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La poeticità inquieta di Vincenzo Agnetti

L’artista dell” “Arte no”, anticipatore di moltissime ricerche concettuali, è in mostra a Firenze con un’esposizione che ripercorre tutte le tappe della sua breve ma intensa carriera: Vincenzo Agnetti  alla Galleria Il Ponte presenta le sue “testimonianze”.

Libro dimenticato a memoria, 1969, libro con copertina in tela, 70c50 cm (1)

Fino al 26 giugno
è visitabile presso la Galleria Il Ponte di Firenze la bella mostra monografica dedicata all’artista Vincenzo Agnetti, nato a Milano nel 1926 e morto prematuramente nel 1981. Nella mostra Vincenzo Agnetti. Testimonianza realizzata in collaborazione con lo Studio Visconti di Milano, è esposto un importante nucleo di opere di eccezionale importanza storica e purezza estetica, che lasciano lo spettatore letteralmente senza fiato.

Tra i più interessanti artisti concettuali italiani, Agnetti dedicò tutta la vita alla creazione del suo personale percorso artistico, una sorta di ricerca introspettiva del concetto di “fare arte“, attraverso l’uso di mezzi diversi, dalla fotografia, alle performances dal vivo e registrazioni vocali, uniti a una prolifica e quanto mai interessante attività di scrittore. L’esposizione fiorentina vuole ripercorrere le varie tappe dell’inconsueto e in un certo senso controverso percorso artistico di questo artista inquieto, ma dall’animo profondamente poetico e coerente. L’importante evento, curato da Bruno Corà autore anche del saggio sul catalogo che accompagna la mostra, vuole coprire l’arco temporale che va dal 1967 al 1981, anni in cui la carriera della complessa figura di Agnetti si concentra e da il meglio di sè.  La non facile scelta delle opere presenti nell’esposizione, dati i molteplici interessi dell’artista, riesce però a riassumere perfettamente il rigore e la poeticità inquieta della sua particolarissima ricerca artistica. Fatta accezione degli anni in cui fu legato ad Azimuth, Agnetti fu prevalentemente un isolato e si mantenne sempre esterno a qualsiasi movimento, concentrando il suo pensiero sul linguaggio, il tempo, la comunicazione e la critica politica e sociale. In un breve lasso di tempo ha affrontato con flusso inarrestabile uno sterminato spettro di problematiche, cercando di uscire dai limiti imposti dalla tradizione e dalle regole, indagando e dando sue interpretazioni sulla natura e sul funzionamento dei più vari linguaggi, sulla relazione tra spazio e del tempo, sulla peculiarità dei mezzi di comunicazione, sulle possibilità di resistenza alle distorsioni del potere e sulle ipotesi di intervento sulla realtà.

fotograffia

Diplomato all’Accademia di Brera per poi frequentare il Piccolo Teatro di Milano, inizia giovanissimo alla fine degli anni ‘50 a praticare la pittura informale, sentendo presto i limiti delle normali attività artistiche. Si avverte presto in lui una sorta di insofferenza ideologica, che lo porta nel 1962 a viaggiare tra Argentina, New York e Italia, formulando poi il suo rifiuto di dipingere, un totale azzeramento della pittura attraverso il cosiddetto «liquidazionismo» o «arte no». Tornato in Italia nel 1967, abbandona qualsiasi rapporto con l’operare artistico, sostituendo la pittura con una lunga e profonda riflessione proprio sul linguaggio. Da qui in poi tutti i suoi lavori tendono ad effettuare una rottura totale con le certezze acquisite nei secoli dalla storia dell’uomo.  Nella seconda metà degli anni ’70 le sue indagini si compiono quindi tramite diversi media: feltro, bachelite, fotografia, testi a stampa, registrazioni vocali e performance, tutti così ben rappresentati nella mostra presso la Galleria Il Ponte, che ha dato ancora una volta prova di una particolare sensibilità nel saper creare mostre di grande ricercatezza ed efficacia, e allo stesso tempo accessibili anche a un pubblico meno preparato.

Precoce anticipatore di successive ricerche concettuali a livello internazionale e grande genio dell’arte italiana degli anni ’70, Vincenzo Agnetti ha con questa mostra l’attenzione e il rilievo che merita e che in una città come la nostra Firenze, così piena della sua bellezza senza tempo, a volte non sa dare all’arte contemporanea. Assolutamente da non perdere!

Cecilia Barbieri

Il sistema usa gli oggetti come veicolo e le lidde come combustibile, 1972, bachelite incise 70x70 cm

About the author

Cecilia Barbieri

Nata a Firenze, dove vive e lavora, ha conseguito la Laurea in Storia dell’Arte all’Università di Firenze. Ha lavorato nell’organizzazione di mostre ed eventi e ha curato nel corso degli anni diverse pubblicazioni di Storia dell’Arte e di Storia del territorio. Giornalista pubblicista collabora costantemente come freelance con diverse testate di settore.

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