Arte e Fotografia

Tra le stelle di David Bailey

Una mostra al PAC di Milano per raccontare la storia dello sguardo di uno tra i più importanti fotografi contemporanei.

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Andy-Warhol-1965-®-David-Bailey-1014×1024

Stardust” è una retrospettiva di David Bailey (Londra, 1983). Con oltre trecento scatti, disposti per zone tematiche e non cronologiche, l’esposizione offre la possibilità di ammirare gli ultimi 5 decenni sui volti di personaggi della musica, dell’arte, della moda, del cinema. Una musica di sottofondo accompagna la mostra: in loop, il cofanetto di Rod Stewart è stato appositamente scelto per l’occasione. E, non a caso, uno dei cd si intitola come la mostra.

Polvere di stelle, dunque, dove le stelle, qui, sono quelle del jet set, ma anche persone comuni che, dietro all’obiettivo fotografico, diventano astri che brillano attraverso la loro storia-carriera.

L’artista ha curato personalmente l’esibizione, selezionando, allestendo e mostrando ciò che riteneva rilevante e fondante.

Partendo dagli anni Sessanta che lo hanno reso noto con le grandi fotografie pubblicitarie, percorriamo gli spazi del PAC scrutati dagli occhi di Kate Moss, Salvador Dalì, Andy Warhol, Ringo Star, Johnny Deep, i Rolling Stone, i Beatles, la sua amata Catherine, ma anche gli abitanti di Papua Nuova Guinea posano il loro sguardo su di noi. Così come ci osservano nude le persone del progetto Democracy (2001-20015) e gli abitanti del Nagaland in India (2012), gli aborigeni australiani che non gradivano la macchina fotografica nel 1983 e i colpiti dalla carestia nei campi profughi tra Etopia e Sudan nel 1984.

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Si passeggia tra le celebrità, ma anche tra gli affetti della vita del fotografo: le amicizie, i progetti umanitari, le idee. Con il mezzo fotografico che sapientemente ha imparato a usare David Bailey sembra in grado di affrontare qualsiasi sfida, di raccontare con scatti semplici ma studiati personaggi famosi oppure gente semplice, di cogliere gli istanti in cui traspare la verità.

Notevoli sono le diverse tecniche sperimentate. I negativi formato 11 x 14 prodotti da una fotocamera di grande dimensione, usata negli anni Settanta, che permetteva solo due pose per sessione; l’effetto “degradato”  per i tableaux scattati nel 1985 ottenuto trasferendo le polaroid su lastra per radiografie e stampate sott’acqua; l’uso della fotocamera di un cellulare ottenendo effetti notevoli; lo sfondo bianco e le poche pose senza tagli e ritocchi in bianco e nero che lo contraddistinguono.

 

Walter Benjamin vedeva nella fotografia la spersonalizzazione della struttura della società, nel suo testo del 1931 Breve storia della fotografia, analizzava il mezzo fotografico in relazione alle classi sociali. Sono passati più di ottant’anni dalla polemica su questo medium e più di centocinquanta dalla sua invenzione. Ora la fotografia appartiene alla quotidianità di tutti, ma non tutti riescono a rappresentare la polvere di stelle.

Giorgia Quadri

 

About the author

Giorgia Quadri

Giorgia Quadri (Varese, 1991) è laureata in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione presso l’Univerisità di Pisa con un progetto di tesi sulla Videoteca Giaccari di Varese. Nel 2016 si diploma al Biennio specialistico di Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, approfondendo la sua ricerca sulla storia di Luciano Giaccari. Collabora tuttora con la Videoteca e fa parte del duo curatoriale PUNTO.

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