con gli scrittori Sandro Veronesi e Edoardo Albinati ed è stato il curatore del lascito artistico di Carmelo Bene. Autore di Joe Rotto, apparso più dieci anni fa nel primo blog di sole illustrazioni italiano, ha pubblicato “Mary e Joe”, Fazi Editore 2007; “Panta Carmelo Bene”, Bompiani 2012; “Libro Rotto”, El Doctor Sax 2017; “Album Rotto”, El Doctor Sax 2018, “Una svastica sul viso”, El Doctor Sax 2020.

Intervista a cura di Maria Rita Montagnani 

MRM- Luca, so che hai appena pubblicato il tuo ultimo libro “Una svastica sul viso”, un monologo- fiume del pluriomicida Charles Manson, assurto ad archetipo del male assoluto. Cosa ti ha spinto a scrivere un libro su di lui? Perché una svastica sul viso?

LB- Charles Manson è un mito e in quanto tale appartiene all’immaginario collettivo. Non a caso un celebre documentario su di lui si intitola “Charles Manson Superstar”. Lavorare sul mito, quindi, ti permette di lavorare sull’assoluto e di essere maggiormente efficace.  Manson è anche una figura molto interessante perché, pur non avendo direttamente ucciso nessuno, viene indicato come il re dei serial killer, suscitando una forte attrazione oltre che repulsione. Il libro era nato con altri intenti, sarebbe dovuto essere un ritratto più grottesco e mascalzone e avrebbe dovuto collegarsi direttamente con l’altro mio lavoro di narrativa, “Libro Rotto”, anch’esso dedicato alla rielaborazione dei miti moderni. Andando più a fondo però mi sono reso conto che c’era tutto un altro piano di lettura che sino ad oggi a mio avviso, almeno qui in Italia, non era stato indagato: quello di un uomo che ha passato quasi l’intera esistenza rinchiuso dietro una cella. Mi sono chiesto allora che cosa provasse quest’uomo, perché la versione che lui dava di se stesso nelle innumerevoli interviste è quella che gli hanno cucito addosso, quella del mostro, quella dell’uomo con la svastica tatuata sulla fronte, da cui il titolo che è un gioco perché rimanda a Bobby Solo. Da una svastica sul viso, ho capito molte cose…

Luca Buoncristiano

MRM- Secondo te perché il Male, pur essendo riconosciuto e rifiutato dall’umanità in generale, esercita una potente attrazione sulle persone?

LB- L’umanità si è costretta a contenere il male perché altrimenti non sarebbe rimasto più nessuno sulla terra eppure è la spinta più naturale. Come dice Louis CK in un divertentissimo monologo, “la legge contro l’omicidio è la soluzione principale per prevenire gli omicidi”. Non ci fosse staremmo tutti a massacrarci. “Magari ti schianti” credo sia una delle frasi più gettonate nel traffico. Fa parte di noi, ci abita. Ci rincorre quotidianamente, nel traffico, nella fila alle poste, alle partite di calcio, tra le pareti di casa e noi, i migliori di noi, lo respingono ma sta lì. Nessuno può dirsi esente dall’aver provato una spinta inconfessabile in vita sua. Ecco la fascinazione, è catartica, è liberatoria, qualcuno lo fa al posto tuo. C’è anche chi lo commette questo male e lo fa non perché lo ritiene sbagliato ma perché, al contrario, lo ritiene giusto. Risponde ad una legge o un volere superiore. Ti uccido perché in questo momento è la cosa migliore da fare. Una riflessione sull’esistenza non può prescindere da uno sguardo sul male.

MRM- “Alla fine chi può dire cosa è un male e cosa un bene” diceva Jung. Sei d’accordo?

LB- Innanzitutto, già in noi non c’è possibilità di unità. Siamo sempre in balia di una dualità, di spinte e di fratture. Si parla di identità, che bella parola, che illusione, al massimo c’è la carta d’identità, che poi di identico ha ben poco. Andiamo in giro con la foto di uno che non ci somiglia più. L’identità è sempre in crisi, in bilico. Bene e male, giusto e sbagliato sono delle categorie. “Prima o poi succede che ti classifichino” dice Manson. Siamo codificati, ma i codici di qua non sono gli stessi di quelli di la. Chi decide ciò che è giusto e ciò che non lo è?

Indubbiamente esistono abomini che sono universalmente riconosciuti, quasi.

