Per la sua quindicesima copertina, Memecult ospita i lavori senza tempo di Alessandro Gioiello.
Collage di opere d’arte danno vita a un incontro tra epoche diverse e opere diverse; creano insieme una terza opera, nuova e contemporanea. Inserti di altri dipinti, di solito paesaggi, luoghi, sostituiscono la figura umana, pezzi di paesaggio o di cielo. Ne nasce una nuova composizione: la rivelazione dell’ambiente nascosto da un volto; la rappresentazione di un non luogo o, se vogliamo, un super luogo che riunisce più luoghi e più tempi. Lavori armoniosi e surreali che, come in un sogno, racchiudono mondi diversi lasciandoci in dono una nuova chiave di lettura delle opere, un suggerimento per nuove interpretazioni.
Alessandro Gioiello, classe ’82, vive e lavora a Rocconigi. Ha sempre studiato arte, è stato tutor presso l’Accademia di Belle Arti di Brera. Ha partecipato a numerose mostre collettive; un suo lavoro è entrato a far parte della collezione Unicredit Private Banking. Nel 2011 è invitato alla 54° Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia e nello stesso anno è Artista finalista al Premio Cairo 11; nel 2012 espone al 63° Premio Michetti.
Abbiamo chiesto ad Alessandro Gioiello alcune curiosità circa i suoi lavori:
I tuoi sono collage di opere d’arte del passato; come dialogano tra loro le epoche e le opere che scegli per i tuoi collage?
A.G: Tutte le opere d’arte vivono in un tempo eternamente presente. Il nostro sguardo, la nostra capacità di lettura e la nostra formazione culturale, nel senso più ampio del termine, hanno il potere di attribuire loro più o meno storia e storie. Non credo che le immagini, in generale, in arte come in natura, necessariamente siano concepite per dialogare. Penso agli elementi presenti in un’immagine come agli elementi presenti in natura, elementi che coesistono in silenzio la cui bellezza è insita nel mistero della loro origine.
Sei nato negli anni ‘80 e cresciuto nei ‘90/inizio Duemila: quali sono le ispirazioni che hanno maggiormente influenzato la tua arte?
A.G.: Il termine ispirazione ha a che fare più che altro con il mondo del divino, del soprannaturale. Penso che il lavoro di ogni artista sia intriso, più o meno consapevolmente, di qualsiasi elemento che entri a far parte del proprio quotidiano e che sia guidato da una forte volontà “terrena”. Ci si dimentica sistematicamente di ciò che si è finché un lavoro ultimato offre un indizio che riconduce, spesso per metafore, a noi stessi. All’inizio degli anni Duemila frequentavo l’Accademia di Belle Arti di Torino, una città fortemente caratterizzata culturalmente, allora nel pieno delle proprie forze. Difficile dire cosa abbia maggiormente influenzato la mia visione. Le tante mostre visitate, i compagni di viaggio, gli errori commessi, i libri letti e quelli non ancora aperti? Penso i veri anni Duemila siano iniziati ora ed io ho la sensazione di essere in pieno mare aperto.
Non siamo riusciti a trovarti su Instagram e a mala pena ti si vede nel mondo social; una scelta deliberata e pensata o semplice noncuranza?
A.G.: Il corpo di ogni opera, la “tattilità visiva” che la connota e caratterizza e l’esperienza della diretta contemplazione difficilmente possono essere replicati su schermo. Detto questo, il mondo social sono sicuro che possa offrire visibilità e aprire canali che fino a pochi anni fa erano difficilmente immaginabili, anche se impone una struttura di visione e condivisione uniformante. Allo stesso tempo penso che il lavoro della diffusione delle immagini sia di competenza di addetti specializzati del settore. L’horror vacui che pervade la rete digitale lo vivo purtroppo come un rumore bianco a cui non riesco totalmente ad adattarmi, preferisco quindi dedicarmi innanzitutto alla silenziosa e lenta produzione delle immagini.
Grazie.
A questo link è possibile vedere queste e altre opere di Alessandro Gioiello.
Sandra Branca





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