Arte e Fotografia

Keith Haring a Pisa dopo trent’anni con la mostra di Palazzo Blu

A trent’anni dalla realizzazione del murale Tuttomondo, lo spirito e la forza espressiva di Keith Haring tornano a Pisa nella mostra “Keith Haring – Opere dalla Nakamura Keith Haring Collection”, visitabile a Palazzo Blu fino al 17 aprile.

Nato a Reading (Pennsylvania) nel 1958, Haring ha trovato fin dall’infanzia un ambiente favorevole allo sviluppo della sua vena artistica, introdotto prima dal padre ai rudimenti del disegno e incoraggiato poi dalla famiglia a frequentare la Pittsburgh School of Art. Una volta diplomato, nel 1978 si trasferisce a New York e si iscrive alla School of Visual Arts. Sono quelli gli anni in cui comincia ad occupare i pannelli pubblicitari inutilizzati nella metro, usando inizialmente il gesso bianco e in seguito il pennarello nero per i suoi disegni.

Keith Haring _ Pisa, Palazzo Blu_ photo Antonello Tofani (2)

È da qui che inizia anche il percorso espositivo della mostra Keith Haring ospitata da Palazzo Blu. Curata da Kaoru Yanase, Chief Curator della Nakamura Keith Haring Collection in Giappone, la mostra si concentra sulla vita di Haring raccontandola attraverso una ricca selezione di opere, con un focus sul suo dipinto murale pisano del 1989 Tuttomondo.

Il punto di forza di questa mostra sono proprio le opere della collezione personale del Dr. Kazuo Nakamura, solitamente esposte nel museo dedicato all’artista in Giappone. Partendo dai lavori dei primi anni in metropolitana, si arriva fino alle ultime da lui realizzate nella sua (purtroppo) breve vita. Sono esposte anche serie complete come Apocalypse (1988), Blue Prints drawings (1990), oltre che sculture e disegni.

Le opere di Haring, dalle forme estremamente riconoscibili e i colori vivaci trasmettono messaggi sui temi più importanti della sua contemporaneità, molti dei quali validi ancora oggi.

La New York da lui vissuta è infatti quella delle grandi contraddizioni degli anni ’80: gli eccessi, la musica, i night club, la droga e l’incubo dell’AIDS, così come la paura del nucleare e della guerra fredda. Tutti temi rintracciabili nelle sue opere, insieme alla lotta al razzismo e all’omofobia. Gli uomini come massa e moltitudine sono infatti i principali protagonisti della sua produzione, tutti uguali nonostante la propria individualità, riconoscibile, ad esempio, nelle diverse pose e movenze che essi assumono.

Keith Haring _ Pisa, Palazzo Blu_ photo Antonello Tofani (2)

“La mia speranza è che un giorno, i ragazzini che passano il loro tempo per strada si abituino a essere circondati dall’arte e che possano sentirsi a loro agio se vanno in un museo“. Keith Haring

Questa una delle citazioni di Keith Haring riportate all’interno del percorso espositivo e quanto mai significativa della sua visione artistica. Haring pensava l’arte come qualcosa che dovesse essere fruibile da tutti e che dovesse permeare la vita quotidiana delle persone. La speranza che poneva nelle sue opere pubbliche era che i bambini costretti a passare le loro giornate in strada o in quartieri difficili, si abituassero ad essere circondati dall’arte e che si potessero quindi sentire a proprio agio anche all’interno di un museo.

Questa riflessione assume un significato ancor più toccante a Pisa, dove si conserva l’unica opera murale pubblica dell’artista presente in Italia e anche l’ultima della sua carriera.

“Sono seduto su un balcone e guardo la cima della Torre pendente. È davvero molto bello qui. Se c’è un paradiso, spero che sia così”. K. Haring

Nel 1989 infatti Haring realizzò Tuttomondo, 180metri quadrati di murale su una delle pareti del convento annesso alla chiesa di Sant’Antonio Abate nel centro della città. Ma come è arrivato da New York alla Toscana? Pochi anni prima Keith Haring conobbe a New York uno studente pisano, Piergiorgio Castellani e i due diventarono amici. L’idea di realizzare un’opera che rimanesse per sempre visibile proprio nella città nacque in seguito a una visita che Haring fece all’amico.

Una sezione della mostra è ovviamente dedicata alla sua permanenza pisana, ma per chi si recasse a Pisa e non lo avesse mai visto dal vivo, il murale Tuttomondo è sicuramente una tappa obbligatoria (si trova a breve distanza da Palazzo Blu).

Keith Haring _ Pisa, Palazzo Blu_ photo Antonello Tofani

Attraverso le sezioni della mostra, lo spettatore riesce ad avere una panoramica dei temi e delle diverse tecniche utilizzate da Haring nella sua produzione, dalla pittura al disegno, dall’arte pubblica e commerciale ai murales e alla scultura andando anche oltre all’iconografia più nota e diffusa.

Sicuramente particolare la serie Apocalypse (1988), realizzata in collaborazione con William S. Boroughs, scrittore iconico della Beat Generation.

Haring realizza Apocalypse poco dopo aver ricevuto la diagnosi di positività all’HIV e aver scoperto di aver contratto l’AIDS, iniziando così il suo calvario personale di convivenza con la malattia, che si rivelerà poi fatale.

La serie si compone di dieci brani in prosa composti da Boroughs sul tema del caos che distrugge il mondo a cui Haring accompagna delle illustrazioni. Ogni immagine è un collage in cui unisce pubblicità, riferimenti a opere d’arte celebri e alla teologia cattolica.

Keith Haring non ha mai amato le etichette, la sua libertà espressiva e concettuale si riflette nella produzione artistica. La sua arte era quindi concepita come un’arte per tutti che poteva essere apprezzata e compresa dal grande pubblico. Se pur permeata da vari livelli di interpretazione e lettura, per la sua produzione artistica Haring non incoraggiava una spasmodica ricerca del significato.

Sosteneva infatti che, per lui: ‘”L’arte non ha significato perché ne ha molti, ha infiniti significati” e “Definire la mia arte significa distruggerne lo scopo“.

Sara Bimbi 

In copertina: Photo Antonello Tofani

About the author

Sara Bimbi

Classe 1990, una laurea magistrale in Storia dell’arte contemporanea conseguita a Pisa, Sara ha studiato e lavorato in UK per circa un anno e mezzo. Dopo varie esperienze come aiuto gallerista in Toscana e a Londra, adesso lavora a Milano per un’azienda di consulenza digitale nel campo della moda.