La mostra “Give Me Yesterday”, in corso fino al 12 di Marzo a Milano, è un’ottima occasione per conoscere l’Osservatorio Prada, nuovo spazio espositivo della Fondazione interamente dedicato all’arte fotografica. Inaugurato lo scorso Dicembre, lo spazio si trova sul tetto della Galleria Vittorio Emanuele II, splendida cornice nel cuore di Milano e luogo privilegiato per esplorare le tendenze e le espressioni della fotografia contemporanea.
Dopo l’apertura delle rinomate sedi di Venezia e di Largo Isarco, la Fondazione Prada continua ad espandere il suo contributo nel mondo dell’arte contemporanea, regalando alla città di Milano un ulteriore spazio espositivo, questa volta destinato specificatamente alla fotografia e ai linguaggi visivi. L’Osservatorio Prada è situato all’interno dell’iconica Galleria Vittorio Emanuele II e si trova al di sopra dell’Ottagono, al livello della cupola in vetro e ferro realizzata tra il 1865 e il 1867 da Giuseppe Mengoni. Un lungo lavoro di restauro, finalizzato alla ricostruzione degli ambienti danneggiati dai bombardamenti sul capoluogo lombardo del 1943, ha reso disponibile una straordinaria superficie espositiva di 800 mq sviluppata su due livelli.
L’Osservatorio ha dato il via alla sua programmazione lo scorso 21 Dicembre con la collettiva “Give Me Yesterday”, curata da Francesco Zanot. Il titolo della mostra evoca la tematica esplorata dai 14 artisti italiani ed internazionali (Melanie Bonajo, Kenta Cobayashi, Tomé Duarte, Irene Fenara, Lebohang Kganye, Vendula Knopová, Leigh Ledare, Wen Ling, Ryan McGinley, Izumi Miyazaki, Joanna Piotrowska, Greg Reynolds, Antonio Rovaldi, Maurice van Es), ossia l’uso della fotografia come diario personale a partire dai primi anni del Duemila ad oggi. Il percorso dell’esposizione documenta un passato recente, inerente all’ultimo quindicennio, visto attraverso gli occhi di questa nuova generazione di artisti, che ha trasformato il diario fotografico in uno strumento di messa in scena della propria quotidianità e dei rituali della vita privata.

La mostra presenta più di 50 lavori fotografici di colori, dimensioni e tecniche diverse fra loro e disposti senza un preciso ordine cronologico, come un grande murale, sulle lunghe pareti dello spazio espositivo. Nel lato opposto rispetto all’allestimento, si stagliano le ampie vetrate che danno sulla cupola. Nell’ambiente così organizzato, lo spettatore si trova immerso in una dimensione di mezzo, fra esterno ed interno, sospeso fra i tetti della città e l’intimità delle proposte degli artisti. Sono gli artisti stessi che invitano il pubblico ad avvicinarsi, a guardare più attentamente alla loro sfera privata, a frugare fra gli aspetti più reconditi della loro vita.
I giovani fotografi – tutti fra i 20 e i 40 anni, ad eccezione di Greg Reynolds, classe 1958- presentati in “Give Me Yesterday” hanno appreso le lezioni dei maestri Larry Clark, Nan Goldin, Wolfgang Tillmans e Richard Billingham, riguardanti il rapporto del medium fotografico con la quotidianità. Tuttavia, la nuova generazione di fotografi, che si è sviluppata parallelamente alla proliferazione di piattaforme digitali basate sulla condivisione di immagini, è caratterizzata da una maggiore consapevolezza riguardo l’onnipresenza della fotografia nella vita di tutti i giorni. L’immediatezza e la spontaneità dello stile documentaristico viene perciò sostituito da un controllo estremo dello sguardo di chi osserva ed è osservato, in grado di dare vita a nuova forma di diario nella quale la fotografia istantanea si confonde con quella allestita e dove la componente performativa delle immagini è strumento di affermazione di un’identità individuale o collettiva.

All’interno del percorso espositivo i fotografi declinano in maniera personale il tema del diario, ognuno mettendo in scena una selezione di pezzi di sé e del proprio quotidiano. Colpisce in particolar modo il lavoro di Izumi Miyazaki (Giappone 1994), che si articola in una serie di scatti che la inseriscono in situazioni surreali e ironiche. La giovane fotografa giapponese è divenuta famosa al pubblico internazionale attraverso il suo blog, che viene mostrato su un display aggiornato a mano a mano con nuove immagini durante il periodo di mostra. Un altro progetto degno di nota è quello di Melanie Bonajo (Olanda, 1978), che, nella serie di 60 scatti Thank You For Hurting Me I Really Need It, si ritrae ogni volta che ha pianto dal 2001 al 2011, in modo da creare un paradossale inventario di selfie, dove è viva la contrapposizione dell’applicazione di una rigorosa disciplina ad un gesto istintivo.
L’intimità e la distanza nei rapporti sociali, e in particolar modo familiari, sono oggetto di diversi lavori esposti in mostra. Le opere di Leigh Ledare (Stati Uniti, 1976) e Lebohang Kganye (Sudafrica, 1990) pongono al centro della loro ricerca la figura materna, ma in chiavi completamente differenti. Il primo, con l’opera Pretending You’re Actually Alive, fornisce un ritratto ricco e sfaccettato della madre Tina, alternando scatti in situazioni intime a ritratti posati, che mettono in evidenza la complessità del rapporto genitore-figlio. Il secondo, nella serie Her-story, si sostituisce in alcune vecchie istantanee alla madre appena scomparsa attraverso un lavoro di manipolazione digitale, trasformando la fotografia in uno spazio di condivisione sempre aperto ed abitabile. Il lavoro di Irene Fenara (Italia, 1990), Ho Preso Le Distanze, presenta invece in maniera scientifica il modo dell’artista di misurare i propri legami interpersonali, la quale individua un parallelo fra prossimità fisica e vicinanza emotiva nei centimetri, riportati su delle polaroid, che separano il suo obiettivo dai soggetti fotografati.

Infine, più legata al tema della creazione di un paesaggio ideale è la brillante opera Orizzonte in Italia di Antonio Rovaldi (Italia, 1975). Tramite l’accostamento di diverse immagini di orizzonti, realizzate tra il 2011 e il 2015 in occasione di viaggi intorno allo penisola italiana, l’artista inserisce nel suo diario personale la propria visione di Italia, delimitandone i confini in una suggestiva successione di mari e cieli.

L’Osservatorio Prada apre i battenti con una mostra che si adatta benissimo al nuovo spazio espositivo, esaltandolo con una selezione che riflette le recenti evoluzioni nell’ambito della ricerca fotografica. Di fatti, la pluralità di porte spalancate sullo spaccato quotidiano della nuova generazione di artisti offre la possibilità di entrare nei meccanismi odierni di produzione del mondo dell’immagine. “Give Me Yesterday” coglie una tendenza attuale nello sguardo dei 14 giovani fotografi, che ormai hanno assimilato codici condivisi e diffusi e non si raccontano più nella propria spontaneità e naturalezza.
Ginevra Ludovici
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