Metti quattro ragazze a New York ed è subito “Sex and the city”. Niente di più sbagliato se si parla di “Girls”, serie tv lanciata dalla HBO nel 2012 e giunta ormai alla quarta ed ultima stagione. La serie non ha fatto successo, almeno in Italia, e il motivo è semplice: “Girls” parla di noi troppo da vicino.
La protagonista di “Girls”, Hannah, in sovrappeso e piena di complessi, nonché egocentrica e arrivista, non ha bene in mente i codici comportamentali che regolano i rapporti umani, o meglio, finge di non conoscerli. Hannah è talmente impegnata a cercare di essere ciò che vorrebbe, una scrittrice in carriera e una donna sicura di sè in grado di mantenere relazioni sane e costruttive con le amiche e con i ragazzi, che finisce per impersonare un clichè in maniera talmente forzata da non riuscire più a distinguere il suo vero carattere dalla farsa che si è cucita addosso. Passa il tempo recitando, sempre, pur di sentirsi originale e diversa, pur di sentire che lei ha qualcosa in più da dare al mondo e che per questo otterrà tutto ciò che ha sempre sognato. Ecco, questo è il grande trauma della generazione di Hannah, quei ragazzi tra i venti e i trent’anni che hanno imparato a sognare in grande ancora prima di saper parlare. Una generazione a cui è stato inculcato il mito dell’originalità, una schiera di giovani che si sentono speciali a prescindere e si atteggiano in modo da renderlo visibile a tutti.
Ma forse la recita non è per gli altri, forse è proprio per convincere se stessi e per auto-rassicurarsi. Perchè quando non riesci a pagare l’affitto coi tuoi sogni e ti ritrovi dietro al bancone di un bar che odi, quando non riesci a mantenere una relazione stabile con un partner perchè anche lui è troppo stressato da questo perpetuo oscillare tra manie di grandezza e oggettivo fallimento, non resta che aggrapparsi alla consapevolezza di essere diversi, speciali. E poi, certo, ci sono le amiche, ognuna alle prese con il suo personaggio e con tutti i drammi che questo comporta. Ma almeno con loro, che conoscono il nostro bluff, per un momento ci si riesce a guardare negli occhi e a smettere di fingere.
Raffaella Carillo
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