A Dimora Artica a Milano c’è un marchingegno che ricorda la trasmutazione alchemica. Tre fontane: una rappresenta la figura femminile, dal cui seno fuoriesce del vino, un’altra è l’emblema della figura maschile e l’ultima racchiude un liquido primordiale da cui ha origine la materia. Queste sembrano collegate tra loro in uno strano meccanismo illuminato dalla luce di Wood e un neon rosa. Al centro di questa “giostra” giacciono frammenti in pietra che rappresentano un cavallo.
Ci sono diverse narrazioni proposte: storie mitologiche, storie artistiche, storie irreali. Omnia vincit amor et nos cedamus amori (L’amore vince tutto e noi cediamo all’amore): è la frase che Virgilio nella Egloga X delle Bucoliche fa pronunciare a Cornelio Gallo in un discorso metapoetico legato all’inferiorità del genere elegiaco rispetto a quello bucolico.

Amor vincit omnia è anche il titolo del cupido di Caravaggio che sovrasta ogni attività umana. L’amore vince tutto di Giovanni Copelli (Reggio Emilia, 1989) a cura di Simona Squadrito è un omaggio al sentimento, un elogio reso visibile attraverso la sua installazione. La macchina creata dall’artista ricorda gli esperimenti alchemici in cui si cercava di trasformare la sostanza allo “stato embrionale” in materia prima. Gli elementi che la compongono sono visibili e riconoscibili, tra la magia e l’esoterismo, Copelli mette in gioco forze diverse, che fanno eco agli esperimenti antichi. Ci sono poi i frammenti di pietra a terra che raffigurano l’immagine di un cavallo, probabilmente estratto da una battaglia: i richiami qui si alternano tra la psicanalisi e la mitologia. Pulsioni umane che combattono tra loro: un amore carnale, passionale, ma pur sempre amore.

I materiali usati, cartapesta e polistirolo, si riescono a percepire dopo un attento sguardo, ma non appena vengono svelati possono essere paragonati alle scenografie felliniane, che tra il sogno e la realtà venivano ricostruite tutte in studio, giocando con la matericità e l’illusione. Una fontana che sembra di sasso è in realtà di cartapesta, un meccanismo che sembra funzionare in realtà non va, la pietra è in realtà polistirolo. Giovanni Copelli con ironia e disillusione ci pone di fronte alla povertà della materia che noi carichiamo di valenze allegoriche. Il suo è un intreccio tra i possibili rimandi e il valore formale dell’installazione. L’amore vince tutto è una scelta estetica prima che una narrazione, ma, inevitabile, ha una storia, molte storie, da raccontare.
Giorgia Quadri
Add Comment