Arte e Fotografia

Leonardo Ricci a Firenze

Finalmente a Firenze una mostra monografica che celebra il genio dell’architetto Leonardo Ricci. Fino al 26 maggio 2019 è da segnalare infatti presso l’Ex-refettorio di Santa Maria Novella, la bella mostra realizzata a conclusione delle celebrazioni per il centenario dalla nascita dell’architetto Leonardo Ricci (Roma 1918-Venezia 1994), personalità di spicco, poliedrico architetto, pittore, filosofo esistenzialista, autore di opere significative nella ricerca architettonica italiana del secondo dopoguerra, ma purtroppo poco presente nei manuali di storia dell’architettura.

L’8 giugno 2018 si teneva sempre a Firenze la conferenza di apertura delle celebrazioni del centenario della sua nascita, che culminano proprio con questa mostra intitolata: “Leonardo Ricci 100. Scrittura, pittura e architettura: 100 note a margine dell’Anonimo del XX secolo”, curata da Maria Clara Ghia, Ugo Dattilo e dalla nipote Clementina Ricci

Realizzata in una strepitosa location, divisa in sedici sezioni, l’esposizione fiorentina propone un percorso che intreccia le trame delle diverse discipline praticate da Ricci, mostrando la straordinaria apertura del suo pensiero. In mostra schizzi, disegni, quadri dal forte impatto materico, composizioni in mosaico, fotografie d’epoca e modelli architettonici, in un collage che permette di fare luce su aspetti del lavoro di Ricci non ancora indagati.  Documenti video e brani di riviste contribuiscono alla lettura di un messaggio poliedrico, tradotto dallo stesso Ricci anche attraverso la forma scritta. A guidare il visitatore lungo il percorso della mostra sono alcuni stralci dall’ Anonimo del XX Secolo, il libro che egli scrisse nel 1957 negli Stati Uniti. “Non un libro dotto per specializzati – scriveva Ricci – ma aperto a tutti”. “Il mio desiderio era quello di trattare alcuni argomenti strettamente connessi alla mia sfera di attività, che si svolge principalmente nel campo dell’urbanistica e dell’architettura, ma in maniera non specifica”.

I moltissimi materiali d’archivio, provenienti dello CSAC di Parma, insieme ai lavori inediti conservati nella casa-studio di Monterinaldi, riflettono così le influenze della formazione fiorentina, tra la lezione di Giovanni Michelucci e l’Astrattismo Classico, ma anche del periodo parigino, in cui Ricci frequentava Albert Camus, Jean Paul Sartre e Le Corbusier, per poi culminare con l’esperienza americana. Il risultato è uno stupefacente quadro della ricchezza della ricerca teorica, della produzione artistica e dell’attività progettuale di Leonardo Ricci. Questo approccio si traduce in un itinerario di visita particolare, pensato appositamente dallo studio Eutropia Architettura, che accosta realizzazioni profondamente diverse, con un processo che Ricci definisce “logico”.

Leonardo Ricci è stato a lungo dimenticato, mentre oggi per fortuna, anche grazie a tutte le iniziative che durante questo anno il Comintato Ricci100 è riuscito a mettere in atto, è considerato a tutti gli effetti uno dei personaggi chiave dell’architettura moderna fiorentina.

Di origine franco-svizzera e di educazione valdese, Leonardo, probabilmente influenzato dal mestiere del padre ingegnere, dimostra fin da ragazzo una profonda vocazione
verso le arti. Dopo il trasferimento da Roma a Torino, Ricci approda a Venezia e a Padova, dove espone per la prima volta come pittore neppure ventenne, per poi nel 1936, iscriversi alla Facoltà di Architettura di Firenze, dove conobbe Giovanni Michelucci, di cui fu allievo e successivamente anche assistente e collaboratore. Nello studio di Michelucci sono riuniti i giovani più promettenti della cosiddetta Scuola fiorentina, fra i quali Leonardo Savioli, Edoardo Detti e Giuseppe Giorgio Gori. Ma i primi progetti del gruppo sono interrotti dalla Seconda guerra mondiale e Ricci, sottotenente di complemento del genio dal 1939, combatte al fronte in Sicilia. Di nuovo a Firenze nel 1944 Ricci apre il suo studio professionale con Savioli e Gori e partecipa ai concorsi per la ricostruzione dei ponti fiorentini e delle zone distrutte del centro, inserendosi nel dibattito contro la ricostruzione “com’era dov’era” sostenuta da Bernard Berenson, e appoggiando le tesi michelucciane,
che intendevano al contrario le ferite della città come nuove occasioni, luoghi da cui far partire il rinnovamento.

