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Progetto SFaSE: come mettere in pratica le lezioni dell’Accademia

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Sulle Accademie d’Arte in Italia si potrebbero dire e avanzare molte critiche, ma è innegabile che rappresentano terreni di confronto e di formazione per certi versi imprescindibili per chi vuole lavorare nel campo dell’arte. Il progetto SFaSE è un esempio virtuoso di come l’ambiente accademico e le sue relazioni diventino il motore di un’iniziativa artistica che nasce, cresce e si sviluppa – nel concreto – verso l’esterno. Un progetto voluto “dal basso”, dal desiderio degli studenti di “fare rete”, di unire le doti e le competenze in formazione degli allievi dei corsi di Pittura, Fotografia, Scultura e del biennio in Visual Cultures dell’Accademia di Brera a Milano. Abbiamo intervistato artisti e i curatori…

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SFaSE inaugura Domenica 20 Settembre alle ex-Cartiere Pigna ad Alzano Lombardo in provincia di Bergamo, con il lavoro di 18 artisti dell’Accademia di Brera. Dall’aula a un luogo espositivo dalle atmosfere post-industrial con cui confrontarsi: per molti di voi si tratta della prima vera occasione espositiva. Come è andata la residenza e come avete lavorato sul posto?

La residenza si è svolta molto bene e la nostra “giovinezza” ci ha reso molto più flessibili di fronte ad imprevisti e difficoltà permettendoci d’avere un forte spirito d’adattamento. Ci siamo ritrovati liberi di “fare”, e ciò ci ha permesso d’assumere un atteggiamento molto responsabile nei nostri e nei confronti di chi lavora a fianco a fianco con noi. Lo spazio immenso della fabbrica e tutto ciò che essa contiene, ci ha permesso di creare opere che non sarebbero uscite tanto presto dalla nostra mente, e che invece qui hanno trovato non solo lo spazio per essere create ma anche un’atmosfera che gli permetterà di vivere, con l’affascinate e misterioso spazio che ancora in questi giorni stiamo esplorando. Quando noi ci siamo inseriti siamo riusciti a concretizzare l’idea iniziale ampliandola: creando il concept, una struttura organizzativa, dialogando con i partner e cercando sponsor oltre che promuovendo l’evento.

Il progetto è nato da voi studenti dei corsi artistici di Brera (Pittura, Scultura, Fotografia). Ci tengo a sottolineare da voi studenti, non da qualche professore; questo è molto interessante. Potete spiegarci come si è sviluppata tra voi l’idea del progetto?

Il progetto SFaSE è nato dal desiderio di creare qualcosa di concreto, inserirsi nella realtà d’oggi in quanto artisti, e non come “pittori della domenica”. Un bisogno di potersi confrontare liberamente, sia tra i diversi artisti, che tra l’artista stesso e il suo lavoro, che si troverà, per quelle che sono le nostre prime esperienze, a contatto con un pubblico variegato, non solo interno al mondo dell’arte. Il fattore che ha reso possibile lo sviluppo di questo “fremito artistico”, lo ritroviamo nella gran fortuna di aver avuto a disposizione uno spazio, lavorativo/espositivo, come le ex cartiere della Pigna. Da qui abbiamo aggiunto quel pizzico di serietà e perseveranza che ci ha permesso di pianificare per mesi quella che sarebbe stata la residenza e l’ormai imminente esposizione.

