Interviste

NON ESSERE ADDOMESTICABILI: Alda Merini a teatro

Una conversazione con l’attrice Margherita Caravello che porta in scena a teatro l’indagine pubblica e intima di una Donna Poeta curiosa di se stessa: Alda Merini. Margherita ci è cascata dentro come un innamoramento e ha voluto fortemente condividere le sue ricerche con un pubblico sempre più vasto e vicino, dai social all’incontro dal vivo teatro. Il prossimo appuntamento dal vivo sarà Domenica 29 Maggio a Firenze al Teatro Le Laudi.

Laureata in Teatro e Arti performative a La Sapienza, si è formata per la scena nell’Accademia ArteSenzaTempo di Antonio Nobili. Attualmente si sta specializzando in Scienze Cognitive della Comunicazione a Roma Tre.
A cura di Maria Rita Montagnani 

MRM- Con lo spettacolo teatrale Indagine su Alda Merini: non fu mai una donna addomesticabile, tu e Giorgia Trasselli state offrendo al pubblico lo spirito fiammeggiante e l’afflato mistico di una grande poetessa che è stata ed è molto amata. Vuoi parlarcene?

MC- Innanzitutto vorrei ringraziarti per lo spazio che concedi a questa indagine, e per la curiosità generosa con cui mi inviti a riflettere e a scandagliare quel che mi muove. Questo spettacolo nasce dal libro omonimo, pubblicato lo scorso gennaio 2021 in piena pandemia e con un anno di teatri chiusi alle spalle. A trentatré anni ho lasciato “il posto fisso” per inseguire questa chimera, la stessa per la quale dieci anni prima ho lasciato la mia famiglia e la mia casa in Toscana per intraprendere questa avventura scriteriata, cavalcando vaghe aspirazioni sulla scia di quel poco che avevo visto e bramando al tempo stesso di calarmi tutta nel brivido che mi aveva generato.
Ho avuto la fortuna di incontrare Antonio Nobili, senza il quale nulla sarebbe stato.
Sono stata sua allieva e sua assistente anche se, a ben guardare, è lui che mi ha assistita, supportandomi oltre ogni mia incertezza, vedendo al di là di quel che ero quando ci siamo incontrati fin dalla prima volta. Sono passati dieci anni tondi, in cui abbiamo dato vita a talmente tante idee che a pensarci mi sembrano dieci volte tanti, ed è una gioia della quale gli sarò per sempre grata.


La nostra ultima prova è questa Indagine, in cui abbiamo scandagliato l’opera e la biografia di Alda Merini, con l’intento di sottolinearne le geniali distonie col suo tempo, tali da parlare ancora oggi ad un pubblico vasto e diverso per formazione, interessi, occupazione. La poetessa dei Navigli parla ancora a tutti, e a tu per tu con ciascuno con la sua sincerità disarmante, le sue vette di poesia e i suoi abissi di solitudine. Icona di una libertà conquistata a caro prezzo, Alda ancora può insegnarci tanto sul pregiudizio del normale, sulla condizione femminile sempre tesa tra l’autoaffermazione professionale e quella latente tentazione in perenne agguato di compiacere il branco. A cui apparteniamo o al quale ambiamo, fa poca differenza. Il fatto sta nell’ acquisire consapevolezza di sé. Se poi ci riuscisse anche di amare ciascuno sé stesso per quel che è, senza barricarsi dietro la scusa d’esser fatti in un certo modo ed ambendo, quindi, a navigarsi sempre più lontano, allora sarebbe davvero il mondo che vorrei.
Questo spettacolo è il nostro modo di seminare, siamo onorati di farlo con Giorgia, che presta voce e gesto e tempra indomita al personaggio e anche attraverso testimonianze rare e inedite che chi ha conosciuto prima Alda e poi noi ha affidato generosamente alle nostre mani.

MRM- Quale ritieni sia l’eredità culturale di Alda Merini e che traccia profonda ha lasciato dentro di te questo spettacolo sulla sua poesia?

