Il 18 e il 19 giugno scorso oltre 100.000 visitatori hanno camminato sull’installazione temporanea dell’artista bulgaro Christo Vladimirov Javacheff, meglio conosciuto come Christo, creando un evento unico per il panorama internazionale dell’arte contemporanea e, sopratutto, per la Land Art.
The Floating Piers, il progetto così denominato da Christo e da Jeanne-Claude (1935-2009), ha richiesto una lunga progettualità creativa e ingegneristica per trovare spazio in Italia sulle sponde del Lago di Iseo, nel bresciano. L’evento, aperto fino al 3 luglio 2016, a oggi si sta rivelando una delle attrattive più suggestive di questo 2016, nonostante stia riscontrando diversi problemi relativi alla messa in sicurezza della lunga passerella dorata che permette ai visitatori di camminare sulla superficie delle acque.
Inutili polveroni e critiche sembrano imputabili a Christo il quale, semmai, ci regala la possibilità di vivere emozioni dirette su questa magnifica opera che unisce, per l’appunto, l’estetica dell’arte con l’architettura del paesaggio.
In questo modo l’artista, idealmente, ha voluto creare un’installazione performante nella quale convergono il flusso delle energie vitali e le forze bipolari della natura. Fin dal giorno dell’inaugurazione le condizioni meteorologiche non favorivano dal punto di vista funzionale il passaggio per il pubblico ma, considerando il pensiero di Christo, l’opera è stata concepita per “l’acqua, la pioggia e il sole” che sono i veri protagonisti: gli elementi della natura servono per esplorare questa magnifica opera d’ingegno che “testa” i new media per l’arte contemporanea.
Non è stato semplice per Christo e il suo team studiare per The Floating Piers la funzionalità delle passerelle realizzate con circa 200.000 cubi di polietilene ad alta densità e ricoperte da 100.000 metri quadrati di tessuto giallo brillante, tendente all’oro.
Un altro elemento interessante da non sottovalutare è il riuso tessile caro alla tradizione bulgara che, all’interno di The Floating Piers, emerge in un leggero silenzio. A tal proposito non tutti sanno che Christo è stato amico, per lunga data, del celebre scultore ed artista bulgaro Marin Varbanov (1932-1989). Quest’ultimo fu nel 1959 titolare e ideatore della cattedra tessile all’Accademia di Belle Arti di Sofia e uno dei massimi esponenti della tradizione tessile per l’arte contemporanea in Bulgaria.
Si è creata una leggenda metropolitana su uno scontro frontale tra Christo e il suo passato, quando al contrario l’artista sceglie, invece, nel 2015 di omologare gli elementi tecnici e strutturali del progetto The Floating Piers in Bulgaria, sottoponendoli a prove di forze gravitazionali a onde di 1,80 metri.
Un caso italiano di Land Art che diventa artscape, il paesaggio manipolato da Christo diventa una forma ibrida che si sviluppa grazie al dialogo interposto di approcci diversi: il metodo dell’afflusso, di una folla che fa esplodere l’opera d’arte e, dall’altro lato, la semplicità di una architettura galleggiante dalle linee semplici.
The Floating Piers è la continuazione, per certi versi, del celebre progetto Running Fence, Sonoma and Marin Counties, che venne realizzato in California tra il 1972-1976: una barriera di tessuto alta sei metri e lunga 24 miglia.
Già allora, l’opera entrava nell’oceano anticipando quello Christo avrebbe realizzato nel 2016 con l’installazione galleggiante temporanea nelle acque del lago di Iseo.
La gente comune parte integrante del concetto dell’opera di Christo non è da intendersi isolata: loro rappresentano la ‘mass-open‘ che naviga dentro e con l’opera. Si riesce ad attribuire ad essa, in questo modo, una partecipazione diretta del fruitore all’azione generata da un percorso che inizia dalla terra ferma per giungere nel raccoglimento dell’acqua, grazie ad un ideetico ponte che universalmente vuole far riconciliare la natura con l’umanità.
Augurandoci che l’installazione temporanea possa rimanere ancora fruibile fino alla data di chiusura, pensiamo per un momento alla passerella di Christo come una zattera dalla quale salvarci, una passerella che raccorda il tempo dello smarrimento con quello di una su-realtà oggettiva, come ci ricorda la celebre Zattera della Medusa (1818-1819 ca) di Théodore Géricault.
Gabriele Romeo
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