Arte e Fotografia

Pietro Costa /ri.tràt.ti/ / pôrˌtrāts/

Il sangue umano è il cardine della personale dell’artista italo-americano Pietro Costa, recentemente aperta a Prato dal titolo /ri.tràt.ti/ / pôrˌtrāts/. La mostra, curata da Chiara Spangaro, rimarrà visitabile presso Museo di Palazzo Pretorio fino al 31 luglio prossimo, e presenta per la prima volta al pubblico una selezione dei ritratti eseguiti dall’artista tra il 2018 e il 2022. Si tratta delle opere più recenti tra quelle realizzate da Costa della serie Bloodworks, intrapresa dalla fine degli anni ottanta e che indaga la ricerca dell’identità tra arte e scienza, il concetto di ritratto fisico e biologico e la rappresentazione dell’io.

L’unicità di questa serie di opere sta proprio nella tecnica usata davvero particolare e inconsueta. Le opere sono infatti eseguite usando in parte il sangue del soggetto ritratto, che viene utilizzato come pigmento, inserito tra due fogli di mylar. 

Pietro Costa, campano di origine (nato a Sant’Arsenio in provincia di Salerno nel 1960), è emigrato negli Stati Uniti con la sua famiglia quando aveva 12 anni. Oggi risiede a New York, ma ama tornare in Italia, dove nel 2016 ha anche fondato Bacas (Borghi Antichi Cultura Arti Scienze) un progetto ambizioso, che ha chiamato all’appello artisti americani e italiani, creando una residency nel maestoso Castello Macchiaroli a Teggiano, nel cuore del Parco Nazionale del Cilento. Bacas nasce dall’idea di far scoprire un territorio ancora non molto conosciuto, creando attraverso l’arte un ponte tra l’Italia, gli Stati Uniti e il resto del mondo. Una sorta di punto d’incontro per la comunità artistica italo-americana, per dare la possibilità a chi viene da fuori di avere un posto di grande carattere e che sia di ispirazione.

Artista, imprenditore e oggi mecenate nel mondo dell’arte, Costa ha conseguito un Bachelor of Fine Arts presso The School of Visual Arts, un Master of Fine Arts presso Hunter College e ha insegnato alla Parsons School of Design. Fin dalla prima mostra quando era ancora studente nel 1979, Costa ha vissuto una vita poliedrica, che lo ha portato a fare esperienze in diverse discipline: dagli allestimenti di mostre nelle varie sedi del Guggenheim Museum, alla produzione delle grandi opere scultoree di Richard Serra, ai  suoi progetti imprenditoriali e a quelli di arte sociale. Nel corso degli anni ha esposto in sedi prestigiose negli Stati Uniti e in Italia, e ha realizzato commissioni site-specific per musei, centri d’arte e gallerie in giro per il mondo. La sua pratica artistica passa attraverso il disegno, la pittura, la scultura, installazioni, sperimentando un ampio vocabolario, che comprende la natura, la luce, i metalli, il fuoco, le plastiche, le cere, il vetro, le parole e appunto il sangue.

Dipingere con il sangue, l’elemento primario della vita umana, vuole essere un messaggio forte, che raggiunge una potenza interiore e drammatica allo stesso tempo. L’ “emopittura” è una pratica conosciuta e antica, usata già dall’uomo primitivo, che con il sangue (spesso sangue animale) si esprimeva sulla pietra delle caverne, per lasciare la sua impronta nel mondo. In epoca moderna l’artista che usa il proprio sangue, spesso lo usa per mettere in evidenza il sacrificio del proprio lavoro, dove il sangue è il materiale più prezioso che possiede, con cui vuole scuotere le coscienze ed esprimere le proprie idee, (vedi il belga Jan Fabre o il newyorchese Andres Serrano).

Pietro Costa fa un passo in più, utilizzando il sangue del committente, mette in forte e indelebile relazione il suo lavoro, con la coscienza della persona ritratta, in una sorta di rinascita a vita nuova. Da qui l’idea di creazione, dove l’artista (come un dio) genera la vita, in un intreccio di visioni, sensazioni primordiali, esperienze simboliche, una sorta di ritorno alle origini, che condivide con la persona ritratta nella sua opera per sempre. Le opere realizzate con il sangue, se da una parte sembrano scaturire da un atto estremo, dall’altra affondano le radici in emozioni profonde, in uno sperimentare irrefrenabile dell’artista, che manifesta il suo pensiero e la sua anima in modo fisico e intimo, in un voler “provocare” le persone a pensare.

 

Questa particolarissima mostra pratese valorizza inoltre il legame dell’artista con la città toscana, dove Costa ha già lavorato alla prima serie dei Family Portraits, otto ritratti realizzati nel 2019, che attraversano tre generazioni della famiglia Gori, a partire dal patriarca Giuliano Gori, grande collezionista e mecenate pratese. In mostra sono esposti anche altri ritratti che raffigurano singole persone, ma anche nuclei familiari, come quelli di padre-figlio Sandro e Gianni Veronesi, e di altri cittadini della città di Prato.

Altre opere altrettanto interessanti sono quelle della famiglia dell’artista, la madre Antonia e la nipote Ilaria, Brothers 1, i giovani del Ghana che condividono con l’artista l’esperienza della difficile fuga dal loro paese e rievocano il crearsi di una famiglia allargata, Garnette e Inge, 2018 e Arturo e Riccardo, 2022.

L’osservatorio sociale è per Costa una cosa ricorrente in molti suoi lavori, tra cui proprio i ritratti, dove non solo c’è l’osservazione dell’io e del patrimonio umano, ma anche la valorizzazione dell’ambientale, dove si mette in evidenza anche al legame con il territorio. Nel ritratto Costa ferma l’istante di creazione, la condizione fisica, psicologica fisiologica di quel preciso istante e del luogo dove il ritratto viene realizzato, le particelle di polline, le polveri, i profumi e i batteri che volano nell’aria in quel preciso momento, in quell’esatto luogo. Variegato è dunque l’operare di Pietro Costa, che corrisponde alla rappresentazione di una comunità, dove il singolo dialoga con la pluralità del mondo, andando oltre lo spazio dello studio.

Cecilia Barbieri

About the author

Cecilia Barbieri

Nata a Firenze, dove vive e lavora, ha conseguito la Laurea in Storia dell’Arte all’Università di Firenze. Ha lavorato nell’organizzazione di mostre ed eventi e ha curato nel corso degli anni diverse pubblicazioni di Storia dell’Arte e di Storia del territorio. Giornalista pubblicista collabora costantemente come freelance con diverse testate di settore.