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L’Universal Hip Hop Museum | Storia di una cultura

Oggi più che mai la cultura Hip Hop è libera dal ghetto ed è di tutti, pur essendo nata come una cultura underground.

Per il 2022 è prevista l’apertura ufficiale dell’Universal Hip Hop Museum, nel Bronx (distretto di NYC a nord di Manhatthan, USA) luogo di nascita di questo movimento. Il progetto museale è l’ennesima conferma, forse ad oggi la più recente, della potenza della condivisione culturale che ha caratterizzato gli ultimi anni.

L’Hip Hop, in origine, era la forma di espressione di una minoranza sociale, quella dei neri americani. Infatti l’Hip Hop era la diretta reazione alla dura vita del Bronx negli anni ’70 e prende le sue mosse dal fenomeno del “block party”, ovvero la festa di quartiere (si dice che il primo block party venne organizzato da Kool Herc l’11 agosto 1973).

Originariamente l’attenzione era tutta concentrata sulla musica e i primi DJ, come Kool Herc e Grandmaster Flash, iniziarono a sperimentare nuove tecniche musicali emergenti in quegli anni, ad esempio lo scratch ed il loop, mixando le tracce di dischi funk e soul, in cui affonda le radici la musica Hip Hop. Nasceranno solo in un secondo momento gli MC (Masters of Cerimonies) ovvero quelli che oggi sono conosciuti come Rapper, che scrivono in rima, cantando a suon di beat.

In quegli anni l’Hip Hop era tutto quello che il Bronx aveva a disposizione per esprimere la propria energia e si andò a fondere con altri movimenti culturali come la break dance ed i graffiti. Solo alla fine degli anni ’70 l’Hip Hop inizia ad uscire dal Bronx, arrivando prima a Manhattan, poi a Los Angeles e poi in tutta l’America. Tra gli anni ’80 e gli anni ’90 si innesca un’espansione mondiale. L’Hip Hop diventa infatti in una manciata di anni una delle culture contemporanee più importanti di sempre.

Era difficile che un bianco riuscisse a sfondare in un contesto storico del genere, prima che arrivasse Eminem: primo rapper bianco riconosciuto dai suoi colleghi, ha scalato le classifiche della musica Hip Hop a metà degli anni ’90. Questo sarebbe potuto diventare un problema per i rapper afro americani, che temevano lo scontro con il “ragazzo bianco”. Ma quando Dr. Dre gli propose un contratto discografico nel 1997, Eminem si guadagnò il rispetto, confermando il fatto che l’Hip Hop, senza rinnegare la sua provenienza, è oggi una cultura di condivisione, al di là di qualsiasi caratterizzazione di genere.

Varcati questi confini geografici, si iniziarono a trattare temi che andarono oltre i dissing e le battle rap, manifestando grande impegno e interesse per questioni di razzismo e disuguaglianza sociale. D’altronde il Bronx di tutto questo ne sa parecchio. I rapper per molto tempo si sono portati con sé i rancori del ghetto (come ci ricordano Tupac e Notorius B.I.G.), ma dopo aver raggiunto l’apertura mondiale, l’Hip Hop è andato a incontrarsi con la realtà delle metropoli di altri paesi.

L’Universal Hip Hop Museum, esterno

Non stupisce il fatto che sia nata la necessità di compiere un’operazione di musealizzazione. Tale operazione si può dire realizzata grazie all’apertura imminente, nel 2022, dell’Universal Hip Hop Museum (che fa parte del progetto “Bronx point“) proprio nel Bronx, terra nativa di questa cultura, sulle rive del fiume Harlem. Questo progetto è stato possibile grazie ai lungimiranti fondatori come Rocky Bucano, Kurtis Blow, Shawn LG Thomas, Mickey Bentson, Joe Conzo Jr, Grandwizzard Theodore (da molti considerato l’inventore dello scratch), con il grande contributo del Consiglio di amministrazione di Regents dello Stato di New York.

Il sentimento di conservazione che è nato nei confronti di questa cultura, è forse uno dei traguardi più importanti. Significa non perdere la memoria di quello che è stato. Anche perché l’Hip Hop di oggi non è certo quello di 20 o 30 anni fa (fatta eccezione per alcuni tradizionalisti). L’UHHM racconterà il passato glorioso dell’Hip Hop, invitando il visitatore ad entrare nel suo futuro, tramite un viaggio nella sua storia che parte dalle influenze musicali delle comunità tribali africane, passando per i primi artisti soul e jazz degli anni ’50 e ’60, fino al suo espansionismo.

Questo percorso avverrà attraverso l’ausilio di mezzi tecnologici e con l’esposizione di veri e propri reperti storici dell’Hip Hop: artefatti, registrazioni, film, opere d’arte, documenti storici, fotografie, riviste, cimeli e musica; che finalmente avranno una casa permanente.

L’intento è quello di conservare la memoria, ma anche di coinvolgere e rivitalizzare la comunità locale e diversificata, creando un legame indissolubile tra storia, spazio aperto e comunità, legame che è proprio di questa cultura. Infatti il museo offre non, solo mostre, ma anche esibizioni e concerti dal vivo, proiezioni di film, servizi educativi, seminari e laboratori dimostrativi. L’UHHM si è dedicato anche alla creazione di una piattaforma digitale, in modo che anche chi non potrà toccare con mano, avrà la possibilità di venire a conoscenza di questo patrimonio virtualmente, in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo. Questo museo ha adottato una politica inclusiva, stringendo partenariati con importanti istituti di istruzione superiore e organizzazioni no profit (come la Cornell University, il Future Project, la High School of Recording Arts e la Lalabela Academy) con l’obiettivo di supportare tutti gli studenti che decidono di intraprendere una carriera artistica. Accetta curriculum, donazioni e invita tutti coloro che sono interessati a diventare membri aziendali dell’UHHM.

 

State pronti, perché finalmente il Bronx avrà il riscatto che merita. E se in passato l’Hip Hop è stato la conseguenza sociale di ciò che si viveva nel Bronx degli anni ’70, oggi l’Universal Hip Hop Museum è la conseguenza di una importante consapevolezza: l’Hip Hop è cultura, l’Hip Hop è storia.

Veronica Benanti

In copertina:  Kool Herc e i suoi compagni, durante il block party del ‘73

About the author

Veronica Benanti

Iscritta al corso di studi Storico-Artistici presso la facoltà di Lettere e Filosofia dell'università "La Sapienza" di Roma. Coltiva la passione per la storia e per ogni tipo di espressione artistica, in particolare per la scrittura, le arti figurative e la danza.

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