Tra le varie motivazioni che hanno portato una piccola parte di noi a dare l’avvio a questo complesso progetto la più importante , a mio avviso, è stata il desiderio comune di conoscere gli artisti della propria generazione e confrontarsi sulle proprie ricerche per arrivare a comprendere quali sono le domande essenziali a cui ognuno di noi ha deciso di trovare risposta. Creare un identità generazionale e chiedersi, qual’è il nostro ruolo all’ interno della storia dell’arte a venire, in che modo vogliamo scriverla insieme. Ovviamente il primo passo è stato quello di coinvolgere altri artisti ed iniziare ad intessere una rete di relazioni. Tramite il passaparola ci siamo riuniti più volte all’interno dei nostri studi e abbiamo parlato l’ uno con l’ altro del nostro lavoro, proiettando le immagini delle nostre opere e discutendone insieme. Dopo una decina di incontri, e dopo che ognuno era al corrente delle altrui ricerche artistiche abbiamo cominciato a definire il progetto in termini pratici, a chiederci che cosa avremmo voluto fare, una mostra, un ciclo di mostre, una residenza etc. L’ idea di vivere assieme per un mese sotto lo stesso tetto è quella che ci è sembrata più congeniale al nostro intento di scambio e condivisione di idee: l’ opportunità di discutere del proprio lavoro man mano che si sviluppa, il poter scoprire metodi di realizzazione delle opere diversi dal proprio…

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Solo in un secondo momento avete sentito la necessità di chiamare in causa altri studenti che sapessero gestire la parte di comunicazione e di curatela… E chi meglio, se non gli allievi del biennio di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali? In un certo senso è stato un bell’atto di ammissione e consapevolezza, quello di chiedere “aiuto” a un altro team che studia come “fare arte” dall’altro lato della medaglia, ovvero quello delicato e impervio della curatela e della comunicazione…

Ad un certo punto abbiamo capito che tutta l’ energia e l’ entusiasmo che avevamo non era sufficiente, bisognava convogliare questa energia ed iniziare a pensare anche ai problemi pratico­organizzativi. Un giorno alcuni studenti di visual cultures sono venuti a trovarci durante le nostre riunioni e abbiamo deciso di coinvolgerli. Inizialmente alcuni di noi erano un po’ restii, perché comunque non volevamo che il controllo di ciò che stavamo facendo ci sfuggisse dalle mani, ma poi parlando con loro abbiamo capito che non avevamo nulla da temere. La messa in opera di questo progetto è proseguita come un dialogo, un continuo scambio di idee ed opinioni, ed in un certo senso il loro apporto è stato significativo ad avere un riscontro dall’esterno, su ciò che stavamo facendo.. Sfase è diventata così non solo la mostra di una certa generazione di artisti, ma la mostra di una certa generazione di artisti e curatori.

Dal canto vostro, voi curatori come vi siete approcciati agli artisti e come siete riusciti a inserirvi nel gruppo? Anche per voi immagino sia stata una delle prime reali esperienze di curatela: quali sono state le difficoltà e quali gli aspetti più positivi? Ma soprattutto, come il progetto è cresciuto grazie al vostro contributo?

Ci siamo inseriti lentamente. Abbiamo iniziato andando alle loro riunioni di presentazione dei portfolio. Inizialmente eravamo spettatori e successivamente abbiamo iniziato a partecipare in maniera più attiva dando consigli e suggeritimenti. Poi sono stati loro a chiederci di partecipare attivamente, di scrivere un concept e far parte di SFaSE. Quando poi siamo diventati attivi abbiamo coinvolto altri colleghi e creato l’attuale team curatoriale. È stato il primo progetto così grande che abbiamo curato, la prima volta che ci siamo trovati a coordinare 18 artisti. Sicuramente all’inizio ci sono stati problemi di assestamento per comprendere i ruoli da coprire. Ma ci sono stati lati positivi più che negativi. Lati positivi come lavorare a stretto contatto con gli artisti, 5 teste che lavorano insieme e un costante confronto tra tutti.

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Ogni curatela mira a costruire un concept attorno al progetto espositivo, quale è quello di SFaSE?

