La Rivoluzione Psichedelica tra gli anni ’50 e ’70 – parte 2
Turn on, tune in, drop out! [Accenditi, sintonizzati, abbandonati!] è il popolare slogan coniato e diffuso da Timothy Leary (1920-1996), figura centrale nell’universo degli psichedelici. Ricercatore di Psicologia ad Harvard, nel 1960 uscì dal suo primo trip in Messico completamente cambiato.
In Flashbacks, l’autobiografia che pubblicò nel 1983, racconta:
” […] in quattro ore vicino alla piscina appresi su mente, cervello e strutture cerebrali più di quanto avessi imparato nei precedenti quindici anni come psicologo scrupoloso. […] Imparai che un cervello è un biocomputer sottoutilizzato… che la coscienza normale è una goccia in un oceano di intelligenza. Che coscienza e intelligenza possono essere sistematicamente espanse. Che il cervello può essere riprogrammato”

Un anno dopo l’esperienza, quell’entusiasmo arrivò al collega Richard Alpert. Avviarono così nell’autunno del 1961 un corso per specializzandi che prevedeva l’uso della psilocibina, quindi l’assunzione.
In pochissimo tempo, nacque l’Harvard Psilocybin Project il cui programma prevedeva una serie di iniziative e studi, tra cui l’esperimento del Venerdì Santo che puntava a verificare se la psilocibina fosse in grado di provocare in persone predisposte alla fede, in questo caso seminaristi, delle forti esperienze mistiche.
L’esito fu positivo al punto che lo stesso test venne ripetuto nel 2006 alla John Hopkins.
Un altro importante studio fu quello condotto presso i carcerati vicini alla fine del periodo di detenzione nelle prigioni di Concord. I risultati sembravano fin troppo sorprendenti. Infatti Leary aveva alterato i dati per confermare la propria tesi. Per quanto quindi gli intenti del progetto fossero positivi, la metodologia e la deontologia con cui vennero intrapresi i trial compromisero il progetto stesso.
Nonostante ciò, è proprio grazie a Leary se oggi abbiamo una codificazione ancora più precisa dei concetti di set e setting, inizialmente promossi da Al Hubbard. Ciò che interessava ai docenti di Harvard infatti non era tenere chiusa la potenza degli psichedelici nelle stanze delle sperimentazioni cliniche, quanto piuttosto far esplodere la loro energia nel mondo, promuovendo un messaggio di libertà e democratizzazione.
Timothy Leary aveva un obiettivo ben preciso ed era quello di farsi profeta degli psichedelici, facilitando il cambiamento del corso della storia del genere umano, diffondendo il sapere delle sostanze psicoattive.
Ma nel corso degli anni Sessanta si stavano incrociando due forze contrapposte: quella promossa da Leary che predicava la rivoluzione che avrebbe portato al movimento hippie, alla Summer of Love e a tutta la controcultura giovanile del ‘68, mentre, all’opposto, l’irremovibilità dell’establishment statunitense che non aveva intenzione di vedere la generazione dei propri figli e delle proprie figlie non ottemperare ai doveri sociali e ai valori promossi dalla cultura statunitense della patria, della famiglia e del lavoro.
È infatti in questo momento che la reputazione di Timothy Leary va incrinandosi per via delle polemiche intorno all’Harvard Psilocybin Project: la rivista universitaria denuncia una sorta di culto intorno a Leary e Alpert, caratterizzato da un ambiente discriminatorio nei confronti di quelle studentesse e quegli studenti non intenzionati a partecipare alla sperimentazione del progetto. Non ci volle molto perché la notizia venne rimbalzata sul Boston Herald, compromettendo definitivamente le reputazioni dei due docenti: Alpert venne licenziato mentre Leary continuò a insegnare senza paga, non reintegrato l’anno seguente.
Quella parte di società che non vedeva di buon occhio sostanze psicotrope in grado di scavare così a fondo dentro la propria coscienza, e capaci di scardinare i meccanismi della società statunitense, aveva avuto l’occasione perfetta per bollare gli psichedelici come sostanze altamente nocive. I giornali e le testate nazionali tuonavano allo scandalo delle droghe che portavano alla morte: la tempesta perfetta per spazzare via tutta la serie di studi che stavano nascendo intorno alla potenza di queste sostanze.
