Chi ha viaggiato nelle Fiandre conosce la particolare e inconfondibile luce che accarezza il suo territorio ricco di colori, arte e di storia. Proprio a quella luce e alla sua rappresentazione, è dedicata l’attesissima mostra presente ora a Gent, Van Eyck. An optical revolution, la più importante mai dedicata al grande pittore fiammingo Jan van Eyck (Maaseik 1390 circa – Bruges 1441), che rientra nell’ambito delle numerose iniziative per celebrare il maestro fiammingo durante tutto il 2020, con il festival denominato “OMG! Oh my God van Eyck was here”. L’omaggio a Van Eyck chiude la trilogia dedicata ai Maestri fiamminghi, che ha visto susseguirsi le mostre su Rubens (2018) ad Anversa e su Brueghel (2019) a Bruxelles.
Padre della pittura ad olio, vero pioniere del Rinascimento nordeuropeo e primitivo fiammingo, Jan van Eyck è senza dubbio uno dei più grandi pittori che l’Occidente abbia mai avuto. Si preannuncia questa come la più interessante esposizione mai dedicata alla vita e al lavoro del maestro, del quale sono giunte a noi in tutto solo una ventina di opere, e che può essere considerato senza dubbio uno dei protagonisti della rivoluzione pittorica che ebbe luogo nei Paesi Bassi all’inizio del XV secolo.
Inaugurata il 1° febbraio a Gent, e visitabile fino al 30 aprile 2020 presso il Museum voor Schone Kunsten, la grande mostra farà vivere ai suoi visitatori “un’esperienza di quelle che si provano una volta sola nella vita”, attraverso una attenta selezione dei suoi capolavori. La rassegna dai numeri straordinari ospita ben dieci opere di van Eyck (su 20 conosciute), un nucleo mai riunito in precedenza, oltre a diverse provenienti dalla sua bottega, e a un centinaio di altre opere dei contemporanei.
I curatori, Maximiliaan P. J. Martens, Till-Holger Borchert, Jan Dumolyn con il coordinamento di Johan De Smet, sono riusciti, attraverso le 13 sale finemente allestite, a dare di van Eyck una lettura approfondita e moderna.
Tra le superstar dell’esposizione, la più importante è sicuramente il grandioso Polittico dell’Agnello mistico, anche noto come il Polittico di Gent, di cui in mostra possiamo ammirare ben otto pannelli esterni, freschi di restauro, prestati eccezionalmente per l’occasione dalla Cattedrale di San Bavone di Gent. È la prima volta dal 1902 che vengono concessi in prestito per una mostra. Tra l’altro i pannelli del polittico non hanno mai dialogato con altre opere e dal 2020 non si muoveranno più dalla Cattedrale: di conseguenza, la mostra del MSK è la prima e anche ultima occasione per vedere gli scomparti esterni del polittico a distanza ravvicinata ed esposti assieme agli altri capolavori di van Eyck.
Il magistrale riassunto a colori della storia della salvezza, ma anche il più grande polittico del Rinascimento fiammingo, il dipinto a olio più famoso dell’epoca, emblema del Belgio e dell’arte fiamminga, è da poco tornato nella Cattedrale, dopo un restauro durato sette anni e che andrà avanti fino al 2024. Più volte rubato, minacciato dal fuoco e dalle guerre, copiato, censurato per i nudi “troppo conturbanti” di Adamo ed Eva, sequestrato e nascosto negli anni Quaranta in una miniera di sale, l’Adorazione dell’Agnello mistico, definito da Dürer un’opera “immensamente preziosa e stupendamente bella”, di peripezie ne ha attraversate tante.
La celebre pala d’altare farà dunque ritorno definitivamente nella cattedrale di Gent a gennaio del 2020, dopo che il lungo e complesso restauro continuerà a rivelare misteri e dettagli finora mai visti. Per l’occasione nella Cattedrale sono in corso importanti lavori, per dare una nuova e più adeguata sede al polittico, che garantisca sicurezza, maggiore fruibilità e tutti gli ultimi ritrovati per una corretta conservazione.
Il Polittico di Gent della misura complessiva di 4,4 mx 3,4 m, è formato da 12 pannelli di legno di quercia, otto dei quali sono dipinti anche sul lato posteriore, in maniera da essere visibili quando il polittico è chiuso. Jan vi lavorò insieme al fratello maggiore Hubert, dopo la morte del quale nel 1426, Jan terminò l’incarico nel 1432. Nel capolavoro compaiono quelli che sarebbero divenuti i tratti tipici della sua pittura: naturalismo analitico, uso di colori luminosi, cura per la resa del paesaggio e grande lirismo.
