Saremo ancora in grado di interagire l’uno con l’altra liberamente dopo questa prova fisica e psicologica che stiamo attraversando causata dalla pandemia del Covid-19 o cambieranno totalmente le strutture della nostra società? Mentre cerchiamo di darci risposte a domande cosmiche alle quali difficilmente al momento troveremo cosa dire, l’arte, in modo squisitamente digitale, ci ricorda che può aiutarci – come del resto fa sempre. Gli artisti Biancoshock e Rolenzo in un momento in cui sembrano impossibili le collaborazioni e le conoscenze di nuove persone, hanno unito menti e forze per creare SoCoD-19. Si tratta di una piattaforma online in cui chiunque è chiamato a intervenire attraverso una propria fotografia e un pensiero: l’idea è quella di far emergere un atto comune, che ormai fa parte di ognuno di noi, “farsi un selfie”, alterato però dalle emozioni e dall’assurdità del momento storico che stiamo vivendo.
Intervista a cura di Giulia Pardini

Giulia Pardini: Biancoshock, realizzi principalmente opere di arte pubblica, la città è il tuo palcoscenico, la vita brulicante di tutti i giorni la tua linfa vitale. Rolenzo, tu hai una doppia vita, sei artista e programmatore, lavori nel mondo digitale, oserei dire intangibile, non hai un contatto diretto con l’essere umano. Parlatemi di voi.
Biancoshock: Hai già sintetizzato bene il tutto: mi occupo di arte pubblica e attivismo urbano utilizzando qualsiasi tecnica e qualsiasi mezzo sia adatto in quel preciso istante e in quel preciso contesto per trasmettere un messaggio ad un pubblico eterogeneo, quello che la strada mi garantisce da sempre. Le mie opere sono prettamente effimere, la documentazione ed Internet mi permettono di farle vivere per sempre.
Rolenzo: La mia ricerca mira a raccontare l’anima più profonda della tecnologia e dell’informatica. Faccio il programmatore da 12 anni, e negli ultimi 4 ho iniziato la mia missione: parlare di tecnologia e di evoluzione informatica tramite (spesso) la tecnologia stessa, in un contesto artistico. Voglio demolire lo stereotipo che si porta dietro, ovvero di essere priva di sostanza e incapace di offrire spunti di riflessione.

GP: Siete due artisti concettualmente molto diversi, come ha preso forma il vostro progetto, potete illustrarcelo, spiegandoci anche il titolo?
B: Il progetto nasce da uno scambio sinergico di idee e tecniche tra me e Rolenzo. SoCoD è un racconto aperto di persone che stanno vivendo un particolare momento storico e vogliono condividere i propri stati emotivi. Dal punto di vista tecnico-artistico, SoCoD-19 è un algoritmo che, attraverso il databending, inserisce all’interno del codice sorgente di una foto il testo riportante il blackout emotivo che ha descritto la persona stessa, provocando un’alterazione digitale della foto originale. Lo stesso algoritmo inserisce poi il testo del blackout emotivo in un flusso di pensieri ed emozioni condivise dai partecipanti, in forma anonima.
R: SoCoD-19 sta per Source Code Disease 2019. Oltre a richiamare l’acronimo di Covid-19, esplicita quella che è la missione del progetto: indagare su ciò che avviene all’interno (source code) delle persone. Il blackout emotivo – come lo chiamiamo noi – è sia la causa della paura delle persone, sia l’elemento che l’algoritmo utilizza per alterare la foto del suo autore.

