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MEMEnto n. 6 | {i gatti scompaiono}

Estetica della morte, da Pelé a Ratzinger ai gatti

I gatti scompaiono, quando arriva il momento.

Non muoiono, se non accidentalmente, davanti agli occhi delle persone. Sentono che l’istante finale sta per giungere e si allontanano, vanno a morire in solitaria, senza sguardi indiscreti.

Una sorta di sublimazione estetica della morte.

“Non vi farò vedere le mie membra inteccherite in prossimità di decomposizione. La commedia è finita, chiuderò il sipario senza che possiate trovarmi all’uscita di sicurezza. Ricordate il mio aspetto terreno, la fessura degli occhi in procinto di un agguato. La coda alta, il serpeggiare sinuoso per accarezzarvi le gambe. Il confortevole brusio delle mie fusa. Non saprete mai se sono morto oppure no. Mi faccio di nebbia. Mi incammino, da solo, per l’ultima volta”.

I gatti sanno insegnarti la bellezza della solitudine.

Si muore da soli.

È così.

Invece, recentemente, a cavallo tra vecchio e nuovo anno, abbiamo assistito a due emblematiche ostentazioni di corpi defunti: del mito del calcio Pelé e del papa emerito Joseph Ratzinger.

Per giorni, processioni di devoti per vedere un’ultima volta le membra che sempre più si ritraevano dentro le bare. Per l’ex papa un po’ più di contegno, per Pelé invece la folla era oltremodo ‘tattile’. Chiunque passasse vicino al suo cadavere voleva anche toccarlo, accarezzargli il viso, come in un rituale portafortuna.

Tante volte ci lamentiamo di quanto poco spazio la nostra società occidentale lasci alla morte. Però, anche questa sua grottesca celebrazione lascia un po’ interdetti.

Onoriamo la morte, il trapasso in una dimensione a noi ignota. Ma impariamo dal regno felino la delicatezza e la sacralità del momento. Mausolei, cimiteri, altari e simulacri, d’accordo. Evitiamo però la feticista incursione verso un corpo che si sta solo decomponendo e che in sé non rappresenta più niente.

Perché «c’è troppo nero nel fondo» e c’è bisogno di rispetto.

Allora lasciamoci con il finale di una poesia dello scienziato e scrittore francese Charles Cros (1842-1888), da cui questa frase è tratta:

«Di fronte alla morte che minaccia tutti,
Gatti e persone, il tuo fiuto, più sottile
Del nostro sapere, ti dice
Dove va la bellezza che scompare,

Dove va il pensiero, dove se ne vanno
I defunti splendori della carne?…
Gatta, distogli le tue pupille;
C’è troppo nero nel fondo.»

Rifletteteci (!)

{tra parentesi graffe, sempre}

Alessandra De Bianchi

*[versione video dell’articolo]:

About the author

Alessandra De Bianchi

Classe 1984, due figli maschi, un gatto, un marito e una laurea magistrale in Filosofia. Lavoro: scrittura e correzione testi su commissione come libera professionista, per chiunque ne abbia bisogno. In passato: galleria d’arte, casa editrice e ufficio stampa, collaborazioni come editor, organizzazione eventi e partecipazione come autrice al romanzo In territorio nemico, minimum fax 2013.