Arte e Fotografia

Gianfranco Baruchello, il pioniere della sperimentazione

Instancabile sperimentatore di tecniche e linguaggi artistici, sensibile e accorto osservatore della contemporaneità: Gianfranco Baruchello viene raccontato in una mostra-omaggio inedita che raccoglie l’opera omnia dell’artista, tra video, installazione, pittura, film e disegno.

Il Montaggio. Indice, 1975-1976, Fondazione Baruchello RomaPioniere della sperimentazione fotografica e video tra gli anni ’60 e ’70, dopo cinquanta anni di attività, Gianfranco Baruchello ha ricevuto il riconoscimento dovuto. Livornese, classe 1924, negli ultimi anni ha riscontrato una notevole visibilità anche a livello internazionale. Nel 2011 era presente alla Biennale di Venezia, sia nella mostra di Massimiliano Gioni, Il Palazzo Enciclopedico, che nel Padiglione Italiano curato da Bartolomeo Pietromarchi. Mentre nel 2013 ha preso parte a Documenta, dove già aveva esposto nel 1977. Con Gianfranco Baruchello, Cold Cinema Film, Video e opere  1960- 1999, curata dal giovane Alessandro Rabottini, la Triennale di Milano presenta un percorso inedito con sedici opere tra film e video accompagnati da installazioni e opere pittoriche.  L’unione dei diversi materiali, disegno, pittura, scrittura, confluisce nel video e si rispecchia nell’impronta allestita che, a sua volta, delinea l’idea di spazio espositivo centrale negli anni ’60 e ‘70. Alessandro Rabottini rivela un’ approfondita conoscenza del lavoro di Baruchello e un’ottima scelta curatoriale.

La mostra si espande al secondo piano della Triennale che è diviso in due, da un lato Barucchello dall’altro la mostra di John Latham, Great Noit. Opere 1955-1998, sempre curata da Alessandro Rabottino.

Ma noi restiamo in territorio italiano.

La prima sala della mostra di Baruchello esplica in maniera esaustiva la sua tecnica artistica.

Una proiezione, Verifica incerta (Disperse Exclamatory Phase)  (1964-65) è accompagnata dall’esposizione di trenta pagine proveniente dal libro La quindicesima riga (1966-68). Medesima tecnica materiali diversi. Per Verifica Incerta, l’artista in collaborazione con Alberto Grifi, monta con nastro adesivo 150.000 metri di cinema americano degli anni cinquanta e sessanta, per La quindicesima ora copia e ‘monta’ le quindicesime righe di quattrocento libri. Appropriazione, montaggio e assemblaggio sono le parole chiave. L’esposizione, lo si intuisce già da questa sala, è un confronto continuo tra media diversi.

Il grado zero del paesaggio (1963) affronta tematiche essenziali del suo lavoro e sono le prime sperimentazioni che compie con la cinepresa. La narrazione è abolita: la cinepresa è immobile davanti a distese di mare mentre Il grano, dal 25 maggio al 25 giugno 1975, ne documenta la maturazione giorno per giorno. Quindi grado zero, l’immagine parla per sé, si inizia un’operazione di senso attraverso la ripetizione del movimento ripreso e il montaggio.

Non accaduto, 1999

Altri video, Nodi, Tic Tac e Non accaduto (1999), sembrano raccontarci il processo artistico compiuto alla ricerca di questo azzeramento del punto di vista. In questi lavori svuota di senso materiali che hanno natura sintattica. Si appropria di un linguaggio per creare ipotesi e nuove idee. In Nodi infatti Baruchello annoda un filo, in Tic Tac sono ripresi oggetti che producono un rumore ritmico, in Non accaduto la telecamera riprende una giacca che oscilla alla finestra creando suspence attraverso una musica straniante.

L’ ‘ipotesi zero’ viene raccontata anche attraverso la pittura con Lo zero di Gödel (1962) e il ciclo di dipinti Non accaduto. Il bianco domina le tele, gli elementi figurativi sono microscopici e la scrittura illeggibile. Lo sguardo si concentra su un piccolo dettaglio che rimarrebbe invece  ignorato, l’artista ce lo restituisce e lo evidenzia in questi grandi monocromi.

