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Rinascimento Psichedelico #1

In questi anni Venti-Venti stiamo assistendo a un Rinascimento Psichedelico, ovvero al ritorno della psichedelia – la nuova tendenza a riabilitare le sostanze psicotrope, in primis a livello saggistico e letterario, ma anche in ambito medico, psichiatrico e psicoanalitico. Di pari passo, come contraltare, si ristabilisce il proibizionismo soprattutto in Italia.

Con una dettagliata panoramica introduttiva, Memecult inaugura oggi una nuova rubrica che indagherà proprio questi temi, a cura di Chiara Francesca Rizzuti, fotografa laureanda in antropologia medica con una tesi focalizzata sul supporto psichedelico a base di psilocibina.

Non serve andare nello spazio per poter provare quello che lo scrittore Frank White ha teorizzato nel 1987, la natura ha già fatto crescere quaggiù sulla Terra tutti gli strumenti per apprendere ciò che tenta di dirci da anni: a prenderci cura di tutti gli esseri viventi e a vivere in pace. Dobbiamo solo ascoltare bene.

Verso la metà dell’aprile del 1943 il chimico svizzero Albert Hofman, che stava lavorando presso la Sandoz su un fungo parassita della segale cornuta, ovvero l’ergot, tornava a casa in bicicletta.

In quel suo viaggio in bici, la realtà intorno a lui sembrava liquefarsi e disintegrarsi. Era il 19 Aprile e si può dire che da lì in poi sia cambiata la storia dell’Occidente: per la prima volta, in quello che verrà ricordato in seguito come il “Bicycle Day”, una persona bianca stava sperimentando gli effetti psichedelici di una sostanza psicoattiva, l’LSD.

Rappresentazione di Hofmann, fonte ignota.

Da quel giorno a Basilea, la storia occidentale degli psichedelici ha attraversato diverse fasi. Se l’entusiasmo iniziale ha permesso di studiare sostanze come LSD e psilocibina in ambito psichiatrico e clinico, la loro democratizzazione ha invece spalancato le porte allo sviluppo della controcultura giovanile degli anni ‘60 e ‘70, con le manifestazioni e le proteste che nell’immaginario collettivo riconduciamo alla cultura hippie. Ma sembrerebbe che proprio la formazione di una generazione contro la guerra negli anni del Vietnam abbia portato, come opposizione, ad un proibizionismo talmente serrato da mettere al bando perfino i promettenti studi su depressione, dipendenze e fine vita. Ed è proprio da questa classe politica reazionaria e borghese, che non poteva accettare la ribellione ai valori degli Stati Uniti, che derivano tutti gli stereotipi che vedono queste sostanze psicoattive come talmente pericolose da farti buttare giù dalla finestra o farti entrare in uno stato psicotico irreversibile.

Nulla di più lontano dalla verità.

Negli ultimi vent’anni si è lentamente tornati a parlare di psichedelici grazie al lavoro di istituzioni e università, nonché grazie alla rete di persone che hanno continuato a lavorare in modo underground. In entrambi i contesti, si è ripresa in mano l’eredità dei decenni precedenti.

In questo clima di Rinascimento Psichedelico, uno degli studi più importanti, raccontato ad esempio nel documentario Magic Medicine, è quello portato avanti dal ricercatore Robin Carhart-Harris presso l’Imperial College di Londra, dove è da diversi anni che al Centro di Ricerca Psichedelica si lavora per capire come la psilocibina, contenuta in funghi e tartufi, riesca a lavorare in modo piuttosto efficace su pazienti con depressione cronica.

Cover del magazine “Newsweek” del 10/01/2021, in copertina funghi contenenti psilocibina.

A livello internazionale, è da segnalare inoltre il lavoro di MAPS (Multidisciplinary Association for Psychedelic Studies), un’associazione no profit, fondata nel 1986 da Rick Doblin, che si occupa di ricerca e divulgazione nei contesti medici, legali e culturali affinché le persone possano beneficiare dell’uso di sostanze psichedeliche e marijuana.

