La Rivoluzione Psichedelica tra gli anni Cinquanta e Settanta – parte 1.
“Turn off your mind, relax and float downstream, it is not dying”.
Così recitava nel 1966 la canzone dei Beatles Tomorrow Never Knows, nata in seguito alla lettura del libro di Timothy Leary, Richard Alpert e Ralph Metzner The Psychedelic Experience da parte di John Lennon. Chi ha avuto esperienze psichedeliche sa bene quanto tale pezzo sia una perfetta descrizione di un viaggio di questo genere. E all’epoca di Revolver erano davvero tante le persone che negli Stati Uniti stavano conoscendo e intraprendendo viaggi psichedelici: esperienze che avrebbero cambiato un’intera generazione, la storia degli psichedelici e, forse, la storia degli Stati Uniti e con loro dell’Occidente intero. Ma andiamo con ordine.

Funghi psilocibinici, piante cactacee come il peyote o il San Pedro, l’ayahuasca, i cosiddetti “rospi psichedelici”, la salvia divonorum, l’iboga: questi sono tutti organismi che le culture native dall’America Centrale in giù e in Africa conoscono e utilizzano da millenni per riti religiosi, come medicinali o semplicemente come sostanze stimolanti. Quando noi occidentali abbiamo iniziato a colonizzare questi continenti, soprattutto dalla fine del XV secolo con la impropriamente chiamata “scoperta dell’America” (questa definizione non mette il giusto accento sul genocidio delle popolazioni locali e dello sfruttamento delle risorse locali), molti tra esploratori, evangelizzatori e conquistatori, entrando in contatto con la cultura locale, sono incappati in queste sostanze. Uno dei primi a raccontarci dei funghi è stato per esempio Bernardino de Sahagùn, missionario spagnolo, che nel 1560 descrisse nel suo Codice Fiorentino l’uso del peyote e del fungo Teonanàcatl (la Psilocybe mexicana).
Con la repressione delle identità native, condannammo le religioni locali, bollando le visioni provocate da queste sostanze come frutto del demonio, nel processo di evangelizzazione e conversione alla religione cattolica.

Importante ricordare come anche nel contesto occidentale siano state utilizzate sostanze psicotrope: nell’antica Grecia c’erano infatti i riti eleusini, di cui abbiamo testimonianza da Omero, Pindaro e Sofocle, nonché Plutarco che descrive gli effetti del κυκεών (kykeòn), l’ingrediente chiave della bevanda psicoattiva, forse l’ergot, con vertigini e sudorazione, effetti che possiamo ricondurre ai momenti preliminare del trip.
Ancora prima di quella che Federico di Vita in La scommessa psichedelica chiama l’età dell’oro, diversi ricercatori e università hanno lavorato su queste sostanze, pubblicando gli esiti delle loro ricerche. È del 1895 per esempio la prima sperimentazione sul peyote con finalità scientifiche: un uomo di poco meno di 30 anni sperimentò gli effetti della pianta cactacea per lo studio condotto dalla George Washington University di Washington DC.
Ma dovremo aspettare proprio le ricerche condotte da Albert Hofmann per la Sandoz (healthcare company con sede in Svizzera) sulla segale cornuta alterata dal fungo dell’ergot, sintetizzando di fatto l’LSD-25, l’LSD, per una vera e propria esplosione che ha cambiato la storia della psicologia e della psichiatria.
Le sostanze psichedeliche, secondo lo psichiatra ceco Stanislav Grof,
“avrebbero rappresentato per la psichiatria quello che il microscopio è per la biologia o il telescopio per l’astronomia”
concludendo che “questi strumenti rendono possibile lo studio di importanti processi che in circostanze normali non sono accessibili all’osservazione diretta”.
Dopo quindi una serie di test psichiatrici, la Sandoz cominciò la distribuzione dell’LSD come psicotomimetico, un farmaco che potesse simulare uno stato psicotico. Ci si chiedeva se il Delysid, il nome con cui veniva commercializzato l’acido lisergico, potesse aiutare i ricercatori a comprendere le patologie psichiatriche. Ma tale approccio fu limitante perché ci si rese presto conto di quanto in realtà il potenziale di questa molecola, insieme alla psilocibina, potesse essere di supporto nella psicoterapia. In questo contesto quindi gli psichedelici iniziarono ad essere utilizzati per trattare alcolismo, ansia e depressione con risultati sorprendenti.

