Se non ti piacciono i batteri, sei sul pianeta sbagliato.
Stewart Brand
Dove c’è lo sporco c’è il sistema.
Mary Douglas – Purezza e pericolo
Torna l’inverno, tornano i virus. Ciclicamente esplodono e dilagano. Arrivano, improvvisando. Adattabili, silenziosi, mutanti.
Viaggiano i viandanti, viaggiano i perdenti, più adatti ai mutamenti…
Giovanni Lindo Ferretti cantava così ed in effetti con la permeabilità dei confini e la riduzione delle distanze il virale è inevitabile. La parola virus proviene dal latino vis=essere attivo, operare alacremente, assalire, ma ha radici lontane, come il sanscrito vis-as=veleno. Sempre dal dizionario etimologico risulta un’interessante dicitura: umor naturale animale e l’usano i medici a indicare Umori animali, per cui si trasmettono le malattie contagiose,…sin dall’antichità la diffusione dei virus ha una natura relazionale che connette gli animali agli esseri umani. D’altronde il morbo della mucca pazza (BSA), l’influenza suina (Virus H1N1), l’aviaria (H5N1), il recente coronavirus (covid 19) segnalano proprio questa stretta connessione con animali familiari e talvolta interconnessi con le nostre abitudini alimentari.

Pensiamo al lupo e al caprone dei Lupercalia romani, originariamente rituali arcaici connessi a una sterilità diffusa delle donne dell’Urbe appena fondata. Si trattava in effetti di una festività di purificazione, in onore del dio Luperco (Fauno) e della famosa lupa della leggenda di Romolo e Remo. Il mese in cui venivano celebrati era proprio febbraio, periodo che precedeva la fine dell’anno. Febbraio, che in effetti proviene da fe-bruo, ossia purificare, era un’occasione unica per il popolo romano che si riappropriava della sua parte più ancestrale e animale. I giovani sacerdoti coperti sommariamente con pelli di animali sacrificati e mascherati in volto dal fango, venivano divisi in squadre e dovevano correre attraverso il bosco sacro a Giunone per raggiungere l’Esquilinio, dove avrebbero intonato preghiere e suppliche per la fertilità e la fortuna del nuovo anno.

Il rito di purificazione in questione era complesso e cruento. Infatti il ventre delle donne veniva percosso con lembi di pelle degli animali sacrificati, per “risvegliare” la fertilità, così come i nuovi adepti venivano segnati sulla fronte con un coltello intriso di sangue e ripulito con il vello del caprone umido di latte.
È stato un tempo il mondo giovane e forte
Odorante di sangue fertile
Dimora della carne, riserva di calore
Sapore e familiare odore
Il nostro mondo è adesso debole e vecchio
Puzza il sangue versato è infetto
C.S.I., Del Mondo
Il sangue versato simbolicamente rappresentava la morte come il latte che deterge simboleggiava la rinascita. Così nel contatto tra animale ed essere umano, nel divenire una sola entità, venivano ricomposti gli equilibri di un universo ancestrale e interconnesso. Il male è nel mondo. Il male è del mondo in quanto organismo. Le pestilenze del passato sono state segnali indicativi di mutamenti epocali. La peste nera medievale ad esempio (1280 – 1350 .ca) è uno degli eventi più catastrofici che l’essere umano abbia dovuto affrontare con un numero di vittime stimate tra i 75 e i 200 milioni in tutto il pianeta. Guarda caso, il contagio partì proprio dal Qinghai, altopiano cinese, per scoppiare nel primo grande focolaio a Wuhan e diffondersi poi in Asia, Europa e Africa. Corsi e ricorsi storici.

Siamo esseri virali, oltre ad essere figli delle stelle? Il pensiero stesso lo è. Il sapere, l’ignoranza, il piacere, la moda lo sono a loro modo, in fondo parliamo di contagio, di relazioni. Contigere indica in latino, sia la trasmissione di una malattia infettiva, sia psicologicamente il diffondersi di un’idea, di una convinzione, di un sentimento o di uno stato d’animo. Il virus è concettualmente a pensarci bene sempre in anticipo. Lavora e si sviluppa sottotraccia, silenziosamente si propaga e impone ad un certo punto un corpo a corpo, ma anche un altro necessario punto di vista, un “modo differente di”. Alla fine risulta anche un’occasione.
Tutto ciò che agisce è una crudeltà.
A. Artaud

Crudele non è soltanto tutto ciò che agisce ma anche e soprattutto ciò che agisce nell’ombra, all’insaputa. Il male si nutre del male, della paura, del dolore. Come il Cuco della tradizione ispanica che s’impossessa dei personaggi della nuova serie targata HBO The Outsider, tratta da un romanzo di Stephen King. Un’entità delle tenebre che spinge i suoi ospiti a commettere atroci delitti. Anomalia impercettibile, il virus che affetta gli abitanti di Cherokee City in Georgia, pian piano ne deforma i lineamenti, ne altera il carattere, attua una forma di degradazione propria delle situazioni di malessere. Cosa vuole questo uomo nero virale? Vuole solo quello che cercano tutti gli esseri viventi, sopravvivere…così risponde al detective Ralph Anderson, l’investigatrice privata e sensitiva Holly. Mietendo vittime, rovinando equilibri familiari, portando dolore e seminando caos, in fin dei conti il virus vuole solo mantenersi in vita, adottando tutte le strategie possibili per non soccombere.

La parola virus ricade nello spettro del dis-ordine della relazione e della medialità. Disordine interiore, disordine vitale. Per cui a volte l’anomalia è il terreno fertile della creazione, della coincidenza con l’alterità. Proprio così, nel tentativo di rappresentarla emergono i nostri caratteri più ferini, più arcaici. Alcune opere del pittore , definito naif, Antonio Ligabue potrebbero essere un fulgido esempio. La fauna, gli insetti, gli scheletri umani raffigurati dall’artista svizzero, spesso insieme, in scene di predazione e lotta, sono incarnazione di un perenne stato di tensione per la sopravvivenza. Ligabue era solito aggirarsi per le sponde del Po, portando con sé uno specchio per richiamare creature selvatiche, con versi, gorgheggi e movenze “sciamaniche”.

…l’animale è preda e guida. Inseguendo l’animale, con lo sguardo che tenta di fissarsi su un unico punto, il cacciatore non si accorge che intanto sta inoltrandosi nell’ignoto.
Così scrive Roberto Calasso ne Il cacciatore celeste, ed è proprio nello stesso smarrimento che l’artista, così prossimo al piano selvatico, diviene un reietto, un appestato in balia di uno stato indefinito e imbarazzante, oltre che spaventoso. Rovesciato nella sua patologia passa da malsano a untore ai margini dello status sociale. Il virus in verità siamo proprio noi.
Fabrizio Ajello
In copertina: un’immagine tratta del film Il demone sotto la pelle di David Cronenberg – 1975
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