“Fare arte significa rendere oggettiva la tua esperienza del mondo trasformando la successione di singoli momenti in qualcosa di visivo, testuale o musicale. L’arte crea una sorta di commento.” (Barbara Kruger)
Dal 6 settembre 2019 al 9 febbraio 2020 sarà possibile visitare “Please, Teach Me the Language of a Rose”, personale site-specific creata da Giuseppina Giordano (Mazara del Vallo, novembre 1987) per la David S. and Susan R. Goode Gallery e ospitata presso il museo statunitense Taubman Museum of Art in Virginia.

L’elemento predominante della mostra è la rosa, fiore che si caratterizza per le sue molteplici simbologie e per il suo odore forte e distintivo. L’artista propone con il suo progetto, attraverso la stimolazione sensoriale, di percepire il lavoro su un livello più intimo che varia da individuo a individuo.
Giuseppina Giordano è un’artista poliedrica con una propensione nello strutturare con grande semplicità tematiche concettualmente complesse, attraverso una pratica “aperta” del suo lavoro.
In “Please, Teach Me the Language of a Rose” Giuseppina mette in dialogo tra loro quattro opere rendendo, nel complesso, la personale un’esperienza immersiva e multisensoriale che attiva nello spettatore i cinque sensi, rendendolo parte del progetto stesso. Entrando nello spazio si viene immediatamente sopraffatti dal caratteristico odore di rose che pungente invade l’intera sala. In diversi punti della stanza sono posizionati 21 contenitori, realizzati con una pasta di petali di rosa, una tecnica antica usata in diverse religioni per creare i grani dei rosari e successivamente i gioielli di epoca vittoriana. Ogni vaso è diverso dall’altro, prendendo spunto dalle raffigurazioni di vasellame realizzati da alcuni pittori del XX e del XXI secolo (da Picasso a Morandi, De Pisis, Matisse, Suzanne Valadon fino a Roy Lichtenstein) e portando ad una riflessione specifica sul vuoto e l’essenza, forma e sostanza, contenuto e contenitore. L’olfatto sicuramente tra tutti è il senso che maggiormente riattiva i ricordi, innescando un processo di rielaborazione della memoria personale.


L’ambiente, interamente rivestito da un tappeto in velluto, rievoca uno spazio meditativo e accogliente dove lo spettatore viene invitato ad accomodarsi o distendersi lungo tutta la superficie. Proiettato a parete, su uno sgargiante fondo rosa, la figura di una donna che parla il linguaggio dei segni. L’interprete L.I.S. crea una tensione cognitiva nello spettatore, portandolo a una ricerca di elementi da lui decifrabili per la comprensione di ciò che sta vedendo. Concentrandosi sulla gestualità della figura all’interno del video, ogni gesto ed espressione labiale riconduce alla nascita, all’azione dello schiudersi e in effetti l’interprete segnala la parola “rosa” e “il suono di un fiore che sboccia” in 30 lingue dei segni del mondo. Nel progetto, a rafforzare lo strato emozionale e rievocativo, il suono ha una funzione predominante. Grazie alla collaborazione con il musicista e artista sonoro Fabio R. Lattuca, Giuseppina Giordano riesce, su livello uditivo, a ricondurre il materiale sonoro all’azione della nascita. Durante la costruzione della traccia audio “In Bloom”, che si propaga all’interno di tutto lo spazio, è stato chiesto a parenti e amici di riprodurre, seguendo delle precise indicazioni, dei suoni onomatopeici. Queste registrazioni, come dei field recording del “paesaggio umano” vengono poi rielaborate da Lattuca che, magistralmente attraverso la sua personale composizione, tesse una fitta trama tra i vari elementi e opere che compongono il progetto. Il risultato permette al fruitore di innescare tutte le funzioni cognitive per attivare un passaggio dal livello macroscopico a quello microscopico. “Please, Teach Me the Language of a Rose” gioca sul tentativo di avvicinarsi alla prospettiva di una rosa e al suo linguaggio attraverso canali differenti, senza mai incontrare alcuna raffigurazione diretta ed esplicita del fiore.

L’atto di sbocciare, schiudersi è assolutamente connesso alla nascita, alla riproduzione e la rosa stessa racchiude in sé, nella cultura occidentale ma non solo, il simbolo della completezza: rappresenta, infatti, la profondità del mistero della vita, la bellezza, la grazia, la felicità, ma anche la voluttà, la passione ed è perciò, spesso associato alla seduzione.
Da sempre è un fiore abbinato alle divinità femminili, simboleggia il sesso femminile, è amore, vita, creazione, bellezza ma la sua rapidità nell’appassire rappresenta anche il contrario di se stessa. Lussuria, morte e sofferenza nel suo colore e le sue spine evocano, invece, il sangue ed il martirio. Per la sua forma rotonda la rosa è anche accostata a quella geometrica del cerchio, associata spesso al significato di sistematicità e ciclicità.
L’intento dell’artista è quello di rompere completamente l’immaginario di un fiore spesso banalizzato o abusato nei suoi significati, decontestualizzandolo dalle sue simbologie tradizionali, avviando così un processo di conoscenza-esplorazione della rosa, elevandola a pura essenza.
Il riferimento letterario dell’artista a questo fiore si rifà alla poetica di Giorgio Caproni, la cui ricerca era mirata alla rappresentazione dell’illusorietà del linguaggio.
“Buttate pure via
ogni opera in versi o in prosa.
Nessuno è mai riuscito a dire
cos’è, nella sua essenza, una rosa.”
Giorgio Caproni
All’ingresso dello spazio le parole del poeta, stampate su fili di nylon sottilissimi semitrasparenti, si dissolvono ogni qual volta uno spettatore oltrepassa l’ingresso, accogliendolo con una provocazione: ovvero la fallacia potenza del linguaggio e l’impossibilità di raggiungere attraverso di esso l’essenza delle cose, delle esperienze.


Successivamente all’inaugurazione, Giuseppina Giordano ha messo in azione un workshop dove, con grande semplicità, ha portato i fruitori verso una metodologia. Utilizzando il concetto di “contenuto e contenitore” ha chiesto ai partecipanti di creare dei vasi, attraverso la tecnica della cartapesta, rivestiti di fogli contenenti petali di rose e testi di poesie scelte dal pubblico, realizzando un oggetto che nella forma è utile a contenere ma che nell’essenza è il contenuto della scelta di ogni partecipante.
Concludendo, la rosa diviene un medium capace di scuotere la stratificazione emotiva e culturale di ognuno, attraverso un percorso che genera una riflessione sulla ciclicità, incrociando la storia dell’arte, la poesia, lo zen e le diverse simbologie di sé stessa. Utilizzando le parole stesse dell’artista: “la mostra è un invito a prendere tempo, un tempo che sta sbocciando, un tempo altro”.
Sasvati Santamaria
Link di approfondimento:
https://www.taubmanmuseum.org/calendar/12492/giuseppina-giordano-please-teach-me-the-language-of-a-rose.
Conversazione con Giuseppina Giordano | Accadimenti, pratiche, sogni
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