Dal settembre 2022 Milano si è arricchita di un nuovo spazio espositivo che ospita un’originale collezione privata: la Fondazione Luigi Rovati.
Luigi Rovati (1904-1989) fu un medico farmacologo che intraprese la sua carriera come ricercatore ad alto livello e la concluse come industriale farmaceutico con l’apertura della Rottapharm nel 1961. Questa carriera ha permesso a Rovati di accumulare ingenti fortune che gli eredi hanno saputo gestire e incrementare. Come altre famiglie dell’élite imprenditoriale colta milanese, i Rovati si tramandano la passione per l’arte, l’architettura e il design che li ha spinti a esporre a milanesi e turisti le collezioni intraprese dal fondatore ed estese dagli eredi con ingenti investimenti e grande competenza. La scelta della sede è prestigiosa: in Corso Venezia, nel cuore della città, in un palazzo neoclassico ultimato nel 1871 e appartenuto ai Bocconi per poi passare ai Rizzoli. Il rifacimento creativo e i restauri conservativi dei piani in cui s’articola l’esposizione – un ardito ipogeo sotterraneo, il piano terra con i servizi e il piano nobile – sono stati affidati all’architetto Mario Cucinella e al suo studio. Il progetto ha dedicato speciali attenzioni alla sostenibilità.
La Fondazione arricchisce il visitatore attento e colto che vuole riuscire, in circa otto giorni, a farsi un’idea adeguata di Milano. Nel giro di poco più di un paio di chilometri a piedi, si può compiere un itinerario che parte dalla Pinacoteca Ambrosiana, prosegue con gli affreschi di Tiepolo in Palazzo Clerici, visita la Pinacoteca di Brera, prosegue con le Gallerie d’Italia in piazza della Scala, i Musei Poldi Pezzoli e Bagatti Valsecchi, continua con gli affreschi di Tiepolo in Palazzo Isimbardi, raggiunge la Galleria d’Arte Moderna, scopre la Fondazione Rovati per concludere con il terzo ciclo di affreschi del Tiepolo in Palazzo Dugnani. In una parola: la Fondazione non è isolata e non è sola.
La Fondazione aggiunge un prezioso cameo che non scompare nel già ricco patrimonio storico, artistico e culturale milanese. ll criterio espositivo che ispira la Fondazione abbina nei medesimi ambienti, in continuità tra loro, il pregio delle invenzioni architettoniche e dei restauri degli elementi decorativi (pavimenti, infissi, camini, specchi…) quasi sempre originali, a un’eccellente collezione di capolavori di arte etrusca ed una di arte contemporanea, dalle avanguardie novecentesche a oggi, non meno interessante e spesso oggetto di arditi accostamenti. Tutto è stato studiato in ogni dettaglio per stupire il visitatore e farlo soffermare su ogni elemento proprio delle tre componenti dell’esposizione. L’insieme traspira eleganza e bellezza, la visita non stanca anche quando può risultare leziosa. Richiede concentrazione e sveltezza nel cogliere le affinità e le contrapposizioni tra le opere esposte e gli ambienti che le ospitano.
Un capolavoro a se stante è l’ipogeo, che occupa due piani sotterranei, uno destinato ad archivio. L’impianto curvilineo ricorda Cerveteri. Le migliaia di pietre sabbiate che lo compongono non sono fissate tra loro per aderenza come in una cupola, ma si mantengono a una distanza impercettibile grazie ad arditi impianti di sostegno visibili in alcuni punti del percorso. Mentre l’ipogeo illustra la vita quotidiana degli etruschi, la seconda parte della visita nel piano nobile fa dialogare arredi, manufatti etruschi e opere contemporanee, sebbene perda qualcosa in termini di fascino.
Molti sono i capolavori della collezione a meritare una menzione. Preferisco segnalarne pochi e lasciare ai visitatori la sorpresa delle associazioni tra antico e contemporaneo. Tra gli artisti che ho dovuto tralasciare cito Andy Warhol e William Kentridge.
Il principale capolavoro è il Guerriero Cernuschi, un bronzo votivo di piccole dimensioni, esposto in una teca: un soldato esile e slanciato, con il corpo indifeso, reca sulla testa un grande elmo che si sviluppa in altezza come la cresta di un uccello, ad esempio un’upupa.
Magnifico e delicato è l’accostamento tra i monili etruschi e un bronzo dorato di Alberto Giacometti: una piccola forma circolare, che forse allude al retro di uno specchio prezioso, contiene in bassorilievo un’elegante, e appena accennata, testa di donna.
Rimarchevole è un cucchiaio per versare l’incenso. Il manico si prolunga nel corpo esile di una donna che regge sulle spalle una specie di cestello che contiene l’incenso. L’opera è esposta in modo da esaltarne la verticalità e la leggerezza. Più scontata è la presenza tra i materiali fittili di un porta-unguenti in ceramica a forma di testa di gallo realizzato da Pablo Picasso. La serialità dell’artista non ha la stessa potenza emotiva del capolavoro inatteso e sorprendente di Giacometti.
Un felice accostamento collega un canopo con la testa di un soldato a una Testa della Medusa di Arturo Martini. L’ingaggio della lotta si è chiusa con la vista della morte negli occhi del soldato sconfitto, pietrificandolo.
Nella sala dedicata a Luigi Ontani è ospitata una sorprendente Donna che si spoglia di Lucio Fontana, una statuina di piccole dimensioni. Il suo movimento tormentato, che ricorda Rodin, è segnalato dalle pieghe del camice e dalle smagliature del corpo, e contrasta con la fissità metafisica delle opere etrusche che occupano il resto del tavolo.
In chiusura, vanno menzionate le attività collaterali e alcuni servizi offerti ai visitatori. La Fondazione è affidata al coordinamento artistico di Giulio Paolucci, alla direzione degli eventi culturali di Monica Loffredo e a quella scientifica di Salvatore Settis. La Fondazione propone mostre temporanee, conferenze, convegni, presentazioni di libri, corsi, una Biennale per giovani diplomati nelle accademie italiane ospitata nella Villa Reale di Monza, iniziative didattiche per bambini e speciali visite guidate. Dispone di un piccolo giardino fruibile e ospita, dulcis in fundo, un ristorante a due stelle Michelin.
La Fondazione sostiene il Premio Ghislieri e collabora con l’Università degli Studi di Milano e l’École Nationale Superiieure di Parigi nelle ricerche archeologiche in Etruria. Per il 2023 sono già previste tre mostre, dedicate una alla stele di Vicchio, scoperta nel 2015 e decisiva per proseguire nello studio della lingua etrusca, una al sito di Vulci e una a Diego Giacometti, fratello minore di Alberto. Gli altri eventi in programma, più specialistici, sono destinati a un pubblico di nicchia; ma sono essenziali per contribuire a mantenere vivi gli studi e gli scambi scientifici nell’ambito nell’etruscologia.
Eva Pugina