Una fake news ci seppellirà? Poche cose fanno paura oggigiorno quanto lo spauracchio del fake: il limite tra realtà e finzione si sta sempre più assottigliando in quasi tutti i settori della contemporaneità e il concetto di “vero” e quello di “falso” stanno mutando in modo considerevole la loro validità oggettiva e soggettiva. Diventeremo i fake anche di noi stessi?
Il web che informa, il web che mente. Una delle più grandi rivoluzioni che ha portato con sé la rete è certo quella di aver reso più democratico e immediato l’approccio all’informazione. Ma la rivoluzione tecnologica sta sempre più facendo i conti con la macchina della disinformazione attorno cui non solo ruotano falsità di ogni sorta ma soprattutto l’oscuro mercato del clickbaiting, l’esca che nel mare di internet riempie reti di user pronti a far trasformare un click in un immediato guadagno per sconosciuti.
“Fake news is killing people’s minds”. Sono le parole di Tim Cook, CEO della Apple, rilasciate in un’intervista del Daily Telegraph, ripresa da The Guardian: il rischio di minare il pensiero critico della gente è troppo alto secondo l’imprenditore di Cupertino e tutte le aziende che si occupano di tecnologia dovrebbero iniziare a investire maggiori risorse nel contrastare questa epidemia, soprattutto ora che ha invaso in modo netto anche la politica.
La top 50 delle fake news nel 2016. Buzzfeed ha pubblicato la classifica delle 50 fake news più famose nel 2016 pubblicate su Facebook (inutile dire come i social siano una cassa di risonanza straordinaria per questi messaggi che raggiungono un’altissima viralità nel giro di pochissimo tempo). Interessante rilevare come quasi tutte siano da riferire all’ambito della politica, soprattutto a quella americana con le elezioni presidenziali: ha fatto storia la fake news di Papa Francesco che dà il suo endorsement a Trump. Intanto in Germania il ministro della Giustizia Heiko Maas ha preparato una proposta di legge in cui chiederà ai social network di eliminare false notizie e post calunniosi o intimidatori, pena una multa fino a 50 milioni di euro.
Pizza, spaghetti, mandolino e #bastabufale: il fake all’italiana. Come spesso accade, le cose di rilevanza internazionale vengono riportate nel nostro Paese con quel “quanto basta” di italianità che restituisce serietà e severità negli obiettivi ma anche un po’ di colore nei toni e nelle espressioni. Sarà forse che da noi la notizia falsa è anche detta “bufala” – un termine che rimanda più al latticino principe della nostra cucina mediterranea piuttosto che a una problematica legata alla disinformazione -, fatto sta che il tutto viene inevitabilmente rimestato nei colori del verde-bianco-rosso. L’integerrima Laura Boldrini, dopo essere stata vittima di falsità riguardanti la sua famiglia, ha recentemente avviato la campagna #BastaBufale sul web (e alla Camera), per sensibilizzare sia la gente comune sia gli alti poteri sulla questione, auspicando una più ampia educazione civica digitale.
In altri tempi… C’è da ammettere, però, che le fake news ci sono sempre state nella storia, anche sotto mentite spoglie, diventando sorte di leggende. Focus ha pubblicato una lista curiosissima di notizie false, unanimemente accettate ma del tutto infondate (per esempio, le piramidi non sono state costruite dagli schiavi e Newton non scoprì la gravità quando gli cadde la famosa mela in testa). Se poi ci si addentra nel mondo dei complottisti allora anche lo sbarco sulla Luna del 1968 sarebbe falso… ma queste sono altre storie.
Vivo, morto o fake? Le leggende metropolitane resuscitano, di tanto in tanto, personaggi famosi dalal morte: cambi di vita repentini (per necessità o per desiderio di smitizzarsi) e morti non accertate, in un ping pong di circostanze vere e castelli di sabbia. Paul McCartney morì veramente in un incidente nel 1966 lasciando un fake che tutt’oggi farebbe le sue veci? Elvis Presley si è finto morto per sfuggire al suo stesso mito che lo aveva ormai cannibalizzato o è davvero passato a miglior vita? C’è anche chi è pronto a giurare che Hitler non sia suicidato con Eva Brown nel suo bunker a Berlino ma che sia scappato – come gran parte dei gerarchi nazisti – in Argentina.
Profili fake: il piacere (o il diritto?) di non esistere con il proprio nome su un social network. Di profili fake più o meno discutibili è pieno il web. Darsi una seconda identità, per scelta, non è d’altronde un reato, se non si fa del male a nessuno e se lo si fa in nome di un po’ di privacy. Nell’era pre-internet, in ambito letterario, un illustre antenato potrebbe essere rintracciato in Adriano Meis, fake identity di Mattia Pascal nel magistrale libro “Il fu Mattia Pascal” di Luigi Pirandello, antesignano di moltissimi vizi e virtù dell’era moderna.
Live Avatar e Virtual Reality. Va da sé, in ogni caso, che dovremo sempre più abituarci all’idea di avere multipli profili di noi stessi, social, fake, virtuali. Gli avatar, per esempio, non corrispondono più unicamente agli omini blu del film-successo di qualche anno fa, sono ormai duplicazioni di noi stessi sempre più socialmente accettati. La cantante islandese Bjork nella sua mostra del 2016 a Londra ha scelto di non partecipare in carne ed ossa alla conferenza di presentazione, e nemmeno di comparire in video, bensì di essere intervistata tramite il suo live avatar, che specchiava i movimenti del corpo e la mimica facciale attraverso un sistema di motion-capture technology. Sur-realtà, ai confini del vero.
Serena Vanzaghi
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