Interviste

“Il suggello della Poesia”: conversazione con lo scrittore Francesco Ricci

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Francesco Ricci, scrittore e critico letterario, esperto di Pasolini, innamorato di autrici come Elsa Morante, Natalia Ginzburg, Anna Achmatova, Antonia Pozzi, Alda Merini, Cristina Campo. Le ragioni del suo scrivere, i suoi amori letterari, le paure, le speranze, il senso della vita: mai come in questa intervista Ricci si mette a nudo. 

Intervista a cura di Maria Rita Montagnani 

MRM- Francesco, tu hai all’attivo diversi libri, specialmente dedicati a grandi poeti e poetesse, com’è nata questa passione bruciante per la letteratura in generale e per la poesia in particolare?

FR- È una passione nata ai tempi del Liceo. L’incontro con i lirici greci e con i poeti latini di età augustea è stato decisivo in tal senso.  

MRM- Qual è il seme segreto della poesia?

FR- Da un lato c’è lo stupore dinanzi al mondo, a quanto nel mondo c’è di gratuito, di libero, di immotivato – Pasolini avrebbe parlato di “sacro” –, di irriducibile alla razionalità, al pensiero calcolante, all’agire. Dall’altro, più o meno consapevole, c’è il senso della fragilità di tutto ciò che vive e che solamente se scritto, se affidato ai versi, può sperare di sopravvivere.   

MRM- “La letteratura, come tutta l’arte, è la confessione che la vita non basta” dice Pessoa, sei d’accordo?

FR- Trovo l’affermazione di Pessoa bellissima e vera. Scrivere offre l’illusione di tenere tutto sotto controllo, cosa impossibile nella vita, e consente di vivere nella pagina tutto ciò che abbiamo respinto, abbiamo sacrificato, abbiamo lasciato fuori dal nostro orizzonte esistenziale, per debolezza o in nome di qualche scopo ritenuto superiore, come la morale, come il lavoro. Mi viene in mente l’ultima produzione, quella dell’estrema maturità, di Ibsen.  

MRM- Tu hai scritto di Rilke, della Achmatova, della Merini, della Pozzi e di tanti altri ma c’è qualcuno che maggiormente ha lasciato un solco dentro di te?

FR- Rainer Maria Rilke, perché mi ha insegnato quanto sia alto, ma necessario, il prezzo che l’artista deve pagare. Privilegiare l’attività creativa comporta necessariamente che si trascuri la vita concreta, in particolare le relazioni con gli altri.

MRM- Un altro gigante su cui hai scritto nel tuo ultimo libro è Pier Paolo Pasolini, che esperienza hai vissuto attraversando la sua luce e le sue ombre?

FR- Leggendolo, ho fatto esperienza della libertà e della verità. Della libertà, dal momento che il suo pensiero è irriducibile a ogni dogma ideologico che ingabbia, a ogni ortodossia che mortifica. Della verità, perché una delle grandi lezioni che Pasolini ci ha lasciato è che le mezze verità non esistono: la verità è tutta o non è verità. Un’idea, quest’ultima, che basta da sola a spiegare come mai siano stati tanti, anche tra gli intellettuali italiani, quelli che  da ultimo gli voltarono le spalle.

MRM- Pasolini, talento multiforme, ha eccelso in ogni ambito espressivo: scrittore, sceneggiatore, traduttore, regista, saggista, persino pittore…ma c’è secondo te qualcosa nella sua vita che è rimasto irrisolto?

FR- C’è moltissimo che è rimasto irrisolto in lui. D’altra parte, Pasolini ha sempre rifiutato ogni forma di sintesi hegeliana: la contraddizione costituisce la cifra della sua opera e della sua esistenza. Anticlericale, si schiera contro l’aborto, contestatore del Palazzo, non risparmia critiche ai giovani contestatori sessantottini, ateo, possiede – è lui stesso a dichiararlo nel corso di un’intervista – una visione religiosa del mondo, comunista, ha un rapporto conflittuale col P.C.I.

MRM- Secondo te quando si scrive, occorre riempire la mente d’immaginazione oppure al contrario cercare di liberarlo mirando al vuoto “pneumatico”?

FR- Dal vuoto non nasce niente. In quanto all’immaginazione, può portare buoni frutti a patto di non recidere completamente il legame con la realtà.

MRM- Cosa racconti a te stesso quando sei da solo? O meglio, ti racconti o ti ascolti?

FR- Mi piace ascoltarmi, cercare di cogliere le voci (emozioni, sentimenti) che mi parlano laggiù, nel profondo. Sono preziosi momenti di raccoglimento, di conoscenza.

