Arte e Fotografia

Il fascino delle neuroscienze in mostra a Fondazione Prada Venezia

Human Brains è il risultato di un approfondito processo di ricerca intrapreso da Fondazione Prada dal 2018 nell’ambito delle neuroscienze e guidato da una forte volontà di comprendere il cervello umano, la complessità delle sue funzioni e la sua centralità nella storia dell’uomo. Attraverso una convergenza tra differenti approcci scientifici (neurobiologia, filosofia, psicologia, neurochimica, linguistica, intelligenza artificiale e robotica) il cervello umano è stato declinato al plurale, come suggerisce il titolo, per sottolinearne l’intrinseca complessità e l’irriducibile singolarità di ogni individuo. La mostra sarà visitabile fino al 27/11/2022.

Considerare questo progetto della Fondazione Prada solo come una mostra sarebbe riduttivo e non del tutto corretto. Human Brains – It begins with an idea è il quarto appuntamento di un approfondimento dedicato alla ricerca scientifica e alle neuroscienze in particolare, sull’organo più indagato e ancora oggi meno conosciuto del corpo umano, in stretta relazione con l’espressione artistica a 360 gradi. I tre piani del settecentesco palazzo Ca’ Corner della Regina, ospitano un percorso cronologico ma allo stesso tempo dinamico del rapporto tra essere umano e cervello. Sempre impeccabili, le soluzioni installative rendono la visita coinvolgente e allo stesso tempo densa di approfondimenti e dettagliate indicazioni che accompagnano il visitatore attraverso secoli di ricerche. Al piano terra, si viene accolti in una tribuna con due sale attigue  una serie di proiezioni introducono temi quali: l’anatomia, la fisiologia e l’imaging del cervello, con approfondimenti connessi soprattutto al suo sviluppo e funzionamento. Dal linguaggio alle emozioni, dalla percezione a vere e proprie lezioni anatomiche il cervello viene preso in esame da scienziati e studiosi di varie discipline.

Quipu incaPerù, XV – XVI secolo Cotone grezzo tinto, filato e intrecciato, lana, nodi,accanto: IL MAESTRO DEI QUIPU di Ch’Aska Anka Ninawamannarrato da George Guidal -Foto: Marco CappellettiCourtesy: Fondazione Prada

L’esposizione si snoda al primo piano con oggetti storici, documenti, manoscritti e dipinti che rivelano ricerche, interpretazioni, credenze e testimonianze sul cervello, sulle sue attività e lo stretto contatto con la nostra comprensione e costruzione del mondo materiale e onirico. Infatti proprio il sogno è uno dei protagonisti del progetto espositivo, come ad esempio la copia tridimensionale di due cilindri sumeri, ritrovati in Iraq, con incisioni cuneiformi che riportano il più antico resoconto di un sogno (2120-2110 a.C.), oppure le varie versioni, tradotte in tutto il mondo de L’interpretazione dei sogni di Freud, vero e proprio cardine per gli studi in ambito psicanalitico e non solo. Ovviamente anche la “follia” e le patologie che nel tempo gli studiosi hanno cercato di comprendere e di curare compongono una parte considerevole del percorso espositivo, in cui spiccano il dipinto di Hieronymus Bosch L’estrazione della pietra della follia, capolavoro dei primissimi anni del 1500, che si prende gioco dei medici ciarlatani e delle cure dell’epoca, mantenendo un’aderenza assoluta alle credenze del suo tempo, ma anche un coltello andino del XII-XV sec a.C. e alcuni ferri del mestiere di datazione romana, molto probabilmente utilizzati dai medici per interventi al cervello. Oggetti sorprendenti per aiutare la memoria, modelli anatomici in cera, una copia ottocentesca del Kaishihen, il primo resoconto giapponese della dissezione del cervello, con illustrazioni del celebre pittore Shunmei Aoki, la visita regala continuamente spunti interessantissimi mettendo in parallelo e in relazione le più disparate parti del globo, per cercare di ricordare che i processi del progresso scientifico non sono esclusivi di una ridotta porzione geografica, ma dell’interazione dei ricercatori dell’intero pianeta.

