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La Serialità

Della serie “Della serie”. Serie TV, serie cinematografiche, serie di romanzi ma anche videogiochi in serie, pubblicità in serie, video tutorial in serie, miniserie, serie d’autore, spin-off, sequel e prequel. Serialità e narrazione sembrano ormai stringere un connubio inscindibile: è giunta l’era delle storie a puntate. Niente di nuovo, parliamoci chiaro: basti pensare alla serialità di moltissime opere d’arte figurativa o ai ben noti cicli letterari epico-cavallereschi. Eppure c’è più di qualcosa nella serialità contemporanea che la rende del tutto diversa rispetto al passato.

I neuroni-specchio e i nuovi processi di immedesimazione ed empatia. La scoperta dei neuroni-specchio, orgoglio italiano il cui merito va ai ricercatori dell’Università di Parma guidati dal professor Giacomo Rizzolatti, è considerata unanimemente l’acquisizione scientifica in ambito neurologico più significativa del XX secolo. Questa categoria di neuroni si attiva quando compiamo una determinata azione o quando vediamo qualcuno compierla: si tratta di un sistema che costituisce il meccanismo biologico di base dei processi di imitazione, di apprendimento e- attenzione- di empatia. Già, perché le ricerche successive hanno individuato un’area del cervello (chiamata insula per la sua forma) che connette la corteccia motoria attivata dai neuroni-specchio con il sistema emotivo, facendo sì che si crei un ponte tra ciò che osserviamo e ciò che proviamo. Si genera così quello che gli scienziati chiamano “stato di risonanza motoria ed empatia emotiva”: i processi di identificazione e immedesimazione hanno dunque una solida base neuroscientifica e le emozioni non sono più considerate come derive sentimentaliste per cuori deboli ma canali che veicolano l’acquisizione di conoscenze e la messa in atto di comportamenti. Tant’è che, da qualche decennio, si parla sempre di più di intelligenza emotiva, ovvero di quella capacità di riconoscere e gestire in modo efficace le proprie emozioni garantendo così possibilità più solide di apprendimento. Cartesio, dunque, s’era proprio sbagliato: non solo res cogitans e res extensa non sono due entità separate bensì profondamente interconnesse ma sono anche influenzate dall’entità emozione, da una res emovens che letteralmente ci fa muovere cioè produce comportamenti.

Serialità, tra marketing e culture industry. Tutto ciò era già stato in qualche modo intuito dagli strateghi del marketing che ora possono avvalersi di modelli decisamente più sofisticati: le nuove frontiere del neuromarketing mettono al centro le emozioni anziché i bisogni, reali o indotti che siano. E anche la culture industry si aggiorna avvalendosi di una scoperta di tale portata: la serialità funziona benissimo sugli schermi perché ci permette di imparare velocemente grazie ai video tutorial, ci avvince e ci racconta di noi con i personaggi delle serie-tv decennali e delle saghe cinematografiche insieme ai quali viviamo periodi interi delle nostre esistenze, ci coinvolge in avventure e sfide grazie alle quali sviluppiamo abilità sempre più sofisticate con le serie dei videogames.

Realtà o finzione? I confini tra realtà e finzione sono ormai permeabili e l’influenza esercitata dai media sulla nostra quotidianità è decisamente più massiva di quanto lo fosse ai tempi del ciclo di re Artù e dei suoi cavalieri. E se in passato lo scopo dell’opera seriale era affermare determinati valori piuttosto che spiegare fenomeni naturali o tramandare storie e tradizioni, oggi è quantomeno plausibile credere che l’obiettivo fondamentale sia proprio quello di condividere emozioni, realmente vissute o fantasticamente immaginate, tanto sappiamo per certo che, grazie ai neuroni-specchio, è praticamente la stessa cosa.