Il concept di SFaSE è legato agli spazi della fabbrica e alla possibilità di relazione tra gli artisti che si crea durante una residenza. Non abbiamo voluto porre limite tematici ne abbiamo voluto cercare un filo che legasse le ricerche di tutti gli artisti in mostra. Visto quanto ognuna di esse è diversa, abbiamo pensato che sarebbe stata una forzatura cercare di unirle e qualunque tema esterno da noi deciso avrebbe trasformato il progetto in un’esperienza più didattica che altro. Ci interessava soprattutto vedere come uno spazio così vivo e caratterizzato avrebbe parlato attraverso i lavori, ma anche in questo non abbiamo voluto porre troppi limiti. Ognuno di loro ha avuto una reazione diversa, ed ognuna di queste reazioni è legata alla fabbrica e spesso anche al lavoro degli altri. Abbiamo pensato che portarli a vivere consapevolmente una situazione così particolare avrebbe fatto si che il fil rouge della mostra si creasse naturalmente, senza forzature da parte nostra. E vedendo i lavori ora, direi che ha funzionato

Veniamo alla comunicazione: come avete sviluppato questa parte, quali mezzi avete impiegato e che riscontro avete avuto dai media e dai social?

La comunicazione è iniziata con la stesura di un progetto che comprendesse oltre all’invio di mail a tutto il territorio lombardo, nazionale e internazionale, anche una comunicazione tramite Social network. SFaSE prima d’ora non esisteva, abbiamo dovuto e tutt’ora stiamo facendo conoscere il nome e il progetto, a vantaggio nostro va ancora una volta il gruppo: abbiamo potuto contare su un’ampia condivisione di post tra le nostre pagine Facebook, Instagram e Twitter e alla grande quantità di fotografie realizzate da alcuni artisti in residenza che, come dire, hanno parlato da sole. Un buon lavoro di squadra che ha compreso volantini, pubblicità, comunicati stampa per ogni appuntamento che abbiamo avuto in calendario che, se da un lato è stato molto fitto, ha fatto in modo che il nome SFaSE arrivasse anche all’estero.

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I professori dell’Accademia vi hanno sostenuto nel progetto? Sono stati coinvolti in qualche modo o in qualche fase particolare?

Alcuni professori sono stati disponibili per confronti e dibattiti, ma mai in modo invasivo. In realtà abbiamo sostanzialmente scelto di non coinvolgere nessuno in modo attivo, non volevamo che diventasse una cosa fatta attraverso l’Accademia, volevamo metterci alla prova come individui autonomi, creare un nostro sistema che non coinvolgesse attori troppo coinvolti in realtà esterne alla nostra.

Da una proposta che voleva essere asistemica/fuori dal sistema avete creato un vostro sistema, orizzontale, tra studenti, “pari inter pares”. Cosa vi ha insegnato questa esperienza di collaborazione?

Che il modo migliore di lavorare nel sistema dell’arte é il dialogo costante con gli artisti. Senza imposizioni ma attraverso consigli e confronti. Questo metodo sembra funzionare con gli artisti emergenti che ancora non si sono relazionati alla gerarchica del mondo dell’arte. È una possibilità di arricchimento reciproco sia per gli artisti che per i curatori. 
Serena Vanzaghi
Hanno partecipato a SFaSE:

ARTISTI – Roberto Carovilla & Lorenzo Bellini, Alessio Binda, Stefano Cecatiello, Samuela Coffetti, Donatella De Rosa, Tommaso Gatti, Raffaele Greco, Adi Haxhiaj, Li Jiang, Erica Kimberly Lizzori, Giulio Locatelli, Maddalena Lusso, Iacopo Pesenti, Thelma Scott, Luisa Turuani, Rui Wu, Florian Zyba, Yimei Zhang.

CURATORI – Elena D’Angelo, Silvio Espinoza, Elisa Lemmo, Giorgia Quadri

UFFICIO STAMPA – Gloria Paolini

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About the author

Serena Vanzaghi

Serena nasce a Milano nel 1984. Dopo gli studi in storia dell'arte, frequenta un biennio specialistico incentrato sulla promozione e l'organizzazione per l'arte contemporanea. Dal 2011 si occupa di comunicazione e progettazione in ambito artistico e culturale.

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