L’Agnello mistico mette in scena il tema della Redenzione su due registri: quello inferiore è incentrato sull’Agnello, simbolo di Cristo, adorato nel giardino del Paradiso da Angeli, Santi, Buoni Giudici, Cavalieri di Cristo, Eremiti, Pellegrini ed è caratterizzato, ai lati, dai ritratti, a grandezza naturale, dei due donatori. Si tratta di Joos Vijd, un nobile del patriziato di Gent, ricco proprietario terriero, e dal 1395 sempre presente nel consiglio comunale di Gand, e di sua moglie Lysbette Borluut. Joos Vijd commissionò l’opera a Hubert Van Eyck, per la sua cappella nella Chiesa di San Giovanni Battista (poi Cattedrale di San Bavone). Ma tornando alla mostra c’è da dire che ha caratteristiche davvero eccezionali. L’intera città di Gent è coinvolta nelle celebrazioni di Jan van Eyck, che dureranno un anno, attraverso appunto impegnativi restauri, eventi, concerti e grandi investimenti sulla città.
Molte delle opere provengono da prestiti di prestigiose istituzioni internazionali, come i Musei Vaticani, il Louvre, la Galleria Doria Pamhilj, il Prado e il Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid, la Gemäldegalerie di Berlino o il J. Paul Il Getty Museum di Los Angeles. Importanti prestiti internazionali quindi come per la Madonna della fontana (dal Museo di Belle Arti di Anversa), il Ritratto di Baudouin de Lannoy (dagli Staatliche Museen di Berlino), l’Annunciazione del Museo Thyssen-Bornemisza di Madrid e quella della National Gallery di Washington, il Ritratto d’uomo del Muzeu Brukenthal di Sibiu in Romania, la Santa Barbara di Nicomedia dal Museo di Belle Arti di Anversa, la Madonna della fontana realizzata con la bottega, di collezione privata, il Libro d’Ore di Palazzo Madama a Torino, le Stimmate di San Francesco dal Philadelphia Museum of Art.
“Mai prima d’ora” – dicono i curatori – “tante opere di van Eyck erano state viste assieme in un unico luogo”. La mostra consentirà dunque sguardi inediti sull’artista formatosi in Borgogna, virtuoso del pennello come nessun altro, il più grande pittore delle Fiandre del suo tempo, capace d’innovare sul piano della tecnica, forte di solide conoscenze scientifiche e di straordinarie doti d’osservazione, che gli permisero di condurre la pittura a olio verso risultati mai toccati prima. Prima di lui nessun pittore aveva dipinto la realtà in maniera così verosimile, come nei ritratti, ai quali manca solo il respiro, con paesaggi che mostrano il mondo in tutte le sue particolarità. La precisione formale e la resa naturale della realtà, il brillante uso dei colori e la padronanza della pittura a olio, tecnica già nota e che lui perfezionò, e che gradatamente in Europa si sostituì l’uso del colore a tempera, fanno di van Eyck un artista virtuosissimo.
Nonostante sia considerato il capostipite della pittura nei Paesi Bassi nel Quattrocento e il più grande pittore nord europeo del suo tempo, le notizie certe riguardanti la sua vita però sono ancora molto scarse. Nulla sappiamo della sua formazione, pare che a introdurlo nel mondo della pittura sia stato il fratello maggiore, il misterioso Hubert, (di cui parte della critica dubita la reale esistenza). Probabilmente la sua formazione fu nel campo della miniatura, dalla quale imparò l’amore per i dettagli minuti e per la tecnica raffinata, che si riflesse poi nelle sue opere pittoriche. Di lui sappiamo per certo che il suo maggiore committente fu l’eccentrico Filippo III Duca di Borgogna detto il Buono, grande mecenate, la cui corte ricca e splendida attrasse numerosi artisti, di cui Jan divenne pittore di corte, ruolo che mantenne fino alla morte. Fu anche incaricato di organizzare una serie di viaggi diplomatici, tra cui uno a Lisbona nel 1428 per concordare il matrimonio del Duca con Isabella del Portogallo. Dopo aver abitato per qualche tempo nella città francese di Lilla nel 1432 si trasferì definitivamente a Bruges, dove trascorse il resto della sua vita e morì ancora in giovane età nel giugno1441, come testimoniato alcuni incartamenti relativi al suo funerale, ancora oggi custoditi nell’archivio della Cattedrale di San Salvatore.
Lo sguardo rivoluzionario dell’artista di Maaseik, apprezzato anche come consulente e diplomatico, si spalancherà davanti al pubblico, che potrà vivere un’esperienza unica e ravvicinata con questo gigante dell’arte, da noi forse troppo poco conosciuto.
Di lui indimenticabili sono forse i ritratti dei suoi contemporanei, dei ricchi abitanti di Bruges e di Gent, che, cosa rara per un pittore dell’epoca, firmava e datava, apponendo un motto in antico fiammingo, “Als Ich Can”, traducibile in un modestissimo “Meglio che posso”.
Sarebbe allora un vero peccato perdersi, per tutti gli amanti dell’arte del Quattrocento, ma in generale per chiunque ami l’arte, l’occasione che il Belgio ci regala in questo 2020, ribattezzato l’anno di Jan van Eyck, quello di ammirare e approfondire non solo un capolavoro leggendario e iconico delle Fiandre, il grande Polittico dell’Agnello mistico, ma tutta l’opera di uno dei più grandi artisti di tutti i tempi.
Cecilia Barbieri
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