La percezione, fiera e meravigliosa, che in Maremma tutto si sia fermato e stratificato in una storia millenaria unica, arriva prima di qualsiasi altro pensiero. Qui si insediarono gli Etruschi, qui si svolgono ancora oggi lavori dal sapore antico, qui lo scenario naturale tra terra e mare si è stratificato nel tempo, con sapienza immaginifica. E proprio qui, dove tutto sembra immutabile ed eterno, l’arte contemporanea è arrivata a creare nuovi confronti e dialoghi a cielo aperto, scoprendo inedite visioni e intuizioni della Maremma: un museo diffuso, una Hypermaremma.
Abbiamo conversato con Carlo Pratis (gallerista e curatore), tra i fondatori di Hypermaremma, progetto d’arte contemporanea nato nel 2019 con l’intento di innescare una rilettura del territorio e delle sue tradizioni attraverso la realizzazione di interventi site specific e performance, sotto il cielo della Toscana del sud. In 4 edizioni, la rassegna ha coinvolto 49 artisti, con progetti perlopiù temporanei, in un affascinante viaggio di tappa in tappa e di anno in anno alla scoperta delle opere e del loro legame con il territorio.
Tra gli interventi del 2022, la Rocca Aldobrandesca di Talamone ospita l’imponente neon di Maurizio Nannucci, Ships that pass in the night, un omaggio ai navigatori della notte, un saluto a chi attraversa il mare anche dopo il calar del sole. Dal 2020 un’altra installazione al neon (questa volta permanente) realizzata da Massimo Uberti, Spazio Amato, si staglia come un’apparizione poetica all’interno dell’Oasi WWF Terre di Sacra, sul Lago di Burano, a ricordarci come tutti noi abbiamo a cuore uno “spazio amato”: un luogo, un ricordo, una persona, un momento, che custodiamo nel profondo e che sappiamo proteggeremo per sempre.
E così via, in un lungo e sorprendente elenco di opere dedicate a questa terra. Abbiamo chiesto a Carlo di spiegarci meglio le ragioni (e le passioni) che muovono da Hypermaremma…
Intervista a cura di Serena Vanzaghi

Come è nato il progetto Hypermaremma? Da una chiacchierata tra amici/colleghi che condividono affetto e passione per la Maremma e per l’arte contemporanea?
L’idea nasce da una serata di inizio estate insieme a Giorgio Galotti, gallerista anche lui. Un’ipotesi nata per scherzo, ma che forse ha celato fin da subito il bisogno di proiettare le nostre energie in un luogo d’affezione, un luogo dove entrambi abbiamo speso la maggior parte delle nostre estati. A noi due si è subito dopo aggiunto Matteo d’Aloja, grande appassionato d’arte e anche lui innamorato della Maremma.
La Maremma è un territorio stratificato in cui tradizioni, natura e storia, mare e terra, si combinano straordinariamente in forme diverse, di kilometro in kilometro. Come il progetto Hypermaremma si inserisce in questo contesto? Come è stato accolto dai local?
La Maremma è un luogo che con la sua meravigliosa ed eterna immutabilità è rimasto nel tempo senza una rete di eventi, di momenti di incontro e dialogo. Quindi la Maremma anche per un’esigenza contingente, che nasce dal vuoto che volevamo provare a riempire per noi stessi innanzitutto. Il nome del progetto l’abbiamo pensato appunto per la sua intrinseca ironia. Il contrasto tra questa placida immobilità del territorio rispetto a qualcosa di invece veloce e repentino, come l’iperattività di un corpo che fermo a lungo non sa stare, qualcosa che abbia un sapore fantascientifico, fatto di una moltitudine di eventi, mostre e apparizioni, come fossero una vertiginosa costellazione. Incredibilmente gli abitanti del posto hanno da subito amato le grandi installazioni in dialogo con il loro territorio, le hanno sentite da subito come un patrimonio proprio, e questo è stato meraviglioso. Dall’iconico neon “Spazio Amato” del 2020 fino alla gigantesca scritta in tronchi d’albero di Claudia Comte di quest’anno, passando dal pugno di Goldrake di Moira Ricci l’anno scorso, le opere sono state sempre rispettate e quasi consacrate come nuovi simboli di questa terra da chi in questa terra ci vive tutto l’anno.