Timothy Leary, diventato ormai un personaggio scomodo per la classe politica statunitense, non faceva che rincarare la dose, rilasciando interviste molto provocatorie.
L’allora presidente Richard Nixon chiamava Leary “l’uomo più pericoloso degli Stati Uniti”, reo di aver accelerato il processo che avrebbe portato al formarsi della cultura hippie, che grazie all’LSD avrebbe spinto la gioventù americana a non combattere in Vietnam e a non lavorare nelle aziende di papà. A detta di Leary infatti “l’LSD è più spaventosa della bomba” e a ben vedere: stava forgiando una generazione che non avrebbe seguito le orme dei propri padri ma che anzi li avrebbe combattuti con fiori, psichedelici e amore.

A metà degli anni Sessanta i figli dei fiori erano un movimento sociale ben strutturato, che formava a tutti gli effetti il nocciolo della controcultura di quegli anni insieme alla New Left e all’American Civil Rights Movement. Come era stato per la Beat Generation, il movimento hippie respingeva appunto le istituzioni e criticava i valori della middle class americana. Erano contro la guerra in Vietnam, contro le armi nucleari, leggevano le filosofie orientali, praticavano la libertà sessuale, il vegetarianismo e l’ambientalismo, condendo il tutto con potenti dosi di LSD.
Ma mentre il 3 gennaio del 1966 veniva inaugurato un centro per fornire informazioni sul movimento, lo Psychedelic Shop, in Ashbry Street a San Francisco, luogo nevralgico della nuova controcultura ormai affermata, sul calare dello stesso anno, il 6 ottobre del 1966, la California dichiarava illegale l’LSD.
La guerra alle droghe era ormai dichiarata.
In risposta venne organizzato il Love Pageant Rally, un raduno per dimostrare la contrarietà alla “repressione legislativa del misticismo chimico” nonché l’innocenza del movimento che non faceva altro che mettere in atto “una ricerca della coscienza trascendentale, della bellezza dell’universo e della bellezza dell’essere”.

Un altro raduno fondamentale fu lo Human Be-In, organizzato il 14 gennaio del 1967, la prima grande manifestazione pubblica del movimento hippie, che vide sul palco band del Golden Gate Park come i Jefferson Airplane e i Grateful Dead. Il culmine fu poi nel 1968 con la Summer of Love che coinvolse oltre 75 mila persone da tutti gli Stati Uniti.
Successivamente a quell’estate, fu rapido il declino di tale epoca, anche perché tutti i buoni propositi e le intenzioni di pace, amore e libertà, vennero accompagnati da episodi problematici di ordine pubblico, anche legati all’abuso di sostanze, episodi di violenza e microcriminalità, che influirono in maniera massiccia sulla già precaria reputazione pubblica della controcultura nascente, ormai già alla sua crepuscolare fine.
Infatti, nel 1967 le poche persone rimaste in città, che erano legate all’ambiente hippie, avevano organizzato una sorta di simbolico funerale il 6 ottobre del 1967 al Buena Vista Park, un anno esatto dopo la messa al bando dell’LSD. Fu il The Death of the Hippie.
Tornando ai due docenti di Harvard che volevano democratizzare gli psichedelici, sappiamo che Timothy Leary finì in un vortice di carceri, evasioni e fughe internazionali che lo videro viaggiare fino in Medio Oriente, dove venne catturato dagli statunitensi a Kabul. Come gli suggerì l’amico Marshall McLuhan, il sociologo de La galassia Gutenberg, si mostrò sempre sorridente agli occhi dei media. Andò meglio invece per Richard Alpert che lasciò gli Stati Uniti nel 1965 per dirigersi in India, da cui tornerà con il nome di Ram Dass, portando nel 1971 alla pubblicazione Be Here Now, considerato il suo capolavoro.