MC- L’indagine copiosa che Alda Merini ha condotto su di sé come un ininterrotto flusso di coscienza mi è stata di grande esempio: io per prima mi sono specchiata e riconosciuta nelle sue paure, nelle arrabbiature, nei contrasti, nei dissesti e nelle rincorse più celesti. E adesso non vedo l’ora di condividere il più possibile questo regalo che per me è stato chiave utile per molte porte di dentro.

MRM- Il teatro è lo specchio della vita o è la vita stessa un teatro?

MC- Il teatro a mio avviso è vita densa, è bacino di raccolta di ogni tempesta, è l’incendio nel momento in cui divampa. La vita quotidiana non ne è sempre all’altezza, ma la nostra capacità di attenzione, lo sguardo pronto, il sentire aperto, sono responsabilità di ciascuno. Andrebbero trasmesse e coltivate con cura ogni giorno.

MRM- Cosa ti ha portato a recitare, la pienezza di una passione oppure una mancanza, un vuoto da colmare?

MC- Il vuoto, lo ammetto. Sentirlo traboccare, seppure per poco alla fine di ogni spettacolo è un’esperienza non solo inebriante ma soprattutto contagiosa. Una sinergia impalpabile, volubile, piena. È l’esplosione del vuoto che deflagra nel suo opposto.

MRM- Margherita, attualmente a che punto del percorso espressivo ti trovi?

MC- Agli albori del cammino, auspicando che non mi manchi mai la forza di tenere il passo.

MRM- cosa contribuisce a rendere maturo un attore, i successi e le conferme o piuttosto gli errori, i fallimenti, le “cadute”?

MC- L’esperienza degli uni e degli altri. Per prendere la misura di sé e superarsi.

MRM- Il teatro dei greci ruotava attorno al Fato, quello di Shakespeare ruotava attorno alla Follia, quello di oggi attorno a cosa si muove?

MC- Si divide intorno al Fus e ai reggiseni a balconcino. Posso dirlo? No, in verità, conosco personalmente innumerevoli realtà teatrali indipendenti e preziose, che ogni giorno si conquistano il proprio spazio. Non posso non pensare che sia la fronte brillante di fatica ad illuminarne l’estro, l’ingegno e la volontà. Di certo chi si ostina fuori dai circuiti ufficiali ha un’urgenza che, azzardo, si compone sia della capacità di dare nuovo senso a quel che accade intorno, sia di quel briciolo di follia che Alda stessa augurava a tutti in uno dei suoi più celebri aforismi: è lì che nasce l’alternativa allo stato delle cose, l’invenzione, la deterritorializzazione, la ricerca.

MRM- Se il Destino e la Follia sono due enti supremi, si possono considerare come due Necessità indispensabili al teatro?

MC- Non solo: non c’è destino e follia in Ulisse quando incalza i suoi con un lapidario “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza” in mezzo all’Oceano? È la metafora della fiamma perpetua, che pur bruciando non si consuma, anzi costruisce mondi, come ci fa notare Dante.

MRM- qual è la tua visione del mondo in riferimento alla vita  e alla morte?

MC- Temo la morte che ho visto riflessa in chi resta in vita e soccombe al dolore.

MRM- Dostoevskij diceva che la bellezza salverà il mondo ma forse non sarà possibile se il mondo non salverà prima la bellezza. Secondo te lo sta facendo?

MC- Credo fermamente nel potere d’azione del singolo e nelle responsabilità che derivano da ogni più piccolo gesto. Credo nel potere formativo dell’ esempio e nella condivisione delle buone pratiche.

MRM- La poesia è amore, universale come la musica. Poesia e amore che posto occupano nella tua vita?

MC- “Ciò che muove il sole e tutte le stelle del poeta è l’amore: la misura del suo male e la sua più intima consolazione insieme” cerco di riassumere nello spettacolo. Ed Alda Merini in questo è nuovamente esempio: al di là di ogni dolore quel che l’ha salvata, confida, è stato lo stupore, la capacità di rapportarsi al mondo con occhi capaci di incorruttibile meraviglia.