49 artisti coinvolti dal 2019 a oggi: come viene fatta la selezione dei progetti? Vengono indicate alcune linee guida?
Nel nostro approccio curatoriale il dialogo tra luogo e intervento artistico è sempre fondamentale. Il paesaggio diventa parte integrante dell’opera e molto spesso del suo stesso significato. Nei nostri progetti il più delle volte siamo partiti dal luogo stesso, dalla nostra volontà di svelarlo e di raccontarlo quindi con gli occhi dell’artista. Partendo dal luogo ragioniamo su quale pratica e intervento possa essere più adatto, e quindi si procede con la ricerca dell’artista.
L’unica linea guida quindi è lasciare metà del lavoro al luogo stesso, a ciò che rappresenta e a ciò che sa innescare nel pubblico.
Nelle vostre presentazioni e sui vostri canali istituzionali mi sembra che non amiate utilizzare con “leggerezza” il termine Land Art, mi pare che preferiate “installazioni ambientali”. Hypermaremma è un progetto che ambisce a diventare Land Art, con un inserimento permanente di opere nel paesaggio che mutano nel tempo con il paesaggio stesso?
Oggi il termine “Land Art” è molto spesso usato con leggerezza e imprecisione. Land Art significa modificare fisicamente il paesaggio con degli interventi che agiscono direttamente appunto sulla “terra”. Noi fino ad ora abbiamo piuttosto inserito nel territorio grandi sculture e installazioni che dialogano col paesaggio, ma ovviamente ci auguriamo presto di poter affrontare anche dei grandi progetti di vera e propria Land Art.
Oltre a Spazio Amato, acquisito da Terre di Sacra e entrato a far parte permanentemente dell’Oasi WWF del Lago di Burano, ci sono altre due opere permanenti visibili liberamente al pubblico in due aziende private d’eccezione: l’incredibile cancello in ferro battuto e ceramica di Emiliano Maggi presso l’azienda vinicola Terenzi a Scansano, e “Sinfona per Orci”, un’installazione sonora in terracotta di Michela de Mattei presso Le Terme di Vulci.

Le installazioni che proponete di edizione in edizione sono pressoché su grande scala, e implicano un certo impegno di produzione, movimentazione, allestimento. Come vengono gestite queste fasi?
I momenti di produzione e installazione sono le fasi assolutamente più impegnative e magiche allo stesso momento. Vedere un’opera di grande scala crescere in piccole officine di artigiani o grandi capannoni di aziende è un’emozione difficile da descrivere, quel momento di bilico tra vedere un’opera come nasce e proiettarsi ad immaginarle poi nel loro scenario definitivo. Queste fasi le seguiamo a fianco agli artisti personalmente, delegando solo in rarissime occasioni il compito a qualcun altro. Supportare un artista in una fase così delicata è assolutamente necessario, fare da mediatore tra artista e artigiano, soprattutto con i più giovani. Inoltre nel nostro caso la riuscita di un’opera dipende tantissimo dal suo posizionamento e da come muta la sua fruizione durante il mutare della giornata, il vero lavoro per noi è appunto curare tutto questo.

Ci racconti qualche aneddoto legato all’installazione delle opere o durante le loro esposizioni, accaduti in questi anni? Credo che non ne manchino…
Quest’anno appena prima di Pasqua installando la gigantesca scultura di Giuseppe Gallo in acciaio Corten davanti al mare tra le dune di Ansedonia ho avuto un’incredibile conversazione con il titolare della MarSid, la formidabile azienda siderurgica che innamorandosi del progetto ne ha supportato la realizzazione. A lui, burbero e coriaceo maremmano, provo a raccontare il senso dell’opera, il tentativo dell’artista dipingere il mare, usandolo come sfondo e sovrapponendogli queste gigantesche sagome di 4 metri. Lui di tutta risposta mi fa: “Mi sa però che sarà prima il mare a dipingergli l’opera all’artista”. Dopo una lunga risata ho capito benissimo cosa intendeva. Ogni mareggiata ha lasciato nuove striature sul Corten, la salsedine, giorno dopo giorno, sta cambiando la pelle dell’opera in maniera assolutamente inaspettata.

Come si finanzia Hypermaremma?
Questo è il secondo anno che Hypermaremma si classifica come prima nel bando dedicato all’arte contemporanea della Regione Toscana. Affianco a questo supporto abbiamo dei contributi dai Comuni della zona, quello di Orbetello prima di tutti, che ha da sempre creduto in quello che facciamo. Sono però fondamentali per il nostro progetto tante piccole aziende locali che ci sostengono non solo economicamente, ma anche con il loro entusiasmo e il loro lavoro concreto che ci affianca in tante fasi del progetto. Non da ultimi un gruppo di amici, soprattutto coetanei, che con una piccola quota annuale diventano sostenitori e ambassadors del progetto. Per noi loro sono fondamentali, soprattutto da un punto di divulgazione del progetto e networking per poterlo sviluppare sempre di più.

Cosa vi augurate per il futuro?
La nostra volontà è, anno dopo anno, di abbracciare con i nostri interventi luoghi sempre meno vicini ad una visione ormai scontata di una Maremma “Capalbio-centrica”. Il nostro sogno è quello di lavorare ancora nella Maremma laziale, e di arrivare alle isole: Giannutri e il Giglio ad esempio.
Il pensiero che sta dietro al progetto è sempre quello di creare pezzo dopo pezzo un percorso che renda questa scoperta un’esperienza immersiva a tutti gli effetti: immersiva con il paesaggio e con le opere che lo ridisegnano e lo risignificano. Questo percorso ci auguriamo per il futuro che non sia unicamente concentrato nel periodo estivo, ma possa svilupparsi lungo l’arco dell’anno, immaginando opere che non siano più semplicemente “stagionali”.
Serena Vanzaghi
Programma completo dell’edizione in corso di Hypermaremma (fino al 30 settembre 2022):
https://www.hypermaremma.com/it/2022-art/
In copertina: Gianni Politi, Le fatiche di A.C., Talamone