Serialità e fandom: potere al popolo! Il passaggio dall’oralità alla scrittura ha determinato moltissimi cambiamenti nell’ambito della creazione, della fruizione e della trasmissione culturale. Ciò che viviamo oggi è un’evoluzione di portata ancora maggiore poiché coinvolge molti più soggetti e lo fa in tempi decisamente più brevi. Le vicende di Cappuccetto Rosso o di Orfeo ed Euridice presentano versioni più o meno cruente a seconda dell’audience, del contesto sociale, del periodo storico: dettagli importanti, certo ma il manico del coltello è stato sempre e comunque dalla parte del narratore. Altrettanto significativo è stato l’avvento dei media analogici che hanno allargato enormemente le dimensioni dell’audience e trasformato in modo sostanziale i meccanismi di creazione e di fruizione: indici come lo share o il rating hanno inevitabilmente influenzato il genio creativo di autori e sceneggiatori che si sono orientati, di volta in volta, a seconda di un successo prevedibile e quantificabile in modo sempre più preciso. Il manico è rimasto perciò ancora dalla parte di chi inventa anche se si è decisamente ridimensionato.

Fandom, fan forum, fanfiction, fanservice. La serialità ai tempi del Web versione 2.0 consente una possibilità del tutto inedita: i social network hanno reso possibile la costituzione di gruppi giganteschi di fan- detti, appunto fandom- che interagiscono in tempo reale commentando i contenuti delle puntate attraverso i fan forum, ipotizzando possibili evoluzioni narrative con le fanfiction e soprattutto generando un’influenza tale sugli autori e sulle produzioni che tendono sempre di più al cosiddetto fanservice. Uno dei casi più eclatanti in questa direzione è costituito da Sense8, la serie Netflix delle sorelle Wachowski cancellata dopo due stagioni per gli ingenti costi nonostante l’enorme successo di pubblico: a seguito della valanga di proteste e petizioni arrivate proprio dal fandom, la nota piattaforma di streaming ha deciso di produrre una super puntatona finale di 150 minuti per non deludere i fan. E poi certo, per non perdere abbonamenti. I ruoli prestabiliti di autore e fruitore sono decisamente meno netti e definiti: siamo ancora evidentemente in grado di distinguerli ma di certo la comunicazione è diventata  pluridirezionale. La serialità, con i suoi tempi dilatati, favorisce questo tipo di interazione che si intensifica di stagione in stagione, da un episodio all’altro.

Binge-watching e le nuove frontiere dell’entertainment. E qui si chiude il cerchio: l’opzione on demand ha generato un cambiamento radicale nelle modalità di fruizione e la serialità si abbina perfettamente a questa importante novità. Sempre più diffuso è il cosiddetto binge-watching ovvero la pratica di fare scorpacciate di episodi seriali per un periodo di tempo decisamente più lungo rispetto a quello solitamente dedicato all’entertainment con i media analogici. Molte piattaforme on demand come Netflix rilasciano stagioni intere in un colpo solo garantendo così ai fruitori la possibilità di trascorrere una significativa quantità di ore, più o meno consecutive, attaccati allo schermo; lo streaming consente di fare altrettanto, purché si riesca ad avere una buona dose di autodisciplina e pare che molti spettatori preferiscano imporsi un’attesa più lunga aspettando che siano disponibili tutte le puntate di una stagione per poi guardarle di fila, una dietro l’altra.

 

Strategie dell’hype. La gestione del fattore tempo non è più un’esclusiva degli autori ma è, almeno in parte, determinata dai fruitori: ragione per cui, probabilmente, si fa sempre più ricorso alla strategia dell’hype. Pensiamo al celeberrimo caso di Game Of Thrones: tra la settima e l’ultima stagione sono trascorsi quasi due anni, costellati di annunci, dichiarazioni e smentite sull’attesissima uscita del gran finale e di ipotetici sequel e prequel che hanno ulteriormente fomentato il fandom mondiale. Un’ulteriore frontiera avanguardistica è rappresentata dall’esperimento di interazione messo in atto con l’ultimo episodio di Black Mirror, Bandersnatch: cinque finali possibili a scelta dello spettatore che può trascorrere un tempo variabile davanti allo schermo, direzionando l’intreccio dell’episodio. E se consideriamo che si tratta di una serie antologica dedicata proprio al tema dell’impatto tecnologico contemporaneo sulla società, la serialità assume caratteri metacognitivi mai esplorati prima.

Cristina Cassese

About the author

Cristina Cassese

Classe 1982, tarantina d’origine, cittadina del mondo. Cristina ha studiato storia dell’arte e si è specializzata in antropologia culturale ed etnologia. Di recente ha intrapreso un percorso di approfondimento e ricerca in ambito pedagogico. Insegna discipline storico-letterarie e vive a Roma.

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