Senza dubbio Ricci è stato un architetto, un pittore e un insegnante che ha vissuto in prima persona la responsabilità sociale del proprio lavoro e che, animato da una forte urgenza comunicativa, ha infine sperimentato la scrittura come ulteriore mezzo per esprimere il proprio pensiero. Pubblicato negli Stati Uniti nel 1962 e in Italia nel 1965, Anonimo del XX secolo è un libro dal carattere fortemente autobiografico, che porta al centro del pensiero architettonico concetti come la felicità dell’uomo e la “verità”; contiene non solo il pensiero di Ricci sull’architettura e sull’urbanistica, ma anche la sua personale visione del mondo e dell’esistenza, tutti argomenti che egli considerava necessariamente collegati fra loro. Per lui infatti: “Fare dell’architettura vuol dire far vivere la gente in un modo piuttosto che in un altro”.

Nella carriera di Leonardo Ricci si possono distinguere diverse fasi. La prima nel 1946, con la prima commissione importante rappresentata dal Centro Ecumenico di Agàpe a Prali (1947-1951) per la Chiesa valdese, portata a termine da Giovanni Klaus Koenig. Questa avventura di condivisione segnerà fortemente le più importanti scelte architettoniche del periodo successivo. Il complesso, realizzato con materiali locali e con chiari riferimenti alla tradizione edilizia piemontese, è espressione perfetta del neorealismo architettonico e del contestualismo. Influenzato dal Centro di Prali, è il Villaggio di Monterinaldi presso Firenze (1949-1961), insediamento formato da quindici abitazioni che, realizzate senza un piano complessivo, sembrano generate dalla terra stessa, per l’impiego del materiale lapideo, cavato direttamente dal sito, al quale fa da contrappunto l’intonaco bianco delle superfici. Il risultato è un capolavoro del neorealismo italiano declinato con l’organicismo wrightiano. A metà degli anni Cinquanta c’è la svolta espressionista-organicista con Villa Balmain all’Isola d’Elba (1958), la quale ha un aspetto decisamente plastico e dinamico. Dalle rotondità balmaniane, combinate con gli stilemi dell’esperienza del Villaggio di Monterinaldi e con i riferimenti al barocco siciliano, nasce l’esperimento sociale del Villaggio sul Monte degli Ulivi a Riesi (1963-1967) per la comunità valdese siciliana, che, anche senza la realizzazione della chiesa, si presenta come una potente archiscultura, contenente uno spazio sacro ancestrale e primordiale. Gli anni Sessanta poi sono quelli del brutalismo e delle macrostrutture, con la realizzazione a Sorgane (Firenze, 1962-1968) della cosiddetta “Nave”, un edificio lungo 260 metri, contenente abitazioni per 1500 persone, negozi e uffici. Gli anni Settanta continuano con le macrostrutture e con l’adozione di una metodologia ipermorfologica. Come esempio di questa fase è il Palazzo di Giustizia di Savona (1977-1981), una porzione di megastruttura i cui stilemi si ritrovano nel Palazzo di Giustizia di Firenze (1988) che, realizzato postumo (2000-2012), è stato ingigantito e modificato, con la conseguente reazione di polemiche e malumori. L’opera, totalmente incompresa e sbagliata per il mancato rispetto del progetto originale, oggi purtroppo risulta aver modificato lo skyline della città, in quanto più grande addirittura della Cupola di Brunelleschi.

La mostra mette a fuoco anche le architetture di Villa Mann Borgese a Forte dei Marmi (1957–59), o il progetto per la Villa Pleydell–Bouverie, e molti altri progetti non realizzati, accanto al Padiglione italiano per l’EXPO
67 a Montreal in Canada, dove la collaborazione con Emilio Vedova e Carlo Scarpa ribadisce le sue sensibilità ancora una volta aperte all’esplorazione di ambiti di espressione artistica paralleli all’architettura. E ancora: il Progetto Model City per la Florida, i concorsi in Francia, e non ultima l’attività di instancabile insegnante.

Una ricerca aperta e moderna quella di Leonardo Ricci, che metteva al centro il benessere delle persone, come egli stesso scriveva nell’Anonimo del XX secolo: “Spero che ognuno vi trovi qualcosa di quello che cerca, che in questo mondo apparentemente incomunicabile uno scambio avvenga”.

Cecilia Barbieri