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Il Gender

Tra bufale e realtà: gli scenari attuali e il tentativo di definizione di un termine che mai come negli ultimi decenni ha imperversato nella nostra società. In questo Moodboard proveremo, come sempre, a dare non una spiegazione esaustiva di un argomento tanto chiacchierato, ma a fornire, senza alcuna pretesa scientifica, poche pennellate colorate; scardinando qualche certezza, smascherando alcune dicerie e, soprattutto, tentando di offrire una panoramica su un concetto protagonista, da qualche anno, della curiosità nostrana e non solo.

Sul Dizionario di filosofia firmato Treccani sotto la voce gender si legge: “Il termine italiano genere traduce l’anglosassone gender, introdotto nel contesto delle scienze umane e sociali per designare i molti e complessi modi in cui le differenze tra i sessi acquistano significato e diventano fattori strutturali nell’organizzazione della vita sociale. […]”. Questo non può essere che l’incipit di una definizione che si preannuncia lunga, affascinante e complessa.

• Il genere come categoria. Il significato di gender è stato sempre più assimilato negli ultimi tempi a un’idea di categoria, trattandosi di una struttura strettamente legata alla socialità dei ruoli (maschio e femmina) applicabile a tutti gli individui, caratterizzati da numerosi fattori culturali, sociali, generazionali, di orientamento sessuale, ecc. Infatti il termine gender ha finito per coincidere con una costruzione sociale, con i comportamenti attribuiti all’identità sessuale: tutti i condizionamenti socio-culturali che inducono le persone a seguire delle linee di condotta considerate “giuste” per un sesso o per l’altro.

Sesso e genere: per fare un po’ di chiarezza. Ma qual è il problema? Il problema è la confusione che si crea tra gender (e identità di genere) e sesso biologico. Confusione tipica di una società patriarcale, come hanno sottolineato i movimenti di natura femminista e le varie branche dei gender studies. E se anche dal punto di vista biologico la distinzione netta fra maschio e femmina (i famosi cromosomi XX e XY che determinano il sesso di un individuo) non esiste, poiché questi sono due estremi che racchiudono una serie di possibilità più ibride (si pensi per un attimo a tutte le sfumature dell’intersessualità), un “bianco” e un “nero” tra i quali è possibile trovare un’infinita gamma di “grigi”, quando si parla di identità di genere le possibilità aumentano drasticamente e la faccenda, di conseguenza, si complica.

Accade infatti che… un individuo di sesso maschile possa avere un’identità di genere femminile, o viceversa. Accade che l’identità di genere coincida con quella sessuale e che sia consono, per esempio, per una persona nata in un corpo femminile, essere identificata come donna (si parla in questo caso di cis-gender). Ma accade anche che questa identità sia fluida (si parla infatti di gender fluid), mutevole e imprecisa, o sia addirittura assente e rifiutata (agender). Tutte le possibilità sono valide, interessanti e lecite. Come recita il saggio centauro Chirone nell’incipit del film Medea di Pier Paolo Pasolini (1969) “Non c’è niente di naturale nella natura”. Tutto è profondamente culturale, per cui mutevole.

Gender Studies: contributi storici, influenze e personalità. Gli studi di genere, o gender studies, sono nati tra gli anni ’70 e ’80 in Nord America e designano un ambito di studi interdisciplinare focalizzato, appunto, su sessualità, identità e rappresentazione dei generi. La disciplina abbraccia numerosi campi e scienze, quali (solo per citarne alcuni) la letteratura, la filosofia, la linguistica, la sociologia la biologia, la medicina. È profondamente connessa con il filone di studi femminista e LGBTQI (Lesbian, Gay, Bisexual, Transgender, Queer or Questioning, and Intersex) e influenzata da teorie come il post-modernismo. I gender studies contestano l’idea di genere come dato biologico immodificabile e, di conseguenza, il nesso rigido tra apparato sessuale-riproduttivo e identità culturale “appioppata” in concordanza con la natura di tale apparato.

• Tra le personalità di spicco vi è soprattutto la filosofa post-strutturalista e attivista queer Judith Butler, secondo la quale il gender nasce dall’imitazione ed è un qualcosa di costruito, come un travestimento, un atto performativo. Altr* studios* conness* agli studi di genere sono, per citare solo i nomi più celebri: Simone de Beauvoir, Michael Focault e, in Italia, la bioeticista Chiara Lalli.

• Tra le icone pop gender-fluid ci piace citare l’eclettic* David Bowie, Jaden Smith, figli* di Will, l’attrice Ruby Rose, le sorelle (transgender e transessuale) Wachowski, autrici di Matrix e V per Vendetta.

Il Gender, questo babau. Proveremo a farla breve: tra il 2014 e il 2015, a seguito della diffusione delle linee guida della “Buona scuola” (come è stata ribattezzata la riforma del governo Renzi), uno strano caso virale ha attirato le attenzioni dei media. Complici le associazioni estremiste cattoliche, i gruppi WhatsApp di mamme imbufalite e i sindaci di alcuni comuni, tali linee del piano triennale dell’offerta formativa che proponevano “l’attuazione dei principi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni” sono state trasformate nella minacciosa Teoria del Gender. Tale teoria è un essere mitologico, per metà drag queen per metà comunista, che, secondo diverse associazioni e promotori di un confuso messaggio #nogender, avrebbe confuso i bambini portandoli a chiedersi “Sono maschio o femmina?” durante l’orario scolastico; fuori, dunque, dall’occhio vigile e eteronormativo di mamma e papà (la celebre famiglia tradizionale).

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• La risposta del web e dei social a tanto ingiustificato allarmismo (e alla diffusione di falsità) è stata, come sempre, l’ironia. Uno spopolare di pagine-parodia sono fiorite su Facebook, da “È colpa del gender” a “Il giender, i ghei e altre cose paurose”; i meme, i finti eventi e i giochi di parole imperversano: il gender si trasforma in un babau che farà venire le mestruazioni ai bambini, o in una malattia non meglio identificata che farà utilizzare il trapano alle donne e cucinare la cena agli uomini.

Sensibilità e nuovi approcci. E se nella cattolica Italia (ma anche altrove in Europa) si combatte contro la fobia per ciò che non si conosce, oltreoceano vi è una maggiore sensibilità: dai Gender Neutral Restroom and Bathroom, all’attenzione per l’utilizzo del neutro nelle Università. Anche Facebook, già da tempo, ha scelto di ampliare l’offerta di generi tra i quali identificarsi all’atto della registrazione sul social.

La soluzione per l’emancipazione è, come sempre, quella di continuare a informarsi e informare.

Primavera Contu

About the author

Primavera Contu

Primavera Contu nasce a Cagliari 27 anni fa, gira per l'Italia, approda casualmente nei luoghi che più la ispirano. Dopo aver studiato recitazione a Bologna capisce che la cosa non fa per lei: si avvicina alla scrittura per la scena e ai linguaggi della performance, avvia diversi progetti di ricerca drammaturgica e didattica, collabora come autrice teatrale con diverse realtà. Detesta parlare di sé in terza persona, lavora come web copywriter e si domanda incessantemente come poter vivere di sola scrittura.

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