Ma psilocibina, MDMA, ketamina, LSD, DMT e mescalina non lavorano bene solamente con depressione, accompagnamento alla morte, dipendenze e disturbo da stress post-traumatico (in merito si segnala il documentario di Gil Karni Trip of Compassion).

Infatti, oltre al filone di ricerca overground,che si sta occupando dal punto di vista clinico di condizioni invalidanti sul versante psichiatrico e psicologico, è fondamentale sottolineare l’importanza di tutta la cultura dei rave party, dei festival, e quindi del grande potenziale nei contesti più ricreativi delle sottoculture giovanili.

Calarsi uno psichedelico ad un rave non è proprio consigliabile, dati gli effetti più o meno potenti delle diverse sostanze, ma è proprio da qui che si è sviluppato invece un tipo di assistenza e supporto più democratico. Lo Zendo Project, una costola di MAPS, si occupa appunto, grazie all’aiuto di volontarie e volontari, di offrire assistenza durante concerti e festival per coloro che stanno avendo quello che volgarmente viene chiamato bad trip, o che semplicemente stanno avendo reazioni avverse alle sostanze assunte.

Negli ultimi anni l’assistenza psichedelica si sta ulteriormente spostando dai festival e dal tipico sitting (o trip sitting) tra amici, dove una persona rimane in qualche modo “sobria” e fa sì che nessun* si faccia del male, verso un’ulteriore democratizzazione delle esperienze.

È infatti recente, soprattutto nei Paesi Bassi e nei Paesi dove certe sostanze sono legali,  la proliferazione di professionalità e organizzazioni che si occupano di offrire un supporto più strutturato e mirato per persone che non hanno necessariamente condizioni cliniche e psichiatriche impattanti ma possono voler semplicemente lavorare su dei tratti di sé, sanare dei traumi, prepararsi a capitoli della propria vita o più semplicemente voler esplorare dentro di sé per comprendere meglio sé stess* dentro ad una società che si concentra sulla produttività e l’apparenza.

Queste figure hanno background eterogenei e non necessariamente sono formate nell’ambito della psichiatria o psicologia clinica, ma sono persone che hanno una notevole esperienza in quegli stati alterati di coscienza e che possono essere d’aiuto nello sviluppo personale.

Durante uno stato alterato di coscienza, che può essere raggiunto anche tramite la respirazione con particolari tecniche di breathwork, non è solo l’esperire di un nuovo modo di sentire il corpo e di stare nel mondo, ma è anche ciò che avviene dal punto di vista cerebrale ad essere molto interessante.

Dal punto di vista biologico, sembrerebbe che l’uso si sostanze come psilocibina o LSD abbiano una sorta di capacità neuroplastica, attivando nuovi percorsi neurali all’interno del cervello. Si potrebbe dire che in un normale stato di veglia, il cervello, soprattutto di una persona adulta, si muova all’interno di pattern definiti dall’esperienza e dal vissuto, come se fossero piste sulla neve: il cervello per ottimizzare tempo ed energie utilizza percorsi prestabiliti, contrariamente alla mente di una persona in età infantile o sotto psichedelici. Queste sostanze invece, così come avviene all’interno del cervello di una bambina o di un bambino, fanno intraprendere percorsi inusuali e differenti.

Un’altra ipotesi molto interessante è quella sostenuta da Carhart-Harris, che si basa sulla relazione tra DMN e psichedelici.

Secondo il ricercatore, sembrerebbe che la rete cerebrale chiamata DMN (Default Mode Network), detta in parole povere, sia la zona che corrisponda a quello in psicologia viene ricondotto all’ego e che sia molto attiva in persone che hanno a che fare con depressione o un disturbo ossessivo compulsivo, mentre la sua attività, come evidenziano le immagini in fMRI (Functional Magnetic Resonance Imaging), vada calando in maniera piuttosto considerevole non solo sotto psichedelici ma anche con una buona sessione di meditazione.

