La mostra La ligne de vie, in corso al MASI di Lugano, presenta più di 90 opere di René Magritte fino al 6 gennaio 2019 attraverso un percorso espositivo curato da Xavier Canonne e Julie Waseige.
I curatori si sono ispirati alla conferenza che René Magritte tenne il 20 novembre 1938 al Muséè Royal des Beaux-Arts d’Anversa, intitolata proprio La Ligne de vie, nella quale l’artista, una delle poche occasioni, si espresse pubblicamente sulla sua opera e illustrò l’evoluzione della propria poetica citando gli artisti che maggiormente lo avevano suggestionato. Spiegò la genesi della sua arte, i principi che l’avevano stimolata, parlando anche di André Breton e dei surrealisti belgi. Dall’esaltazione per il futurismo italiano all’incontro decisivo con l’opera metafisica di De Chirico, sottolineato dal confronto tra due opere degli artisti: Les Plaisirs du poète (1912) di De Chirico e la Traversée difficile (1926) di Magritte.
Le opere accompagnano lo spettatore nel percorso di maturazione poetica dell’artista belga, dalle sperimentazioni dei primi anni Venti, alle opere che evidenziano la volontà principale dell’artista di sconvolgere e creare turbamento, smarrimento. Non mancano poi le opere realizzate dopo il 1938 come La Mémoire, 1948 e La Grande Guerre, 1964.
Un manifesto poetico e sintesi delle proprie idee pittoriche: “È la rottura completa con le abitudini mentali degli artisti prigionieri del talento, del virtuosismo e di tutti i piccoli trucchi estetici. Si tratta di una visione nuova, dove lo spettatore trova il suo isolamento e ascolta il silenzio del mondo”.
Lugano raccoglie e fa da cornice, si mostra tra i riflessi di luce della vetrata del museo, il cielo, le nuvole e il lago che, come in un quadro di Magritte, fanno da sfondo silenzioso alla linea della vita.
Come un filo da percorrere, da distendere per creare forme, strade, vuoti e pieni, si cammina su misteri da svelare, “Le persone che cercano il significato simbolico mancano di afferrare la poesia e il mistero inerente alle immagini”.
Interessante la presenza in mostra, dell’unica e breve divagazione di Magritte dal proprio inconfondibile stile: il periodo vache, letteralmente “vacca”, con una serie di opere realizzate nel 1948, dai colori sgargianti e dalle pennellate libere, che fanno ironicamente il verso al fauvismo.
Completano il percorso documenti, fotografie inedite e una serie di affiches del suo periodo giovanile, a testimonianza del lato “commerciale” dell’artista, nonché la proiezione di film da lui realizzati nel corso degli anni Cinquanta.
A fine percorso, seduti tra il silenzio del lago e quello sussurrato da Magritte, dinanzi le tante immagini, non restano che le stesse domande senza risposte…
“… il significato è sconosciuto poiché il significato della mente stessa è sconosciuto“, e con quel desiderio di Magritte di “far urlare, se possibile, gli oggetti più familiari”.
Testo e fotografie di Maria Di Pietro
Add Comment