In un mondo frenetico, dove la maggior parte delle persone mangia fuori casa, si possono capire molte cose sbirciando nei frigoriferi altrui… Alcuni artisti aprono gentilmente le porte dei loro frigoriferi a Memecult.it e ci raccontano le loro abitudini alimentari.
Memecult.it incontra l’artista italiano Marco Mazzoni.
A cura di Laura Brignoli
Descrivici il contenuto del tuo frigorifero (E il tuo rapporto con il cibo).
Il mio frigo non è sempre pieno, anche perché io e la mia compagna abbiamo sempre preferito fare la spesa ogni giorno per avere sempre cibo fresco a portata di mano e anche per il piacere di andare ai mercati agricoli e lasciarsi trasportare dalle voglie, senza preoccuparsi di quello che potrebbe andare a male in casa.
Il rapporto che ho con il cibo è consapevole, nel senso che nella dieta settimanale cerco di equilibrare i prodotti per non avere ripercussioni di salute. Mangio carne non più di una volta a settimana, il resto è quasi esclusivamente verdura e formaggi, limitando al minimo il consumo di sale e evitando totalmente zuccheri e prodotti dolciari.
Cucini spesso?
Abbastanza, mi piace e mi fa staccare dal disegno, fa parte della mia genetica perché ho una madre che della cucina ha fatto il suo regno, anche se devo ammettere che in questo periodo la mia compagna vorrebbe partecipare a Masterchef e quindi ho meno spazio perché sono diventato la sua cavia.
Cosa preferisci sgranocchiare o bere mentre lavori?
Dipende dagli orari, è da qualche mese che bevo caffè d’orzo nel pomeriggio, ma solitamente non mangio e non bevo. Se le scadenze premono e devo disegnare anche dopo cena, non mi faccio mai mancare la birra al mio fianco.
Qual è il tuo ristorante preferito?
Un piccolo ristorante vietnamita a Copenhagen in cui due anni fa ho mangiato una quaglia della quale ricordo ancora il gusto. Anche se se la batte con il Baja Sardinia, un piccolo ristorante sardo vicino al mio studio che definire folcloristico potrebbe risultare quasi fuorviante.
Dove trovi i migliori prodotti gastronomici?
Alla Coldiretti di Milano, che fortunatamente è vicino allo studio. È sempre un piacere fare la strada a piedi e ritrovarsi in quel piccolo angolo di campagna nel centro di Milano, e ogni volta poter conoscere produttori e prodotti nuovi.
Il primo sapore che ricordi?
Gli agnolotti di mia madre.
Se fossi un cibo…
Sarei qualcosa tipo la pasta, visto che le radici e la tradizione sono una componente forte della mia vita, ma ho sempre bisogno di un sugo…
Il nutrimento per la tua creatività?
Letteratura, tanta e mista, senza non avrei nessun tipo di idee.
Abbina due opere d’arte a due piatti…
La Venere di Botticelli alla vellutata di asparagi e una qualsiasi opera di Yoshitomo Nara alla cheesecake (che io amo violentemente).
Lascia una ricetta ai lettori di Memecult.it.
Ho un ricordo fantastico di un pranzo con un mio vecchio amico pittore, che nel suo studio mentre mi raccontava la sua vita mi ha preparato il panino del magutto, un panino tipico ( ma abbastanza sconosciuto) del milanese, che veniva chiamato così perché se lo poteva permettere (in termini di digeribilità) solo chi faceva un lavoro con una forte componente di attività fisica (come, appunto, il magutt, cioè il manovale). In pratica è un panino fatto con mortadella, gorgonzola, peperoni alla griglia e pepe, una bomba eccezionale, ma incredibilmente buono.
Marco Mazzoni, nato nel 1982 a Tortona, vive e lavora a Milano. Mazzoni intreccia un mondo basato sulla tradizione popolare italiana; il suo lavoro è un omaggio alle arti segrete delle guaritrici, ogni disegno è infuso di metafore che raccontano la loro storia. L’artista sottolinea l’importanza dell’interazione tra le donne e le piante sviluppando il suo soggetto più conosciuto, il volto di donna incorniciato da flora e fauna, elevandolo ad icona. Ne svela le percezioni più intime, ricordi narrati su pagine di Moleskine, visioni immaginifiche di animali “impossibili”, frutto dell’esplorazione estatica di viaggi allucinatori. Mazzoni non disegna mai gli occhi del soggetto, in modo che lo spettatore non veda l’opera come un ritratto, ma come una natura morta, una composizione in cui tutti gli elementi hanno eguale importanza. Il risultato è una poetica che racconta del momento in cui la donna prende il controllo di tutto, in completa armonia con la Natura.
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