In parole povere, le sostanze psichedeliche sembrerebbero diminuire il peso dell’ego, favorendo quella che viene definita visione d’insieme.

Il cervello sotto psilocibina: un confronto tra le aree del cervello sotto placebo, a sinistra, e sotto psilocibina a destra. Fonte: Volteface

Non va ovviamente dimenticato che tutte queste sostanze provengono da contesti nativi, pur avendo anche in Occidente sostanze psicoattive come l’alcool (che tra l’altro potrebbe essere una delle sostanze più pericolose tra tutte quelle in circolazione, pur essendo molto più che legale – tesi sostenuta da David Nutt, ex presidente dell’ACDM, l’Advisory Council on the Misuse of Drugs, e che per questa uscita venne licenziato).

LSD a parte, tutte queste sostanze appartengono a funghi, animali e piante che nelle culture native delle Americhe, dell’Africa e di altre zone non occidentali sono parte integrante delle vite di persone che tramandano conoscenze e saperi da millenni, tra sciamanesimo e curanderismo. E noi occidentali, come solito fare, non abbiamo sempre condiviso questi saperi in modo da rispettare le tradizioni native: non solo abbiamo avuto atteggiamenti scettici e un approccio evoluzionistico quando si è trattato di studiare tali contesti, schernendo queste tradizioni come credenze sciocche e prive di fondamenta, ma abbiamo addirittura vietato i culti relativi inizialmente. E, quando abbiamo capito il potenziale di determinate sostanze, non è spesso andata bene.

Marìa Sabina, fonte ignota.

Emblematico è il caso di Marìa Sabina, la curandera che condivise il culto dei funghi psilocibinici con Gordon Wasson nel 1955 e che venne ostracizzata dal proprio villaggio in seguito al turismo massiccio che investì la zona, non appena uscì su “Life” un articolo che esaltò questa scoperta. Marìa Sabina morì alcolizzata accusando Wasson di averla truffata.

Un altro esempio riguarda il rospo “bufo alvarius” di Sonora, nel deserto dell’Arizona, che quando si sente minacciato produce una secrezione contenente DMT, che sembra essere efficace nel trattamento delle sindromi da stress post traumatico. Oggi, data l’alta richiesta, rischia l’estinzione per via dei bracconieri che hanno iniziato a catturarlo sistematicamente.

Il problema attuale è quindi cercare di riuscire a rendere legali e democratiche queste sostanze, proprio come stanno facendo di recente diversi stati degli Stati Uniti, sia in ambito clinico che non, senza però capitalizzare sopra le esperienze delle culture native che, dopo secoli di oppressione, si vedrebbero rubate un’ulteriore conoscenza e una pratica millenaria, senza alcun minimo di considerazione da parte delle realtà che le rivendono e ne fanno divulgazione – dinamica che per ora sembra essere arginata, grazie alle associazioni e le realtà che fanno attivismo e si muovono non solo per una collaborazione tra paesi occidentali e popolazioni native ma anche per una preservazione di queste ultime.

In Italia sembrerebbe impossibile riuscire ad avere un dialogo aperto con le istituzioni che, anziché cogliere il momento di Rinascimento Psichedelico, ampliando le proprie prospettive di salute e benessere, vietano ciò che era ancora in una zona grigia ma pur sempre legale (ad esempio la ayahuasca, un decotto tipico del Sud America, contenente DMT e contraddistinto da una ritualità senza la quale non viene assunta, è di recente stata resa illegale, facendo di fatto chiudere moltissime realtà che organizzavano retreat nel nostro paese). Eppure, il clima è più vivo che mai.

