Arte e Fotografia

Gauguin. Ovvero, Racconti dal dopo Expo

No, non è un errore, lo sappiamo che il titolo corretto della mostra al Mudec di Milano è Gauguin, Racconti dal Paradiso, fino al 21 febbraio 2016. E non è perchè il Mudec, come Expo, è stato al centro di infinite discussioni e polemiche, che vogliamo parlare dell’Esposizione Universale.

Gauguin, Paesaggiofrancese
Paul Gauguin
Paesaggio francese, 1885
Guazzo su tela, cm 27,9 x 55,5
© Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagen /Photo: Ole Haupt

Ma quando nel 1889 la sede dell’Esposizione era Parigi -e quando al posto dei selfie con l’Albero della Vita c’erano le critiche alla Tour Eiffel -, tra le varie esistenze che la città seppe ispirare, ci fu quella di Eugène Henri Paul Gauguin. E la nostra domanda è quindi: questo Expo 2015, dalle code interminabili (su Lercio.it scrivono che stanno finendo ora quelle al padiglione del Giappone), dai controsensi più evidenti (Mc Donald’s e Coca Cola sponsor di uun discorso sulla possibilità di cibo per tutti), può forse essere che tra i vari padiglioni ci sarà stato qualcuno che ha  trovato l’ispirazione necessaria per seguire la sua strada?

A Parigi, nei diversi padiglioni dell’Esposizione, Gauguin rintracciò una prova dell’esistenza di quella versione del primitivo che già lo tormentava e che per tutta la vita contraddistinguerà la sua storia e la sua opera. A partire dalla conferma arrivata tra le visioni dell’Esposizione, quella di Gauguin fu una ricerca fisica verso la spiritualità di un ritorno alle origini e un viaggio mistico a ritroso, verso l’autentico.

Paul Gauguin Mahana no Atua
Paul Gauguin
Mahana no Atua (Giorno di Dio), 1894
Olio su tela, cm 68,3 × 91,5
© The Art Institute of Chicago

E fu proprio nella Ville Lumière, il luogo che allora rappresentava il futuro e il progresso, che il primitivo emerse come urgenza e necessità, unica via per estendere le prospettive di esistenza e di espressione. Questo controsenso che porta con sé il concetto di autenticità dell’origine iniziò così a condurre le sue opere oltre le categorie occidentali – del vivere e dell’agire – per attingere a una libertà che non avesse imposizioni concettuali o schemi prestabiliti. Il viaggio verso una realtà autentica e ancestrale fu per l’artista un percorso nei meandri nell’umanità, in un viaggio nel quale esotico e primitivo divennero i simboli della frattura tra la nostra percezione del mondo (o la sua rappresentazione) e l’Originario.

Paul Gauguin, Autoritratto con Cristo giallo, 1890‐91. Olio su tela, cm 38 x 46 © RMN‐Grand Palais (musée d'Orsay)/René‐Gabriel Ojéda‐Réunion des Musées Nationaux/distr. Alinari
Paul Gauguin, Autoritratto con Cristo giallo, 1890‐91. Olio su tela, cm 38 x 46 © RMN‐Grand Palais (musée d’Orsay)/René‐Gabriel Ojéda‐Réunion des Musées Nationaux/distr. Alinari

Line Clausen Pedersen, co-curatrice della mostra di Milano, parla di “universalmente esotico” per indicare questo crollo totale delle categorie in cui l’esotico è sempre e ovunque estraneo, come si trattasse di un archetipo assoluto. In questo senso, il primitivo assume una forma infinita nel punto di fuga di una visione intellettualmente satura da questa perenne ricerca.

Gauguin, Donne tahitiane sdraiate
Paul Gauguin
Donne tahitiane sdraiate (Arearea no vara ino, “Il divertimento dello spirito maligno”), 1894
Olio su tela, cm 60 x 98
© Ny Carlsberg Glyptotek, Copenhagen /Photo: Ole Haupt

Il primitivo è allora ovunque e in nessun luogo. Il selvaggio è in Bretagna, in Polinesia, all’Expo e in ognuno di noi, ma mai abbastanza autentico, ogni volta corrotto dalla cultura, dal discorso e dalla tecnica. Il luogo fisico è perciò sostituito dallo spazio della memoria, del sogno e del dolore che ormai alimentano la creatività di Gauguin ovunque egli si trovi per dare vita a un tipo di opera che non conosca più i confini tra decorativo, simbolico, rituale e reale.

Paul Gauguin, Gioie di Bretagna
PAUL GAUGUIN
Album Volpini: Gioie di Bretagna, 1889
Zincografia stampata su carta gialla, cm 19,8 × 22
©SMK, Statens Museum for Kunst, Copenhagen

Si scrive che le citazioni sul web di “Albero della Vita” abbiano superato quelle di “Albero di Natale” (http://ilmanifesto.info/il-bilancio-di-expo-secondo-aldo-bonomi/). La speranza è che, al di là di questi riscontri social e sociologici immediati,  attraverso le sue contraddittorietà, l’Expo abbia innestato un nutrimento del pianeta e della mente di cui ci renderemo conto magari solo fra qualche tempo, o di cui scriveranno solo le generazioni a venire.

Marta Cambiaghi

 

About the author

Marta Cambiaghi

Dopo una laurea magistrale in Filosofia all'Università Statale di Milano, ho deciso di dedicare i miei studi successivi all'arte contemporanea. Mi sono quindi iscritta al corso di Organizzazione e Comunicazione per l'Arte Contemporanea all'Accademia di Belle Arti di Brera che tuttora frequento. Nel 2013 ho iniziato a scrivere per i.OVO, nel 2014 per Artribune e nel 2015 per… MEMECULT

Add Comment

Click here to post a comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.