La Sandoz iniziò in questo senso a fornire gratuitamente il Delysid a chiunque volesse fare ricerca.
In quegli anni anche il Saskatchewan Mental Hospital si stava occupando di studiare le potenzialità di queste sostanze, che erano in grado di portare estasi mistica a chi ne facesse uso. L’idea quindi degli psichiatri Humphry Osmond (un nome fondamentale e che consigliamo di tenere a mente per le prossime puntate di questa rubrica) e Abram Hoffer fu quella di farle provare a persone che non rientrassero nell’ambito medico e/o psichiatrico.
Fu in questo modo che la psilocibina arrivò ad Aldous Huxley, sperimentatore della sostanza insieme ad Al Habbard, che Michael Pollan descrive come un ex contrabbandiere e trafficante di armi, spia e mistico cattolico tra le varie. Grazie all’esperienza dello scrittore inglese, che nel 1954 pubblicherà Le Porte della Percezione, donando ai posteri un alfabeto e un linguaggio per descrivere tali esperienze, questa classe di sostanze di lì a poco avrebbe inondato l’ambiente artistico e intellettuale sia nordamericano che europeo.
Ne seguì quindi un periodo di effervescenza culturale che coinvolse gli autori della Beat Generation come Allen Ginsberg e William Borroughs e altri scrittori come Carlos Castaneda, persone del mondo del cinema come Jack Nicholson, Stanley Kubrick, la scrittrice Anaïs Nin, o musicisti come Bob Dylan, Mick Jagger, Keith Richards, perfino il filosofo Michel Foucault. Facendo un salto avanti di decenni, Amanda Lear, intervistata nel 2017 da Noisey, ricorda quel periodo proprio come un momento in cui provare nuove sostanze era quasi un imperativo per stimolare la creatività. Anche qui in Italia arrivò l’LSD: Federico Fellini, Elsa Morante, Fabrizio De André e Lucio Dalla parlano più o meno apertamente delle proprie esperienze in alcune delle loro opere.
Oltre a quello psichiatrico e artistico, le sostanze psicoattive venivano sperimentate anche in un altro campo.
Negli anni Cinquanta e Sessanta la CIA inizia a interessarsi al tema, avviando il progetto MKULTRA – e c’è chi sospetta che il collegamento tra la CIA stessa e la classe intellettuale degli Stati Uniti fosse proprio la figura già misteriosa di Al Hubbard.
Il programma, in quegli anni top secret, fu attivo dal 1953 fino al 1964 e l’obiettivo di fondo era il controllo mentale per fini militari. Gli esperimenti venivano praticati all’insaputa dei soggetti, che potevano essere dipendenti della CIA, agenti governativi, prostitute, pazienti con disturbi mentali, detenuti, senzatetto, tossicodipendenti. Durante gli anni la CIA ha utilizzato strumenti come ipnosi, messaggi subliminali e altri modi per manipolare gli stati mentali delle persone, comprese anche pratiche violente e illegali come deprivazione sensoriale, isolamento, elettroshock, lobotomia, abusi verbali e sessuali, minacce, torture. Su alcuna base scientifica la Central Intelligence Agency in 11 anni abusò di persone per esperimenti di carattere militare.
Non sappiamo se la tesi che vede Al Hubbard lavorare con la CIA sia un fatto o meno ma sappiamo che, dopo aver provato l’LSD, Hubbard inaugurò la sua opera di evangelizzazione, iniziando oltre seimila persone tra il 1951 e il 1966 con lo scopo di cambiare la storia dell’umanità. La sua fede cattolica lo spinse a credere di essere una sorta di profeta e fu lui a portare l’LSD nella Silicon Valley, dove ora moltissime persone che lavorano nell’industria high-tech utilizzano pratiche di microdosing per alimentare la creatività e l’elasticità del pensiero. Fu inoltre il primo a intuire il ruolo del set e del setting, ovvero della predisposizione mentale e l’allestimento dell’ambiente in cui si svolge l’esperienza psichedelica, arrivando a codificare uno spazio che non fosse il tipico studio psicanalitico ma una stanza confortevole, comoda e stimolante.
Al Hubbard condivideva con Aldous Huxley l’idea che sarebbero stati i portatori di una rivoluzione culturale grazie agli psichedelici, il cui potenziale non poteva essere limitato all’ambiente psichiatrico.
Ma quella rivoluzione la attuò negli anni seguenti uno psicologo e professore di Harvard: Timothy Leary, della cui storia parleremo dettagliatamente nella seconda parte di questo articolo.

Chiara Francesca Rizzuti
*In memoria di Matteo Guarnaccia, venuto a mancare il 14 maggio, vogliamo ricordarlo nell’immagine di copertina con una sua illustrazione. Buon viaggio, Matteo | Matteo Guarnaccia, XIX Soleil, 2019, stampa multipla su tela di cotone con tecnica glicée, numerato (25 copie stampate) e firmato, dimensioni 28 x 35 cm. (fonte: matteoguarnacciaofficial.com)