(Ri)pensare il passato per spostare il punto di vista sul presente.
Simulacri, tracce, impronte, sottrazioni, presenze-assenze: questi i concetti chiave della quarta personale tenuta da Lara Favaretto (Treviso, 1973) alla Galleria Franco Noero di Torino; una mostra dedicata innanzitutto alla memoria, intesa quale dimensione temporale ambigua, eternamente modificabile e soggettiva. È infatti il passato artistico di Lara Favaretto ad essere sotteso da ben tre dei quattro nuclei di opere presentati nello spazio di Via Mottalciata, i quali fanno volontariamente eco ad altrettanti lavori realizzati in precedenza dall’artista, non a caso da sempre convinta che l’arte sia un dono capace di “fabbricare” il tempo.
Alla stregua dell’intervento realizzato nel 2012 al MoMA PS1 e costituito dalle “impronte” lasciate sulla parete della sala espositiva da una moto guidata dalla stessa Favaretto, un’autovettura Citroen LNA (da qui il titolo dell’installazione), collocata poco oltre la soglia d’ingresso della Galleria Franco Noero, mostra alcune ammaccature derivate da un suo presunto incidente, attestato anche dai segni colorati, quasi pittorici, lasciati dalla carrozzeria del veicolo sulla superficie della parete vicina. Le tracce dell’azione distruttiva dell’incidente di ieri, nell’oggi divengono così simulacri della poetica azione della creazione.
Il tempo e la memoria sono i temi cardine anche della seconda installazione esposta da Franco Noero, la quale, alla tregua di Citroen LNA, guarda all’indietro riattualizzando il quarto episodio della serie dei Monumentary Monuments presentato dall’artista nel 2012 a Kassel. In occasione di dOCUMENTA (13), infatti, entro una sala espositiva Lara Favaretto aveva collocato su plinti alcuni dei numerosi oggetti che aveva trovato nelle discariche della cittadina tedesca e che aveva parallelamente utilizzato per realizzare un immenso accumulo di ferraglie in un non molto distante piazzale all’aperto. Gli oggetti prescelti da quell’accumulo, allestiti nella sala come se fossero statue antiche e smaltiti alla fine dell’evento, a tre anni di distanza dalla loro esposizione tornano a vivere nella Galleria Franco Noero, ma sottoforma di presenze-assenze, o meglio di simulacri (o ricordi) di qualcosa che è stato e che attraverso il suo calco in cemento sottolinea il suo potenziale esserci ancora. Si tratta di fantasmi, di entità indefinite e indefinibili, di elementi privati di un’identità specifica, presentati per sottrazione, ma carichi di interrogativi circa la loro relazione sia con gli oggetti originali di cui costituiscono il calco, sia con lo spazio che occupano, sia col tempo passato che evocano. Seppur geometrici nella forma e disposti in modo ordinato sul pavimento della galleria, essi non sono funzionali a richiamare alla memoria né le assertive sculture di Robert Morris né gli “specific objects” di Donald Judd, ma sono volti ad innescare una riflessione sull’ambiguità della dimensione spazio-temporale che intercorre tra il passato e il presente, nonché tra il calco e il suo originale.
Proseguendo nel percorso delineato dall’artista negli spazi della Galleria Franco Noero, tre superfici sospese a distanza regolare ad una parete si impongono al nostro sguardo. Si tratta di 032-212: un lavoro in cui Lara Favaretto, alla stregua degli altri due esposti prima citati, torna su una serie intrapresa in passato (nel 2010), rinnovandone il ricordo. La serie si compone di dipinti perlopiù anonimi, i quali, trovati per caso, sono completamente ricoperti dall’artista con un filo di lana colorato (i diversi titoli delle opere costituenti la serie corrispondono ciascuno al codice del pantone del colore della lana di volta in volta impiegata per coprirli). L’azione di cui ciascun lavoro è traccia, risulta ambigua e polare: ricoprire i dipinti con la lana, se da un lato significa proteggerli e preservarli da eventuali danni futuri, dall’altro significa nasconderli alla vista dell’osservatore. È dunque il tradizionale concetto di visione ad essere messo in discussione da 032-212: la frustrante impossibilità di vedere alcunché, unita al senso di gratificazione di fronte all’eventuale apparizione di un’immagine tra i fili di lana che la avvolgono, crea nella mente dell’osservatore una sorta di miraggio. Lara Favaretto permette così ai dipinti di scomparire per (ri)apparire nella loro essenza di forma e di colore, mentre a noi spettatori dona la facoltà di vedere (o immaginare) tutto il possibile.
Concludono la mostra le tre opere inedite (LF 15.012, LF 15.013, LF 15.014), le quali, anziché tornare a lavori realizzati in precedenza dall’autrice, si concentrano sulla memoria della materia di cui sono costituite, esaltando le tracce della sua naturale consunzione. Sono infatti i fori e i camminamenti creati dai tarli sulle superfici di tre tavoli in legno ad essere riempiti di polvere d’oro 24 kt: come per una sorta di rituale alchemico, il processo distruttivo della consunzione diviene motore per il processo poetico della creazione, la sottrazione del povero materiale ligneo causata dai tarli si trasforma in aggiunta della preziosa polvere d’oro, la dimensione temporale reale che usura tutto l’esistente si apre ad una dimensione temporale sospesa, poetica e incantata.
In occasione della mostra in corso alla Galleria Noero di Torino, Lara Favaretto, pur proponendo una riflessione incentrata sui temi del tempo e della memoria, induce l’osservatore a spostare il punto di vista sul presente: attraverso un procedimento per sottrazione, espone il simulacro di un’immagine (in 032-212), di un oggetto (nei nove calchi in cemento allestiti in galleria) o di un’azione (in Citroen LNA e in LF 15.012, LF 15.013, LF 15.014), per indurci ad attendere il miraggio di un’opera, destinata tuttavia a rimanere precaria, sempre in bilico tra presenza e assenza, tra distruzione e creazione. Si tratta di un’entità esistente o già esistita in passato, ma eternamente ripensabile anche grazie al contributo attivo degli spettatori. Per meglio dire: ogni lavoro di Lara Favaretto potrebbe essere definito un “monumento momentaneo”, in quanto ha la forza e il vigore concettuale proprio del monumento, ma cela in sé l’ambiguità, la relatività e la soggettività proprie del tempo.
Ilaria Bernardi
Galleria Franco Noero, Torino, Via Mottalciata 10/B, dal 17 aprile al 30 maggio 2015
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