GP: La vostra intenzione è quella di creare un archivio digitale in cui i posteri potranno attingere immagini e parole per scrivere in un futuro remoto di cosa fu il mondo durante il 2020?
B: Sì, il progetto è fortemente pensato come una documentazione. Pensiamo ad una persona che nel 2025 rivedrà il proprio ritratto. Cosa proverà? Rivivrà quella sensazione o, come spesso accade, si sarà già dimenticata? Di primo impatto immagino che rivivrà quello stato emotivo, ma poi ripenso a quando, non più di due anni fa, in Europa abbiamo vissuto una paura altrettanto forte e condivisa, mi riferisco a quella correlata agli attacchi terroristici. A me sembra che due anni dopo ce ne siamo già dimenticati…
R: Esatto, quella che stiamo raccogliendo è una testimonianza potente di questo momento storico. La forza dei contenuti inseriti, degli sguardi in camera, da parte di cittadini di tutto il mondo reclusi nelle proprie abitazioni, ha un forte impatto emotivo adesso, e ne avrà ancor di più tra qualche anno, quando tutto questo sarà soltanto un ricordo.
GP: Come credete che impatterà il virus Covid-19 sulla nostra vita, saremo pronti a conviverci?
B: Non siamo assolutamente pronti e avrà un impatto pesante a livello sociale, oltre che economico e sanitario. L’essere umano non è pronto per vivere ad un metro di distanza evitando il contatto fisico e lo scambio. Sono aspetti che, se non risolti in un tempo ragionevole, porteranno a dei cambiamenti sociali che personalmente mi spaventano.
R: Decisamente questa non è la normalità e non siamo fatti per conviverci. La tecnologia non sostituisce il contatto umano, ma sta sicuramente alleviando questa reclusione forzata, spero sia l’occasione per molti di scoprire un nuovo alleato.
GP: Biancoshock, parto da un tuo lavoro passato, Public Speech (2016) in cui mostravi una platea composta da sacchi di immondizia posti di fronte ad un bidone con apposta la bandiera dell’Unione Europea, per chiederti che ruolo ha in questo momento l’UE nei confronti dei cittadini. Questo virus inevitabilmente alzerà ancor più le barriere sociali che già sono presenti, come pensi che l’UE riuscirà a trasmettere invece l’idea di unità in questo momento?
B: In questo momento è evidente che non lo stia facendo. Aldilà di personali considerazioni socio-politiche, credo che questo virus abbia colpito democraticamente il mondo mettendo a fuoco in modo netto la totale indifferenza dell’UE nei confronti dei cittadini europei. Come dici tu, questo virus marcherà ulteriormente le differenze socio-economiche tra gli stati europei, tra i cittadini di una stessa nazione, tra i bambini di una stessa classe scolastica. Covid-19 è riuscito a fare una cosa che si poteva immaginare solo nei migliori film di fantascienza, è riuscito a fermare per un attimo il mondo, lo ha rallentato, lo ha impaurito per poi servirgli il dessert: una crisi sociale con cui dovremo imparare a convivere.

Foto credits Mark Rigney
GP: Rolenzo, nel tuo statement scrivi che per te “un linguaggio serve a condividere, comunicare, trasmettere esperienze […] “. In questo momento storico in cui condividere, comunicare e trasmettere lo possiamo fare quasi esclusivamente attraverso un digital device, che impatto pensi avrà questo sul nostro modo di vedere il mondo e di viverlo?
R: Questa situazione sta modificando sensibilmente internet e le persone. Facebook ha migliorato il filtro fake-news e ha aggiunto limitazioni sull’invio di messaggi “catena” su Whatsapp. L’utente webete sta scoprendo un mondo fatto di videochiamate, di social usati per informarsi, e ricerche Google affinate per reperire informazioni attendibili. Molte attività commerciali hanno iniziato a vendere e prendere ordini online. Stiamo capendo che la tecnologia non è un male da evitare, ma uno strumento con potenzialità infinite, ed è alla portata di tutti. Esperienze come una videochiamata con i propri genitori, la diretta Facebook di Conte o la ripresa con il drone della propria città deserta, contribuiranno ad un maggiore comprensione dei “new media” da parte degli utenti che fino a ieri ne ignoravano l’importanza.
SoCoD-19
Per partecipare al progetto cliccare al link >> https://www.socod19.com/
Giulia Pardini
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