Il loro merito fu sicuramente quello di rendere accessibili gli psichedelici anche al di fuori dell’ambiente medico: i loro metodi fuori dall’ordinario, i modi eccentrici di Leary, l’immagine mediatica che profetizza una rivoluzione costituirono quell’approccio che si rivelò controproducente, chiudendo di fatto ogni possibilità di inserire gli psichedelici in una società forse non ancora pronta per una rivoluzione culturale di tale portata. Questo approccio era opposto a quello proposto invece da chi aveva iniziato a parlare di queste sostanze prima di Leary e Alpert: Osmond, Huxley e Hubbard credevano alle stesse premesse ma promuovevano una strategia più cauta che lavorasse dapprima sui livelli più alti della società per poter poi a cascata agire su tutto il resto.
Non abbiamo modo di sapere, almeno per ora, come sarebbe andata se ma conosciamo l’impatto culturale degli esiti di quella “cometa folgorante e irriverente”, come lo definisce Federico di Vita, che è stato Timothy Leary.
Ad oggi, moltissime delle persone che hanno vissuto quegli anni, allieve e allievi di Leary, Alpert, Osmond, Al Hubbard hanno continuato a lavorare, soprattutto underground, con gli psichedelici, nonostante il clima proibizionista degli ultimi decenni ed è grazie anche e soprattutto a queste persone, che hanno custodito l’eredità di quegli anni, se oggi possiamo parlare di un rinnovato interesse per queste sostanze sia in campo medico che in campo ricreativo.
Chiudiamo questa puntata della rubrica Rinascimento Psichedelico con quello che scrisse Albert Hofmann a Losanna nel 1971:
“Leary difese la sua attività propagandistica perché riteneva fosse stato il suo ineluttabile ruolo storico far conoscere l’LSD in tutto il mondo. I risultati indiscutibilmente positivi di questa diffusione, aggiunse Leary, in special modo evidenti tra le generazioni più giovani della società americana, avrebbero reso irrilevanti al loro cospetto gli incidenti provocati da un uso sbagliato dell’LSD, tutto sommato un prezzo basso da pagare. Nel corso della nostra conversazione constatai che era falsa l’accusa che lo descriveva indiscriminatamente come l’apostolo delle droghe. Egli faceva una netta distinzione tra le sostanze psichedeliche – LSD, psilocibina, mescalina, hashish – dei cui vantaggi era persuaso, e i narcotici che creano dipendenza – morfina, eroina, eccetera – contro il cui uso ripetutamente ammoniva. L’impressione che ricevetti del dottor Leary fu quella di un personaggio affascinante, convinto della sua missione delle sue opinioni, che difendeva con umorismo ma in modo irriducibile; un uomo pervaso dalla fede negli effetti miracolosi delle sostanze psichedeliche, da cui risultava un ottimismo che lo portava a sottostimare o a ignorare del tutto le difficoltà pratiche, i fatti spiacevoli e i rischi”.
Timothy Leary successivamente si dedicò all’informatica, fondando la Futique Inc., una software house che promuove la realizzazione di pacchetti multimediali, con un focus sulla realtà di virtuale che per Leary era “l’LSD degli anni ‘90”. Con la sua azienda produsse un videogioco sviluppato per Commodore64 e PC-IB, dove l’obiettivo era esplorare la propria psiche e tracciarne una mappa.
Morirà nel 1992 di cancro alla prostata ma sette grammi delle sue ceneri viaggiano ancora nello spazio insieme ai resti di altre 24 persone famose per aver raggiunto risultati nella fisica, nella scienza e nella filosofia.
Chiara Francesca Rizzuti
*questo articolo è stato redatto sulla base del saggio Breve storia universale della psichedelica di Federico di Vita in La scommessa psichedelica, edito da Quodlibet.
Per approfondimenti:
DI VITA F. (a cura di), (2020), La scommessa psichedelica, Milano, Quodlibet
POLLAN M., (2019), Come cambiare la tua mente, Milano, Adelphi
Podcast a cura di Federico di Vita, Illuminismo Psichedelico, offerto dall’Associazione Luca Coscioni
Sito di Giorgio Samorini: samorini.it
Foto di copertina: Krishna Devotee, Elaine Mayes, Summer of Love, 1967 via Joseph Bellows Gallery.