Altri abomini invece vengono perpetrati non solo nell’indifferenza più totale, ma vengono addirittura incoraggiati per soddisfare la spinta ad un benessere che tra l’altro tale non è. Non stiamo distruggendo gli animali e le piante di questo pianeta? Curioso sottolineare che Charles Manson fondò in tempi non sospetti un’associazione per la tutela dell’ambiente ATWA (Air, Trees, Water, Animals and All The Way Alive)

MRM- Quella volta in cui hai avuto paura del male o di farne…

LB- In passato mi è spiaciuto non farne. Deve essere molto liberatorio. Ora tutti i giorni vivo la preoccupazione di poter causare sofferenza alle persone che amo.

MRM- Cosa cerchi nella vita e nel mondo?

LB- Non cerco nulla. Se cerchi ti metti nella condizione di provare frustrazione. L’esistenza è un fatto interiore e in noi c’è una fonte inesauribile di esperienze e di sorprese. Non diamo all’esterno responsabilità che non ha.

MRM- Temi di più la felicità o l’infelicità?

LB- Nessuna delle due, le apprezzo entrambe per quello che recano con sé. Siamo tutti felici e infelici mille volte al giorno senza neanche rendercene conto. Dovremmo invece viverle pienamente entrambe. Non amo comunque questa separazione. Non vuol dire nulla. A volte si può essere felici di essere stati infelici e viceversa. Siamo sempre nelle categorie. La felicità poi è un grande slogan per vendere le bibite, i gelati e le crociere.

 

MRM- So che ti sei occupato della cura e della catalogazione dei beni artistici di Carmelo Bene, vuoi parlarci di quella preziosa esperienza? Ha in qualche modo cambiato la tua vita?

LB- È stata l’esperienza più straordinaria della mia esistenza. Di questo debbo ringraziare Luisa Viglietti che l’ha resa possibile. Carmelo Bene, genio assoluto di questo Paese, è stata una delle figure più determinanti per la mia crescita culturale e non solo. Conosciuto grazie alla celebre puntata del Costanzo Show del ’94 dopo non me ne sono più allontanato. L’ho amato alla follia, ho visto a teatro tutta la sua ultima, straordinaria, produzione e, una volta morto, per uno di quei strani incroci del destino mi sono ritrovato a sistemare il lascito artistico nella sua casa romana. Ho frequentato il fantasma di Carmelo Bene, è stata una frequentazione intima, sussurrata ma intensa che si è svolta per un anno e mezzo tra le pareti nere di questa casa vivente e densa del suo vissuto teatrale. È stato un maestro suo malgrado. dico suo malgrado perché dubito seriamente che in vita si sarebbe interessato a me. L’importante è che io mi sia interessato a lui. Lo porto dentro in quello che faccio anche se è distante anni luce da lui. Di quell’esperienza ho pubblicato un volume per Bompiani, PANTA Carmelo Bene, frutto di un lavoro certosino di selezione dal suo archivio delle migliori interviste lasciate nell’arco di tutta la sua carriera.

MRM- Si scrive per disperazione o per noia?

LB- Chi scrive per noia è un disperato. Mentre uno scrittore disperato diventa noioso. Si scrive, o si dovrebbe scrivere, perché è un’esigenza. Qualcuno o qualcosa ti sta bussando alla porta, devi aprire! Scrivere è una questione vitale, anche fisica, almeno per me, è faticosissimo, uno stress. Ma lo faccio perché non posso evitarlo ed è anche bello, aggiungo. C’è un momento, quando ti si cristallizza una frase, un’idea ed è tutto lì come lo volevi, anche meglio, che si prova un piacere enorme.

MRM- tu sei scrittore ma anche un valente illustratore, vi è un’osmosi tra le due discipline? In fondo le idee sono visioni.

LB- C’è più letteratura nelle tavole di Andrea Pazienza che nella stragrande maggioranza di quello che si pubblica oggi. Sono mezzi diversissimi. La scrittura lavora sulla parola e il disegno, al contrario, sull’immagine. Questo non vieta però, e anzi io ne sono un fautore, che si possa sconfinare nell’uno o nell’altro. Sono segni, ecco, in questo li trovo avvicinabili. Credo molto nelle ibridazioni, nella fine dei generi, nel cancellare i confini. Non voglio identificarmi in nessuna delle due forme espressive, ma solo con il loro contenuto.

MRM- È la vita che ha bisogno di una narrazione o siamo noi in cerca di qualcuno o qualcosa che possa narrarcela?

LB- Se non fosse narrata, la vita non esisterebbe. Non sarebbe definibile. Siamo sempre nella narrazione continua di storie. Ne siamo anche vittime, pensiamo alle narrazione domestiche, nonno ha fatto, papà ha fatto, una volta mamma… Tutte balle poi, perché non c’è nulla che corrisponda al vero. Siamo dei racconti farciti. Tutti hanno una storia da raccontare, figuriamoci. Un amore andato male non si nega a nessuno. Questo però non fa di te uno scrittore. Chi narra la vita sta semplicemente lavando i panni sporchi in piazza.

