Non amo che le rose che non colsi è la mostra d’esordio della Galleria Richter Fine Art di Roma che, già dalla sua prima mostra, curata da Saverio Verini, intende proporsi come un laboratorio finalizzato a ridare vita a quella “voglia di fare pittura”, recuperando quelle atmosfere che permettevano agli artisti-pittori di esprimersi attraverso il pennello e la tela. Un medium antico, ma così moderno, che ha ancora tanto da dire.
Lo spazio galleristico si trova accanto a un negozio d’antiquariato, una finestra sull’arte del passato, e le opere esposte da una vetrina all’altra sembrano creare la prosecuzione tra arte di ieri e quella di oggi. Cinque gli artisti ospitati per questa occasione espositiva – Dario Carratta, Giuliano Sale, Emilio Leofreddi , Luca Grechi, Silvia Argiolas – che dimostrano, attraverso la diversità delle loro opere, i vari approcci alla pittura e la ricerca, attraverso essa, di nuove forme espressive.
La pittura di Silvia Argiolas è caratterizzata da atmosfere surreali e grottesche. Il tema principale è la casa, rappresentata dall’artista come un luogo semi-rassicurante. Un altro elemento che ricorre spesso è il corpo femminile che invece di risultare attraente e seducente, risulta inquietante, in un equilibrio precario tra immagine e realtà.
Le opere di Dario Carratta si distinguono per i personaggi al limite tra il reale l’aspetto onirico, dimensioni da cui emerge tutta la loro fragilità.
Attraenti e conturbanti al tempo stesso sono i lavori di Giuliano Sale che si basano su un tipo di rappresentazione che tende alla deformazione e alla distorsione della realtà. I segni dei corpi, apparentemente indefiniti, conferiscono all’insieme delle opere una leggera e inquietante delicatezza.
Il lavoro di Emiliano Leofreddi è orientato sulla rappresentazione della natura e degli elementi che la compongono. Le sue opere combinano elementi onirici a influssi pop.
Infine le opere di Luca Grechi si destreggiano tra una senso di inafferabilità e concretezza che tengono lo spettatore sospeso sopra il filo della tela.
L’affinità tra il titolo della mostra, tratto dai versi di una poesia di Guido Gozzano, Cocotte, e le opere degli artisti si esprime nell’aspetto d’insieme distruggente, disillusorio, ma allo stesso tempo vitale.
La profondità della poesia che fa da eco alla mostra e le opere stesse degli artisti si riverberano nell’atmosfera della pittura, cercando nuovi stimoli che ridiano vita a questa tecnica in continua mutazione.
Sofia Fattori
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