L’opera in mostra di Hieronymus BoschL’estrazione della pietra della follia, 1501-1505 ca.olio su tavola di querciaFoto: Fabrizio Ajello

Al secondo piano si giunge ai nostri giorni, con articoli scientifici che documentano le grandi scoperte e i momenti di svolta della ricerca moderna, come ad esempio la documentazione della prima risonanza magnetica, o i resoconti delle ricerche portate avanti da Rita Levi-Montalcini, sulla scoperta del fattore di crescita delle cellule nervose, o ancora una delle macchine per effettuare gli elettroshock. Interessante l’idea di costruire una Conversation Machine in cui trentadue schermi permettono di mettere in dialogo altrettanti studiosi, intellettuali, neuroscienziati, in una conversazione accompagnata dall’apparizione di oggetti connessi al dibattito. Altro dispositivo degno di nota è il processo narrativo che accompagna gli oggetti più significativi (trentadue in tutto) del percorso espositivo con l’intervento di scrittori e autori internazionali. I brevi racconti appositamente commissionati  in formato di lettura audio-video modellano lo spazio espositivo, divendo brusii e intrecci vocali in alcuni punti e chiare voci narranti in altri, aggiungendo così un ulteriore interazione centrifuga rispetto all’esperienza del visitatore. Tutti i testi, tra cui spiccano quelli di:  Ayọ̀bámi Adébáyọ̀, Mauro Javier Cardenas, Akwaeke Emezi, Esther Freud, Rivka Galchen, Daniel Galera, Paolo Giordano, Uzodinma Iweala, John Keene, Hervé Le Tellier, Michele Mari, Ch’aska Anka Ninawaman, Charu Nivedita, Tilsa Otta, Sidarta Ribeiro, Cord Riechelmann, Salman Rushdie, Ekaterina Sedia, Leanne Shapton, Ahdaf Soueif, Maria Stepanova, sono presenti sulla piccola pubblicazione che consente di poter rileggere con calma i singoli interventi. Forse l’unico neo dell’intero progetto è la presenza di evidenti copie espositive di papiri, di testi di provenienza araba, del dipinto La lezione di anatomia del dottor. Deyman di Rembrandt  e di alcuni fogli manoscritti con disegni anatomici di Leonardo da Vinci, che, per quanto funzionali alle tematiche trattate e al processo messo appunto dai curatori, lasciano un po’ l’amaro in bocca, rispetto alla scelta di opere e manoscritti originali, magari meno altisonanti in quanto a fama, ma che potevano dare un valore aggiunto all’intera esposizione.

In effetti, a pensarci bene, il cervello è l’unico organo che studia e indaga se stesso. Una peculiare e speculare attenzione che determina molti cortocircuiti ma allo stesso tempo infinite sfumature d’interesse e il progetto Human Brains della Fondazione Prada riesce a spingersi in questa straordinaria avventura.

Fabrizio Ajello

In apertura: La tribuna che ospita i video di Human Brains: It Begins with an Idea, Fondazione Prada, Venezia | Foto: Marco Cappelletti | Courtesy: Fondazione Prada

About the author

Fabrizio Ajello

Fabrizio Ajello si è laureato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo, con una tesi in Storia dell’Arte Contemporanea.
Ha collaborato in passato attivamente con le riviste Music Line e Succoacido.net.
Dal 2005 ha lavorato al progetto di arte pubblica, Progetto Isole.
Nel 2008 fonda, insieme all'artista Christian Costa, il progetto di arte pubblica Spazi Docili, basato a Firenze, che in questi anni ha prodotto indagini sul territorio, interventi, workshop e talk presso istituzioni pubbliche e private, mostre e residenze artistiche.
Ha inoltre esposto in gallerie e musei italiani e internazionali e preso parte a diversi eventi quali: Berlin Biennale 7, Break 2.4 Festival a Ljubljana, in Slovenia, Synthetic Zero al BronxArtSpace di New York, Moving Sculpture In The Public Realm a Cardiff, Hosted in Athens ad Atene, The Entropy of Art a Wroclaw, in Polonia.
Insegna materie letterarie presso il Liceo Artistico di Porta Romana a Firenze.