 

Screen dal film Icaros: A Vision di Leonor Caraballo e Matteo Norzi (2019)

Sul fronte editoriale, sono usciti diversi testi: la raccolta di saggi a cura di Federico Di Vita per Quodlibet La scommessa psichedelica – sempre di Federico Di Vita, va citato il podcast Illuminismo Psichedelico, in onda su Spreaker e Spotify, che invita diverse persone che si occupano di tematiche relative agli psichedelici; nel 2019 per Adelphi è stato pubblicato un libro fondamentale per la cultura psichedelica: Come cambiare la tua mente del giornalista Michael Pollan, che ripercorre la storia degli psichedelici, gli studi e lo stato attuale delle studiose e degli studiosi in merito. Per Piano B Edizioni sono usciti: Funghi Fantastici del micologo Paul Stamets, di cui va segnalato anche il documentario disponibile su Netflix, che parla di come e quanto potremmo imparare dai metodi di relazione dei funghi; Pharmako gnosis. Piante psicoattive e la via venefica di Dale Pendell; La strada per Eleusi di Albert Hofmann, Gordon Wasson e Carl Ruck con una prefazione del ricercatore conosciuto da tutta la comunità psichedelica mondiale, Giorgio Samorini.

Come prolifera l’editoria, così aumenta il numero delle associazioni che fanno attivismo e divulgazione, come Legalizziamo, in collaborazione con l’Associazione Luca Coscioni, che si occupa di promuovere il referendum sulla cannabis; o la rete Psy*Co*Re, (Italian Network for Psychedelic and Consciousness Research), nata nel 2019 e costituita in Italia ma con vocazione internazionale, che riunisce tutte le realtà che si occupano di stati alterati di coscienza, con finalità di promozione della salute e degli aspetti etici che ne conseguono.

meme concesso dal profilo Instagram meme_psichedelici

Non sappiamo a chi si siano rivolti al Ministero della Salute – vengono citati un paio di casi di intossicazione da ayahuasca a distanza di anni – ma se avessero approfondito la vastissima documentazione esistente in merito, anche solo in italiano, ad oggi, chissà, forse non avremmo solo legale la ayahuasca ma anche ulteriori sostanze, che porterebbero benessere e, se vogliamo vederla in termini occupazionali, anche nuovi posti di lavoro, dato che in Italia il tema della disoccupazione è un problema piuttosto consistente e le cui soluzioni non sembrano funzionare.

Conviene ribadirlo: assumere sostanze psicoattive dagli effetti psichedelici non è sempre la soluzione migliore (se state assumendo farmaci per condizioni mentali, conviene sentire una persona specializzata, dato che potrebbero esserci esiti molto seri) e non sono pozioni magiche che possono funzionare sempre e per tutte e tutti – alcune, come la salvia divinorum, ad esempio, possono essere pericolose se utilizzate in contesti non adeguati.

Ma di una cosa possiamo essere certi: nel momento in cui intraprendiamo un viaggio di questo tipo, impariamo cose nuove su noi stess* e sul mondo, apprendiamo strumenti che possono aiutarci nella vita quotidiana. Possiamo realizzare che siamo parte della natura e dell’universo, non un elemento a sé stante. Impariamo a fare meno male al prossimo. Impariamo ad essere una collettività.

E forse, in tempi in cui la coscienza collettiva si solleva unanime, esigendo un nuovo modello economico rispetto al capitalismo neoliberista basato sullo sfruttamento delle risorse e degli animali umani e non umani, un’urgenza che irrompe nelle strade perché incazzata dalla violenza di genere e razziale, avere uno strumento così potente che sveglia le coscienze dalla produttività sterile del sistema del lavoro e dalle aspettative sociali, spaventa. Spaventa quella miccia che era stata accesa negli anni ‘60 e ‘70, quella miccia che mi auguro diventi fuoco e che rivoluzioni il mondo.

Chiara Francesca Rizzuti

*illustrazione di copertina gentilmente concessa dall’artista e facilitatrice psichedelica Eleonora Eta Liparoti, Flowerasm VIII – Atacama Eternal Blue in The Moon Valley

 

About the author

Chiara Francesca Rizzuti

Cremona, 1991. Studia arte e cinema al DAMS di Bologna e approfondisce gli studi sull’immagine contemporanea al master di Fondazione Fotografia. Attualmente vive ancora a Bologna dove fotografa molto, lavora ancora di più e non studia abbastanza antropologia. Qualche volta scrive.