Una finestra sul mondo giapponese dalla quale è possibile scorgere incantevoli paesaggi naturali, templi e cascate, antichi samurai, graziosi ponti ed eleganti donne durante la cerimonia del tè: nella mostra Hokusai, Hiroshige, Utamaro tenutasi a Milano nel Palazzo Reale dal 22 settembre 2016 al 29 gennaio 2017 in occasione del 150° anniversario dei rapporti tra Italia e Giappone, sono esposte opere realizzate nel periodo che va dal 1600 al 1850, il cosiddetto periodo Edo.
Promossa e prodotta da Comune di Milano‐Cultura, Palazzo Reale, MondoMostre Skira e curata dalla professoressa Rossella Menegazzo, docente di Storia dell’Arte dell’Asia Orientale dell’Università degli Studi di Milano, la mostra esprime le caratteristiche salienti del Mondo Fluttuante (Ukiyoe) di cui Hokusai, Hiroshige e Utamaro furono i principali esponenti: un filone artistico che esalta i piaceri della vita e il godimento dell’attimo che fugge, contrapposto all’etica e ai principi morali dei samurai.
Benchè l’intento dei tre maestri fosse quello di rompere col passato, esaltando nuovi valori quali la fluttuabilità del mondo, il suo evolversi e i suoi cambiamenti, all’osservatore di oggi le 200 silografie policrome della mostra sembrano cristallizzare l’epoca dello shogunato dei Tokugawa, raffigurandola in pienezza con tutte le sue caratteristiche. È il Giappone che da sempre ha affascinato il mondo occidentale.
Zolle di terra e balle di riso, case del tè e nobildonne accompagnate da servitori sono raffigurate nei surimono (“cosa stampata”), diventando specchio fedele dell’epoca Edo, rurale, genuina e pulita. Pescatori, intagliatori, falegnami e agricoltori sono invece i protagonisti della serie di Katsushika Hokusai (1760-1849) Le Trentasei vedute del monte Fuji, dove si possono notare i mestieri e le attività principali svolte in quel periodo. Rispetto alla vita di oggi, i tempi sembrano scorrere molto lentamente e quindi, al di là dell’intento creativo, ci si chiede quale sia oggettivamente l’elemento fluttuante presente nelle opere d’arte esposte.
Sicuramente lo scorrere dell’acqua che compare spesso: fiumi, cascate, laghi e mari sono presentati in diversi luoghi e momenti della giornata. “La grande onda presso la costa di Kanagawa”(1830-1832 circa) di Hokusai rappresenta l’emblema del Mondo Fluttuante. S’innalza irruenta come un artiglio, travolgendo le due imbarcazioni raffigurate. Appare vera. Il colore prevalente, come nella maggior parte delle opere dell’artista, è il blu.
Stessi soggetti, stessi oggetti e ambientazione caratterizzano le silografie di Utagawa Hiroshige (1797-1858), l’artista della pioggia. Le sue opere sono contaminate da colori più caldi e delicati come il rosso e il rosa, ma hanno sempre l’acqua come elemento dominante. Nell’opera “Fujieda (1848-1849 circa)” della serie “Cinquantatrè stazioni di posta del Tokaido” la violenza e la rapidità della pioggia hanno il sopravvento su tutto il resto, esprimendo a pieno lo scorrere dell’acqua, come quello del tempo.
A fatica, invece, s’intravede l’elemento fluttuante nella sezione dedicata a fiori e uccelli, se non per i petali portati dal vento, le foglie sospese nell’aria o uno stormo in fuga nel cielo. Nell’opera Gru, pino e sole nascente (1852) di Hiroshige, ad esempio, la gru è ferma, appoggiata ad un pino, albero sempreverde e simbolo di longevità, contrapposta proprio alla temporaneità della vita. Anche il monte Fuji immancabile nella maggior parte delle silografie esposte nella mostra, è per i giapponesi simbolo di stabilità e fermezza, lungi dall’essere effimero e passeggero. Stesso dicasi per i tanti ponti raffigurati: è movimento ciò che scorre sotto di essi o ciò che li percorre, ma di base devono essere solidi e fissi per adempiere alla propria funzione.
Predominante, invece, nella sezione dedicata a Kitagawa Utamaro (1751-1806) è la volatilità della bellezza esteriore. Definito “il pittore della beltà femminile” nelle sue opere esprime a pieno la caducità del Mondo Fluttuante attraverso i volti delle cortigiane, gli eleganti kimono e le raffinate acconciature. La sensualità delle labbra, gli sguardi e la delicatezza delle mani catturano l’attenzione dell’osservatore che si lascia trasportare in questo mondo incantato come da una dolce melodia.
Oltre ai tre artisti, anche l’ambientazione della mostra richiama l’effimero e il passeggero. I pannelli traslucidi in carta giapponese appesi al soffitto, ad esempio, oscillano lentamente e di continuo, esprimendo un senso di equilibrio precario.
Tuttavia, nonostante gli sforzi nel rappresentare l’attimo che fugge, le immagini e le opere di questa mostra restano impresse nel cuore dell’osservatore. È difficile staccarsene. Quello giapponese è un mondo a sé, che cattura chi non ne fa parte. Grazie all’abattimento del protezionismo dopo il 1850 il mondo intero ha potuto conoscere Hokusai, Hiroshige e Utamaro. Le loro opere, cellule embrionali dei successivi manga e anime, hanno conquistato le popolazioni occidentali e non solo. A distanza di circa 200 anni, lungi dall’essere momentanea, la bellezza delle loro opere continua e continuerà ad esercitare un fascino eterno.
Adelaide De Martino
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