MRM- I difetti di Joe Rotto, tuo alter ego, sono le qualità di Luca Buoncristiano?

LB- Joe Rotto, lo spacciatore per antonomasia, che porto avanti da quindici anni non ha difetti, non può averne. E’ un assoluto, perfettamente inserito nel contesto del male e in quanto Rotto può tutto, senza colpe. “Il mondo è fatto di dipendenze ed io sono qui per questo”, dice nel “Libro Rotto”. Joe ha procurato a Michael Jackson i ragazzini che si è portato a letto, ma la distorsione non sta in Rotto. Lui è un facilitatore. È molto spassoso Joe, questo sì.

MRM- Joe è tuo amico o un tuo nemico?

LB- È il mio amico immaginario. Mi fa molta compagnia da anni e sta cominciando a fare compagnia anche a tante altre persone. Chi lo incontra ne subisce il fascino.

MRM- Quando pensi all’esistenza umana, pensi a un dono o a una condanna?

LB- A un grande fastidio.

MRM- Come si diventa quel che si è? Come ti sei scoperto scrittore?

LB- Uno è veramente qualcosa? Diventare qualcosa credo sia un po’ come mettere la fine. Quindi solo con la morte ci si fissa in qualcosa. Si dice del defunto, era questo… Ma l’esistenza è un continuo movimento, mutamento, un divenire. Diventato è il passato prossimo di divenire. Bisogna solo essere presenti a se stessi, questo sì. Mi riesce difficile definirmi uno scrittore, preferisco autore in quanto uno che “fa”. Andrebbe bene anche fabbricante. Diffidiamo delle etichette, quelle le lasciamo a Scanzi. Ho sempre amato leggere, così come ho sempre amato la musica e il cinema, poi un giorno sono arrivate delle idee, mettiamola così, e le mani hanno cominciato a prudere.

MRM- Le cose che più detesti e quelle che più ami.

LB- Detesto l’ignoranza, che ormai è una scelta, Ligabue, i talent show, il suono del citofono e le caviglie grosse nelle ragazze. Amo i film di David Lynch, i dischi di David Bowie, i gatti che non sono cose ma cosmi, gli spaghetti al sugo e lo champagne Louis Roederer.

MRM- Ti fa più paura il successo o il fallimento?

LB- Non li temo, li aspetto. In entrambi i casi sarà comunque successo qualcosa.

MRM- Tre parole per definire la vita.

LB- Insensata, inutile e insopportabile.

MRM- Tre parole per definire il tuo lavoro.

LB- Irriverente, irresistibile, irripetibile.

MRM- E il destino, esiste il destino?

LB- Credo esista il destino, così come esistono delle forze che agiscono su di noi e intorno a noi. Bisogna saperlo cavalcare, come fanno i surfisti con l’onda. Ci vuole equilibrio altrimenti può essere fatale, si cade e magari si viene mangiati da uno squalo.

MRM- Se dovessi stigmatizzare la vita umana in un disegno o uno schizzo, che frase metteresti per accompagnare la figura?

LB- Essere o non essere è un tuo problema.

MRM- Cos’è la speranza per te? Ne abbiamo di speranza?

LB- La speranza è l’ultima a morire perché si muore prima. È l’ultima cartuccia. L’uomo le prova tutte, si affida, alla religione, alla scienza, alla politica… Niente. Una volta che le ha finite tutte resta solo la speranza. Son tutti colpi sparati a salve.

MRM- la tua scoperta più clamorosa.

LB- Diventare padre. Ovviamente al di là del dato biologico. La paternità è una cosa, essere un padre un’altra. Ci si scopre padri giornalmente, ma è soprattutto tuo figlio che ti riconosce come tale. Grazie a lui ti scopri capace di certe attenzioni.

MRM- ho letto il tuo spassoso “Album Rotto”…non è che mi romperai anche l’intervista? (Rido).

LB- Finché è solo l’intervista…

 

Maria Rita Montagnani 

Potete trovare il catalogo dei libri di Luca Buoncristiano a questo link 

About the author

Maria Rita Montagnani

Critico e curatore d'arte indipendente. Da anni impegnata nella valorizzazione e nella diffusione dell'arte contemporanea nel territorio italiano, ha presentato numerose mostre, curando artisti in eventi nazionali e ha realizzato (in sedi pubbliche) progetti artistici e culturali di cui è anche autore.

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