MRM- La memoria è una consolazione o una condanna? (Dato che spesso non si ricordano solo le cose che ci fanno piacere)

FR- Una condanna. Non perché ricordare comporti per me trovarmi faccia a faccia con particolari rimpianti, rimorsi, sensi di colpa, fallimenti. Non è questo il punto. Il punto è che ho ormai alle mie spalle troppi morti, persone carissime che non rivedrò più, che non incontrerò più.

MRM- Cosa sogna uno scrittore? Hai sogni ricorrenti, incubi, visioni?

FR- Non sono una persona che sogna molto. Quando accade, solitamente sono immagini e visioni che riscrivono la mia esistenza, nel senso che ritrovo persone realmente conosciute, ma le scelte che nel sogno opero non corrispondono mai a quelle che feci, che feci in relazione a quelle persone. 

MRM- Da diversi anni purtroppo la letteratura, così come altri campi artistici, ha segnato un declino, un impoverimento dei contenuti, un livellamento del pensiero, a cosa è dovuto ciò secondo te?

FR- Le ragioni sono molteplici. Ne indico solamente una. Lo spasmodico desiderio di apparire, tipico della civiltà dello spettacolo, per cui si sforna un libro all’anno – un po’ come accade coi modelli di telefonia mobile – che nulla aggiunge all’opera precedente (perché dunque scriverlo? Perché pubblicarlo?), ma che regala il piacere per venti, trenta giorni, di essere sui giornali, sui social, nelle vetrine delle librerie. 

MRM- La vita, intreccio mirabolante di sublime e di tremendum… Hai mai avuto paura della vita?

FR- No. Mi è capitato di provare stanchezza per la vita, noia per la vita, mai, però, paura.

MRM- E la morte, altro mistero insondabile e senza fondo, che rapporto hai con essa? La subisci o l’accetti filosoficamente?

FR- Quando ero ancora ragazzo, nulla più dell’idea di morire mi angosciava. Col tempo, invece, ho sviluppato un buon rapporto con la morte – intendo naturalmente la mia morte –, ne anticipo il pensiero, l’accetto serenamente

MRM- Cos’è che ti emoziona di più? Ti capita di commuoverti fino alle lacrime?

FR- Ci sono tre cose che riescono ancora a emozionarmi. La prima è la vista di certi paesaggi naturali. La seconda è una “figura”, la “figura” costituita da una madre col suo piccolo. La terza sono i miei figli.

MRM- Tre parole per definire il tuo lavoro.

FR- Paziente, intimo, umile.  

MRM- “La frase che segue è falsa. La frase che precede è vera”. Come interpreti questo bellissimo (e attuale) paradosso di Epimenide?

FR- Alla fine si riduce tutto all’apparenza. Tra l’apparentemente accettabile e l’apparentemente inaccettabile c’è meno del rovesciarsi di un guanto.

MRM- Cosa vedi nell’oltre?

FR- Non vedo niente, ma percepisco nitidamente che esiste un’oltranza.

MRM- Quale senso dai alla vita e quale significato ne estrai?

FR- Giunto alla mia età, posso dire con Carl Gustav Jung che “la vita è folle e significante”.   

MRM- Raccontaci una storia in due righe.

FR- L’uomo si sedette a tavola. La vista che essa offriva era splendida: un trionfo di cibo, un’apparecchiatura perfetta. Solo un coltello pareva fuori posto. L’uomo lo notò. Si alzò. Se ne andò. 

MRM- Cosa ti auguri di lasciare nei lettori che amano i tuoi libri?

FR- L’amore per la letteratura, il rispetto per la creatura sofferente, il non accettare come condizione ultima e destinale questo mondo “crudele e rozzo”, come lo ha definito Anna Achmatova in una sua meravigliosa lirica.  

MRM- Per concludere, ti chiederei di parlarci del prossimo libro su cui stai lavorando, a titolo di anticipazione per i nostri lettori…

FR- Ho cominciato a lavorare a un saggio dedicato a Cristina Campo. C’è poco da fare, alla fine ritorno sempre al primo amore, la scrittura femminile. 

Maria Rita Montagnani 

About the author

Maria Rita Montagnani

Critico e curatore d'arte indipendente. Da anni impegnata nella valorizzazione e nella diffusione dell'arte contemporanea nel territorio italiano, ha presentato numerose mostre, curando artisti in eventi nazionali e ha realizzato (in sedi pubbliche) progetti artistici e culturali di cui è anche autore.