Nel 1968 produce tre opere filmiche, nel clima di contestazione giovanile, come risposta alla guerra in Vietnam: Costretto a scomparire, Per una giornata di malumore nazionale, Norme per gli olocausti. Un tacchino smembrato, un pasto con monete e una serie di piccole catastrofi quotidiane vengono proiettate su tre diverse supporti. Come sempre è l’artista che spiega meglio il senso del suo lavoro, infatti ha dichiarato: “sono nati dal desiderio di comunicare il pessimo umore che ho per come vanno le cose attorno a me”. Quindi di nuovo gesti ripetuti, il gesto-performance immortalato da una cinepresa per esprimere dei pensieri.

Diverse opere richiamano alcune tra le figure più importanti della storia dell’arte. (Già in Verifica incerta tra le immagini di film americani degli anni ’50 appare l’amico Marcel Duchamp che fuma il sigaro.)

Leftovers (1975) fa invece pensare alle scatole di Joseph Cornell, ma anche alla Boîte-en-valise di Duchamp. Sono scatole in plexiglass contenente gli ‘avanzi’ sul tavolo da lavoro a fine giornata. Queste vengono svuotate un anno dopo, gesto documentato in Inventario d’ottobre (1976). Un richiamo a Duchamp si ritrova anche in  Palle e spilli (1960): un readymade, un ‘happening su supermercato’. viene scelto un oggetto da accostare a un altro per il loro nome assonante.

Il gioco di parole richiama il fantasma di Rayman Roussel, personaggio influente sia per i surrealisti e che per Duchamp.

Palle e spilli, 1960

La prise de coscience II (1962) e Énoncé impossibile (1966-67) sono collage che ricordando ancora Cornell, ma in chiave contemporanea. Il primo, che fa parte di una serie intitolata Cimiteri di opinioni, è il riassunto di un giorno incollato su tavole di legno. Si dà forma alla memoria mentre viene criticato il consumo della società. Il secondo appartiene a un progetto di romanzo sperimentale composto di fotocopie, ritagli di riviste e pubblicazioni.

In un’altra sala un altro archivio: 100 disegni trattengono e classificano i ricordi dei sogni,  In Store (1970-2000). Lungo tre pareti fanno da cornice a Tre Lettere a Raymond Roussel (1-Limbosigne, 2- A Little More Paranoid, 3- La degringolade) (1969) una tripla videoinstallazione che indaga la ‘perdita della qualità’. Riprese provenienti da fonti esterne e brevi sequenze girate da Baruchello sono montati in azzurro. Il sonoro è invece la registrazione della voce dell’artista nel dormiveglia. Immagini e pensieri, memoria e archivio indagati nella chiave del montaggio. Ecco l’omaggio al fantasma letterario che vaga per la mostra, un omaggio alla letteratura, alle libere associazioni che creano immagini nuove.

Su su piccoli pannelli  l’opera Una settantina di idee rappresenta spunti e soggetti per nuovi film, annotati dall’artista tra il 1963 e il 1970. È un sunto della mostra che la accompagna in tutto il suo percorso.

Gianfranco Baruchello ha cercato e indagato tematiche che sono ancora attuali. Siamo di fronte alla testimonianza di un processo di sperimentazione tra diversi linguaggi, siamo davanti alla storia dell’arte raccontata attraverso video, quadri, oggetti e parole, dove possiamo scorgere le diverse capacità della creatività contemporanea.

Giorgia Quadri

Milano, Gianfranco Baruchello – Cold Cinema Film. Video e opere  1960- 1999, Triennale, fino al 22.02.2015. A cura di Alessandro Rabottini.

 

 

About the author

Giorgia Quadri

Giorgia Quadri (Varese, 1991) è laureata in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione presso l’Univerisità di Pisa con un progetto di tesi sulla Videoteca Giaccari di Varese. Nel 2016 si diploma al Biennio specialistico di Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, approfondendo la sua ricerca sulla storia di Luciano Giaccari. Collabora tuttora con la Videoteca e fa parte del duo curatoriale PUNTO.

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