Arte e Fotografia

Mercato della fotografia o mercato dei fotografi?

Mercato della fotografia o mercato dei fotografi? Partiamo da una distinzione. Il mercato della fotografia è un luogo nel quale si comprano e si vendono fotografie. Il mercato dei fotografi è invece un insieme di prodotti e servizi destinati ai fotografi, di cui i principali sono il materiale fotografico ed i corsi di formazione. Nel primo caso, gli acquisti sono effettuati da collezionisti e in generale da fruitori delle immagini fotografiche; nel secondo caso, dai fotografi o aspiranti tali.

La distinzione è importante ed è ben viva nella consapevolezza di coloro che ambiscono a fare della fotografia una professione, o un’arte. Proprio queste persone infatti alimentano il mercato dei fotografi nella speranza di accedere efficacemente al mercato della fotografia, cioè di riuscire vendere le proprie immagini ad un prezzo che remuneri lo sforzo e giustifichi l’investimento. Ma per capire se tale speranza sia fondata occorre domandarsi quali siano le prospettive del mercato della fotografia, quali le sue difficoltà e le sfide.

photo Patrizia Genovesi

Il mercato della fotografia si compone di segmenti molto diversi tra loro a seconda della finalità delle immagini: eventi (matrimoni, compleanni, cerimonie), servizi pubblicitari, illustrazione di libri o riviste, reportage giornalistici. Se le foto relative ad eventi continuano a trovare il proprio spazio, alimentato da una domanda che non conosce flessione, le altre categorie soffrono maggiormente. La moda di scattare fotografie unita alla proliferazione dei mezzi tecnici atti a farlo, a partire dai cellulari, provoca un’inflazione di immagini e ne deprime il valore. Perfino chi non abbia capacità tecniche specifiche è in grado di produrre immagini di una qualità accettabile per giornali e riviste, semplicemente utilizzando un cellulare. Anche per le foto pubblicitarie e di moda le attrezzature tecnologiche sono così evolute da rendere meno importante la capacità del fotografo. Il risultato è una spietata concorrenza che rende difficilissimo per il fotografo distinguersi dalla folla delle immagini “qualsiasi” e abbatte drammaticamente il valore economico del suo lavoro. Qualche cosa di simile accade per le foto di reportage, il cui interesse risiede non tanto nella qualità tecnica, quanto nel valore di testimonianza di un evento: quando giornali e riviste accedono a costi risibili a immagini di prima mano scattate con cellulari e diffuse via internet, perfino nei luoghi più disagiati del mondo, ancora una volta il lavoro del fotografo cessa di trovare un riconoscimento economico soddisfacente.

Le gallerie d’arte hanno cercato di cavalcare l’espansione della fotografia dando vita ad una proliferazione di mostre ed esposizioni. Scuole di fotografia e istituzioni varie hanno creato un vasto circuito di premi e festival, che attraggono un elevato numero di fotografi speranzosi di ottenere riconoscimento e visibilità. Nessuna di queste iniziative tuttavia ha alimentato un vero mercato delle immagini né generato un indotto economico significativo.

Questo passaggio ci conduce al segmento più “alto” del mercato: la fotografia d’arte.

I numeri dicono che nel 2017, a fronte di vendite di arte contemporanea per 2,7 miliardi di dollari nei soli Stati Uniti, le vendite di fotografie delle principali case d’asta di New York, Londra e Parigi messe insieme hanno raggiunto solo 40 milioni di dollari. La fotografia si presenta dunque come la cenerentola del mercato dell’arte. Inoltre le vendite si concentrano sulle stampe vintage di pochi grandi nomi del passato, come Ansel Adams, Man Ray, Richard Avedon: autori di fama indiscussa, presenti in primari spazi istituzionali, oggetto di pubblicazioni prestigiose, le cui opere hanno tirature limitate e controllabili. Gli scambi di fotografie contemporanee sono più rari e generano un volume di affari molto contenuto. Nel nostro paese in particolare gli scambi sono bassissimi.

Man Ray

Perché dunque la fotografia ha un appeal così scarso presso i collezionisti? La fotografia non è un’arte? O se lo è, perché tutta questa diffidenza?

Non c’è dubbio che la fotografia sia un’arte con dignità almeno paragonabile a quella di altri mezzi espressivi. Tuttavia quando si parla di investimenti essa presenta problemi specifici. Uno di questi è la riproducibilità: con la tecnologia digitale e la possibilità della diffusione via internet, controllare il numero delle riproduzioni esistenti di una qualsiasi immagine è sostanzialmente impossibile. Ciò rappresenta un grave deterrente per l’acquisto, poiché rende incerta ogni prospettiva di un incremento di valore dell’investimento. Questo aiuta anche a spiegare la preferenza dei collezionisti per grandi autori non più viventi, i cui negativi sono documentati e posti sotto il controllo di istituzioni dedicate.

L’altro grande problema è costituito dalla disponibilità generalizzata di attrezzature fotografiche sofisticate, a partire dai telefoni cellulari, in grado di produrre immagini accattivanti indipendentemente dall’abilità e dalla competenza tecnica dell’autore. Ciò si associa alla mancanza di veri critici esperti in grado di stabilire riconoscibili canoni di valore estetico per la fotografia. Ne deriva una grande proliferazione di immagini, spesso di scarso pregio, che tuttavia invadono esposizioni e giornali. Il risultato per il fotografo d’arte è un pubblico che si pone in competizione con lui e la totale perdita di quell’autorevolezza che ha sempre alimentato la figura dell’artista.

Patrizia Genovesi

Immagine in copertina: photo Patrizia Genovesi

About the author

Patrizia Genovesi

Patrizia Genovesi è docente, fotografa e videoartista. Ha studiato Fotografia con autori come Leonard Freed, Richard Kalvar, Attar Abbas, Moises Saman; ha studiato Sceneggiatura cinematografica e regia teatrale con Mario Monicelli, Domenico Starnone e Renzo Casali. Impegnata nella produzione e nella didattica, è docente della Libera Università del Cinema di Roma e membro di Officine Fotografiche.

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