Arte e Fotografia

Matteo Basilè | Lumen et umbra

Un mondo parallelo, quello di Matteo Basilé, fatto di bellezza e armonia, ma anche di bruttezza e caos; un grande codice contemporaneo, un universo iconografico nuovo, che sta a metà tra manierismo tecnologico e un nuovo surrealismo.

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Esplorando le nature dell’essere umano, Matteo Basilè sviluppa il suo racconto dividendo il suo lavoro in capitoli: The saints are coming (2007), Thisoriented (2009), Thishumanity (2010), Landing (2012), Unseen (2014). Si tratta di una serie di passaggi indipendenti in cui l’artista analizza e negozia la sua percezione dell’esistenza. E la mostra fiorentina, allestita alla galleria ZetaEffe di Firenze e curata da Sonia Zampini, presenta una selezione di fotografie di grande formato in riferimento a quattro diversi cicli tematici: Thishumanity, Landing, Unseen e i recenti scatti che compongono l’ultima serie di opere inedite Lumen et Umbra del 2016, esposte per la prima volta in anteprima nell’omonima mostra alla Galleria ZetaEffe.

Tra i primi in Italia a usare il digitale, unendo arte e tecnologia, Basilé, nato nel 1974 a Roma dove vive e lavora, si può senz’altro considerare un protagonista della giovane scena artistica italiana. Nasce come grafitista nei primi anni ’90, dirottando presto i suoi interessi verso la fotografia, reinventando in chiave assolutamente personale l’idea del ritratto.

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La luce è al centro della sua colta ricerca artistica, come spiega nel catalogo Sonia Zampini: “Nelle opere la formulazione di una grammatica visionaria del reale è accompagnata dalle variazioni dell’uso della luce: essa appare a connotare il buio (come nel ciclo di UNSEEN), oppure si manifesta scura e diffusa, come fosse il riflesso della terra che si racconta attraverso le gesta umane che accoglie (come nel ciclo THISHUMANITY), fino a quando la luce arriva a perimetrare il confine tra le ragioni del sognatore e lo spazio del sogno (come nel ciclo LANDING), per poi tornare ad essere condizione feconda, bianca presenza che con la sua voce silente accoglie, come prossima partoriente, proposizioni nascenti (come ritroviamo nell’ultima serie di fotografie dal titolo Lumen et Umbra)”.

Le opere esposte in mostra, che saranno visibili fino al 29 febbraio, raccontano storie di uomini, tutti anti eroi senza tempo, ritratti minuziosi senza connotazioni temporali, che ci rimandano alla storia classica e contemporaneamente trasmettono lo spirito del nostro tempo.

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Legato ad artisti come Caravaggio, per il modo come riesce a far uscire i personaggi dall’oscurità, per la prepotenza con cui rende l’apparire dei soggetti dal buio, ma anche per l’uso del colore, una sorta di bianco e nero colorato in un secondo tempo. I rossi potenti, i diversi colori dell’argilla, ma anche i blu che lui definisce ‘blu tempesta’, rendono uno spirito palpitante e dirompente. E’ anche affascinato dalla meticolosità dell’arte dei primitivi fiamminghi, dalla grande scenografia del barocco romano, dalle mostruosità di Velasquez e dalle varietà grottesche di Goya, arrivando a costruire immagini oniriche, altamente spirituali, eleganti e sensuali.

E’ un fotografo puro Basilè, con una straordinaria capacità di conciliare idee opposte come il bello e il grottesco, il reale e il surreale, il naturale e l’artificiale. La sua ricerca si manifesta come un dialogo continuo tra oriente e occidente, tra tradizione e modernità, tra sacro e profano. Il suo glossario si basa sui segni e i valori multiculturali, raggiungendo visivamente un linguaggio totalitario, in cui il sogno non è più il soggetto della foto, ma incarna una narrazione del tutto riconoscibile, senza limiti. Mentre formalmente i suoi lavori cancellano l’antagonismo tra l’immaginario e il reale, innescando un complesso sistema individuale di emozioni. I viaggi onirici dell’artista ci guidano infatti verso diversi piani di comprensione, sia sensoriali che intellettuali. La sua collezione di volti e di corpi ci racconta la storia di un’umanità fatta di donne, bambini, uomini, vecchi, martiri, santi e folli, icone pure e assolute, che vengono catapultate dall’immaginario dell’artista, costituito dalla fusione di pittura, scultura, cinema, architettura, fotografia, ma anche scrittura, suono e spazio scenico.

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Matteo Basilè, che ha esposto in molti tra i più significativi contesti italiani e internazionali, pur essendo un giovane artista ha già un percorso segnato da traguardi di grande interesse. E’ stato vincitore nel 2002 del Premio New York; del 2007 è la prima personale in un’istituzione italiana, il Mart di Rovereto, e nel 2009 è tra gli artisti selezionati per il Padiglione Italia della 53° Edizione della Biennale di Venezia. La Galleria Pack di Milano ha poi presentato nel 2010 Thishumanity, che si ispira a uno dei più grandi capolavori del tardo gotico fiorentino, La Battaglia di San Romano di Paolo Uccello (1397-1475). Il celebre trittico fu commissionato all’artista fiorentino nel 1438 dalla famiglia Bartolini Salimbeni per commemorare la vittoria dei fiorentini sulle truppe senesi alleate a quelle milanesi del 1 aprile 1432. Nei dipinti di Paolo Uccello tutto risulta essere immobile, pronto all’atto finale. È questo ‘fermo immagine’, suddiviso in tre scansioni temporali, che ha spinto Basilé a creare lo scatto successivo, lo scontro fisico tra popoli ed eserciti immaginari. Paolo Uccello nella sua opera sperimenta per la prima volta tecniche prospettiche rivoluzionarie per l’epoca, che creano visioni multiple all’interno della stessa scena.

Le tre parti di Basilé sono costruite con le stesse regole prospettiche del pittore quattrocentesco, ma realizzate attraverso tecniche fotografiche digitali di post produzione. Fedele alla sua cifra espressiva, Basilé ha realizzato un’epopea solo al femminile, che raccoglie storie e identità di donne pronte alla lotta per l’indipendenza e per la propria affermazione. Una battaglia purificatrice, nella quale donne di razze e storie differenti si affrontano fino all’ultimo sangue.

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Un mondo parallelo dunque quello di Matteo Basilé, fatto di bellezza e armonia, ma anche di bruttezza e caos, un grande codice contemporaneo, un universo iconografico nuovo, che sta a metà tra manierismo tecnologico e un nuovo surrealismo, dove realtà e finzione si sovrappongono nella creazione di un rinnovato immaginario collettivo, che ci attira e ci cattura. L’arte di Basilé a un primo impatto è si drammatica e piena di pathos, ma ha sempre un lieto fino. La sua responsabilità di artista è caratterizzata infatti dal suo essere un pò sciamano, colui cioè che è in grado di tradurre il senso della vita a noi comuni mortali.

Cecilia Barbieri

 

 

 

About the author

Cecilia Barbieri

Nata a Firenze, dove vive e lavora, ha conseguito la Laurea in Storia dell’Arte all’Università di Firenze. Ha lavorato nell’organizzazione di mostre ed eventi e ha curato nel corso degli anni diverse pubblicazioni di Storia dell’Arte e di Storia del territorio. Giornalista pubblicista collabora costantemente come freelance con diverse testate di settore.

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