Si è chiuso ieri a Prato il Forum dell’Arte Contemporanea Italiana 2015, organizzato dal Centro Per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci, che ha visto protagonisti all’interno di quarantadue tavoli di lavoro circa 400 relatori pronti a dibattere sulla condizione attuale del sistema artistico italiano, sulle sue difficoltà di competitività a livello mondiale e ipotizzare probabili soluzioni.

La partecipazione di artisti, critici, curatori, operatori culturali, educatori e molte altre figure professionali arrivate a Prato da tutta Italia come semplici uditori e la presenza di importanti personalità internazionali invitate a presentare la loro esperienza con una serie di talk, hanno portato un grande valore aggiunto alla manifestazione, dando un respiro di concretezza e credibilità a tre giornate prefigurate con uno scopo di studio e confronto critico dal carattere teorico.
La programmazione dei vari dibattiti si è divisa in gruppi di tavoli tenuti in contemporanea per macroaree, dalla formazione alle riforme politiche, dalla comunicazione e il rapporto con i media alla dicotomia pubblico/privato fino a tavoli di discussione sulle strategie interne al sistema e di approfondimento e denuncia. Durante la conferenza di apertura dei lavori Fabio Cavallucci, direttore del Centro Pecci parla della percezione del panorama artistico italiano al rientro dalle esperienze all’estero come “un esercito dopo Caporetto” riscontrando un malessere diffuso e una mancanza di ottimismo, elencando i numeri quasi inesistenti della presenza di artisti italiani all’interno delle biennali internazionali degli ultimi due anni ed esorta alla chiarezza per una necessaria presa di coscienza della condizione del sistema artistico italiano e dell’urgenza di modificare e ridisegnare strategie interne e rapporti con le istituzioni.

In particolare il paese vive un freno legato alla censura e all’autocensura sui temi riguardanti sesso, politica, religione introducendo una riflessione sul sistema dell’arm’s lenght anglosassone come esempio di distanza tra il potere politico e il sistema culturale. I tavoli di lavoro, pensati in contemporanea, hanno reso praticamente impossibile una visione completa della manifestazione e ogni uditore ha cercato il modo migliore per seguire un proprio programma di ascolto. La prima parte del forum ha riguardato la serie di tavoli sulla formazione, improntati su un’analisi di percorsi e modelli formativi per artisti, curatori, critici, operatori del settore e insegnanti, ponendo al centro la criticità in cui oggi versa l’aspetto educativo delle Accademie di Belle Arti e degli istituti di formazione artistica e la carenza di percorsi professionalizzanti e di avvicinamento del pubblico più ampio al sistema dell’arte contemporanea. Di carattere maggiormente provocatorio i dibattiti sulla proposta di riforme politiche, con la questione della legge del 2% che prevede il finanziamento di opere d’arte negli edifici pubblici, l’istituzione di concorsi, la gestione e il rilancio del Padiglione Italia e la separazione della politica dal sistema culturale.
Tra gli approfondimenti sono stati analizzati i principali ruoli del sistema dell’arte ponendo l’attenzione sulle difficili condizioni di riconoscimento di questi a livello sociale, politico, istituzionale, che spesso portano professionisti del settore ad emigrare verso nuove opportunità lavorative e verso contesti esteri ritenuti maggiormente stimolanti e attuali riconoscendo l’inevitabile mancanza dell’arte all’interno dell’interesse nazionale dei media e la totale mancanza del dibattito critico specialistico. Tra i temi di maggiore dibattito la struttura del mercato dell’arte, condizionato dalla mancanza di relazione tra pubblico e privato, dall’assenza e dalla complessità istituzionale che favorisce la costituzione e l’affermazione di fondazioni private. Infine una linea di proposte di strategie interne che analizzano microtemi riguardanti i luoghi istituzionali e indipendenti dell’arte allo scopo di modificare e ridefinire i ruoli assegnati da un sistema che soffre di una chiusura e di consapevole autoreferenzialità.
L’impressione dopo aver partecipato anche attivamente ad alcuni tavoli e aver ascoltato le relazioni finali e le conclusioni generali delle macroaree rimane quella di un grande punto interrogativo sulla volontà concreta del sistema attuale dell’arte italiana di ripensare se stesso e modificarsi, di attivare un possibile cambiamento partendo da una destrutturazione e uno scardinamento delle regole interne.
Stefania Rinaldi
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