Fino al 22 gennaio 2023 la Fondazione Palazzo Strozzi presenta Nel tuo tempo, grande mostra che vede il coinvolgimento di tutti gli ambienti rinascimentali del palazzo attraverso le opere di Olafur Eliasson, uno dei più originali e visionari artisti contemporanei, la cui poliedrica produzione ha abbracciato nel corso della sua carriera installazioni, dipinti, sculture, fotografia e immagini in movimento. Curata da Arturo Galansino, Direttore Generale della Fondazione Palazzo Strozzi, la mostra è il risultato del lavoro diretto dell’artista sugli spazi di Palazzo Strozzi con installazioni storiche e nuove produzioni, che ne sovvertono la percezione, impiegando l’edificio stesso come strumento per creare arte. Il palazzo rinascimentale diviene infatti un corpo dinamico in cui elementi architettonici come finestre, soffitti, angoli e pareti diventano protagonisti attraverso interventi che utilizzano luci, schermi, specchi o filtri colorati.

Olafur Eliasson a Palazzo Strozzi 2022. Un evento da non perdere per la portata dell’intervento complessivo di uno dei più importanti artisti viventi, in uno dei palazzi storici più belli di Firenze, ma alla domanda che ci pone l’incipit del testo dello stesso artista: “Quali domande emergono? Quali diversi modi di sentire-muoversi-pensare esistono? E quali tracce restano dopo che si è usciti dalla mostra?” le risposte potrebbero riguardare molte perplessità che come tracce non sono poi tanto male in un tempo di grandi incertezze. Partiamo dalle note positive. Nel cortile l’artista danese, ma di origini islandesi, rivoluziona l’intero spazio centrale con l’installazione Under the weather (2022), una struttura ellittica cangiante con effetto moiré che contrasta proprio per il suo effetto movimentato la rigidità dell’architettura interna del palazzo rinascimentale. Il movimento dello spettatore interagisce con la percezione spiazzando ed irretendo lo sguardo con onde ipnotiche.
In effetti il tentativo di intervenire sullo spazio di Palazzo Strozzi per realizzare un lavoro site specific è un intento nobile anche se rischioso.
I riflessi delle finestre, le geometerie riportate e gli effetti di “interazione” rispetto alla presenza dei visitatori, come nel caso di Triple Seeing Survey, Tomorrow, Just before now, restano sofisticati, seppur nella loro semplicità, giochi di luce che non aggiungono granché al naturale fenomeno proiettivo in sé. Inevitabile il coinvolgimento dei visitatori in chiave shadow play con foto ricordo annessa, rito che ormai comunque accompagna qualsiasi evento, soprattutto se ammiccante in tal senso.

Continuando la visita troviamo How do we live together (2019), che riesce in effetti, con la sua imponente e radicale invasione circolare dell’intera stanza con soffitto specchiante, a “forzare” un po’ come avviene con l’intervento del cortile, la rigidità dello spazio, riaccendendo il movimento e l’interazione con lo spettatore. Ma nelle stanze successive torna il gioco di faretti, prioezioni e giochi di luce che riportano nuovamente all’intrattenimento da photo opportunity. In effetti l’intera mostra mette il visitatore in una vera e propria posizione di spettatore e temo che non basti la potenzialità di vivere l’esperienza singolarmente come stimolo per riflessioni profonde e ancor meno connesse con il tempo in cui viviamo. Talvolta si ha la sensazione di trovarsi davanti a oggetti da arredo di lusso, come nel caso ad esempio di Firefly double-polyhedron sphere experiment, grande poliedro di vetri colorati verdi, arancioni, gialli, ciano e rosa e Fivefold dodecahedron lamp, un dodecaedro che contiene un tetraedro di vetro a elevata riflettenza, che trasformano alcune sale del palazzo storico in uno showroom esclusivo. L’esperienza immersiva non poteva non essere completata con l’immancabile realtà virtuale. Your view matter (2022) invita i visitatori a immergersi in spazi virtuali che accolgono in forme geometriche cangianti, accompagnati da una colonna sonora realizzata dall’artista, mettendo in discussione la capacità percettiva e l’interazione con un ambiente in continuo divenire. In conclusione, l’intero progetto di Eliasson, partendo dal titolo scelto Nel tuo tempo, ci introduce in percorso di esperienza singolare, esclusiva, generando una riflessione volontaria o meno, su quanto il nostro tempo ci isola, ci rapprende in esperienze autorappresentative e spesso solipsistiche. Inoltre temo che questa tipologia d’intervento non riesca del tutto a portare lo spettatore ad essere attivamente protagonista dello spazio, al di là di immortalarsi di continuo, e a stimolarlo a riflessioni profonde. L’opera a tratti sembriamo noi, presi singolarmente nel nostro tempo (perso) a scattare selfie che ingolferanno i social per qualche settimana.
Fabrizio Ajello
In copertina: Olafur Eliasson, Firefly double–polyhedron sphere experiment, 2020, ©photoElaBialkowskaOKNOstudio