MRM- Paure, irrazionalità, incongruenze, si trovano spesso nelle grandi personalità. Tu ne hai? Dopotutto le fragilità sono l’altra faccia della forza…

MC- A bizzeffe! A strati, a fasi alterne e imperscrutabili. Le affronto, giorno dopo giorno, ed ogni volta che una di loro mi lascia, la ringrazio.

 

MRM- Cosa pensa Margherita della Caravello?

MC- Che ha un gran “faccia di tolla” come direbbe Alda. Mi sono esposta più di quanto immaginassi, mi auguro che le parti si supportino sempre a vicenda senza perdere mai di vista la radice. D’altronde dei più grandi ammiro la capacità di fare della propria biografia un capolavoro.

MRM-Tre parole per descrivere il tuo lavoro.

MC- Un omaggio innamorato

MRM- Si dice che la solitudine di un attore sia abissale, tanto che può contenere tutte le storie del mondo. Sei d’accordo?

MC- la solitudine è un vuoto che può farsi contenitore. D’altronde lo spirito di osservazione è solitario, eppure sempre presente a quel che accade. Ma non basta. Per me, essere sempre ricettivi alla vita è fonte della più alta ispirazione: ascoltare, guardare, cogliere e seguire un impulso sensoriale.

MRM- Quali grandi attori (scomparsi) hai amato di più? Hai avuto un modello a cui ti sei ispirata?

MC- Anna Magnani di certo è una delle attrici che più mi hanno affascinata. Il neorealismo e certi suoi ruoli così scomodi eppure portati con estrema naturalezza, la passionalità sgraziata e sublime del duende teorizzato da Federico Garcia Lorca, che da dentro graffia e fa danzare oltre il canone, mi hanno ammaliata più di ogni virtuosismo tecnico.

MRM- Cosa manca al teatro oggigiorno? Sicuramente sta attraversando un lungo periodo di crisi, come d’altronde altri àmbiti artistici…

MC- Forse una progettualità di avvicinamento del pubblico fin da giovanissimo. C’è una buona parte del nostro pubblico che afferma d’esser stato a teatro per la prima volta con noi. Questo ci onora e ne sentiamo la responsabilità: non c’è miglior primo approccio, a teatro come in amore, della cura per le persone. Il teatro è relazione e non può pretendere senza costruire la sua parte di ponte.

MRM- La tua visione del futuro (anche se non appare affatto rosea).

MC- Aro ogni giorno il campo, semino, auspico d’esser sempre più in buona compagnia.

MRM- la vita umana per la maggioranza degli uomini è una linea retta spezzata, ma per altri individui riesce a diventare un cerchio. Tu aspiri al cerchio?

MC- Non nel senso della perfezione, sarebbe frustrante o limitante, o tutt’e due. Ma nel circolo virtuoso, quello si.

MRM- Il tuo desiderio più grande.

MC- Essere maggioranza. O ricredermi in tempo per fare meglio.

MRM- E adesso per salutarci, fallo con una poesia che ami e che racchiuda la tua essenza.

MC- La presenza di Orfeo, di Alda Merini. C’è dentro tutto il suo percorso da fanciulla a donna e poeta, i suoi dubbi e i suoi slanci e quel che è più bello è che aveva presentito tutto e l’ha scritto, divinamente,  al suo esordio. Potente!

Non ti preparerò col mio mostrarmiti
ad una confidenza limitata,
ma perché nel toccarmi la tua mano
non abbia una memoria di presagi,
giacerò all’informe
fusa io stessa, sciolta dentro il buio,
per quanto possa, elaborata e viva,
ridivenire caos…
Orfeo novello, amico dell’assenza,
modulerai di nuovo dalla cetra
la figura nascente di me stessa.
Sarai alle soglie piano e divinante
di un mistero assoluto di silenzio,
ignorando i miei limiti di un tempo,
godrai il possesso della sola essenza.

Maria Rita Montagnani 

About the author

Maria Rita Montagnani

Critico e curatore d'arte indipendente. Da anni impegnata nella valorizzazione e nella diffusione dell'arte contemporanea nel territorio italiano, ha presentato numerose mostre, curando artisti in eventi nazionali e ha realizzato (in sedi pubbliche) progetti artistici e culturali di cui è anche autore.