In un mondo frenetico, dove la maggior parte delle persone mangia fuori casa, si possono capire molte cose sbirciando nei frigoriferi altrui… Alcuni artisti aprono gentilmente le porte dei loro frigoriferi a Memecult.it e ci raccontano le loro abitudini alimentari. In questo nuovo appuntamento di “In the fridge of…” Memecult.it incontra l’artista italiano Mattia Barbieri.
A cura di Laura Brignoli
Descrivici il contenuto del tuo frigorifero (e il tuo rapporto con il cibo)
Il mio frigorifero è un elettrodomestico di ultima generazione, grigio metallizzato. Aprendolo si palesano agli occhi cinque ripiani. Come in una piramide gerarchica ben organizzata comincio la descrizione dal basso. Il cassetto delle verdure. Al momento ospita: insalata belga (annegata nell’olio, la sua piacevole amarezza m’illude di essere a dieta); finocchi (sono un ottimo contorno); pomodori (non ne vado matto, ma con origano e sale li trovo molto gustosi); ravanelli (nell’insalata diversificano la croccantezza); aglio (ne uso in abbondanza); scalogno (ottimo per un semplice e buon sugo); peperoni di vario genere e colori insieme con melanzane e zucchine (rinnovano di continuo la loro presenza nel frigorifero) che adoro grigliare assieme dopo averli ordinatamente affettati con l’ausilio di una lama giapponese dotata di un apposito distanziatore che mi permette di ottenere lo stesso spessore ad ogni taglio.
Nel secondo ripiano una grande ciotola di vetro accoglie frutta fresca. Mandarini, kiwi, mele, caco vaniglia (di stagione), banane (assumere potassio fa bene alla lettura), arance, pompelmo rosa, lime, limoni e pere. Amo la macedonia. Probabilmente trae il suo nome da quello della regione balcanica che è caratterizzata dalla coabitazione di popolazioni diverse (greci, macedoni, albanesi, serbi, turchi) e che affonda le proprie origini nella terra di Alessandro Magno.
Appena sopra uova, carote, formaggio e una zucca che mangerò stasera. Al penultimo ripiano ci sono birre e olive preparate dal nonno della mia compagna. Marmellate, yogurt, maionese, ketchup, zucchine e cetrioli sott’aceto, dominano sulla trasparenza delle mensole. In corrispondenza, ma nello sportello, elenco disordinatamente alcuni elementi tra cui dadi, burro (la tradizione culinaria lombarda non ammette un frigo in cui non presenzi il burro), salse, latte, acqua, acciughe, tonno.
Da sempre sono una buona forchetta. Probabilmente una scena di mercato o una natura morta con selvaggina, formaggi, carni o pesci, del seicento fiammingo rappresenterebbe meglio il mio ideale di frigorifero. Negli ultimi tempi però, in seguito alla visione di documentari inerenti la macellazione e la trasformazione di animali in cibo pronto all’uso, ho allentato la mia propensione al mangiare carne e preferisco preparare piatti vegetariani, con la riserva di concedermi solo carne di qualità e di sicura provenienza.
Cucini spesso?
Nella quotidianità mi diletto in piatti veloci. Comunemente pastasciutte di vario tipo. Trovo molto gustose le verdure. Anche se non posso dire di essere animato dalla forza interiore di un vero master chef, nelle occasioni particolari cucino piatti più rinomati ma la cui preparazione rimane comunque semplice. Credo molto nella qualità e nella scelta dei prodotti.
Qual è il tuo ristorante preferito?
Amo il sushi e la cucina giapponese in generale. Kandoo, ristorante nipponico è spesso meta di cene a due. Kommen, thailandese, è il mio prediletto quando la voglia di piccante in una zuppa calda si fa sentire.
Dove trovi i migliori prodotti gastronomici?
Sicuramente a Brescia, mia città d’origine.
Il primo sapore che ricordi?
Probabilmente gli gnocchi della nonna.
Se fossi un cibo…
La mole suggerirebbe un cotechino o un tortellino ma credo di identificarmi più in un formaggio stagionato.
Nutrimento per la tua creatività?
In corso d’opera un panino, una banana, uno snack. Simbolicamente un frutto tropicale che come la papaia o il mango che lascino pensare al profumo succulento che evoca un florido paradiso esotico.
C’è un piatto che colleghi ad un particolare momento della tua carriera?
Si, le colazioni all’inglese che hanno accompagnato il mio soggiorno a Mosca in occasione della Biennale giovani nel 2010. Al risveglio un vasto menù dotato di tutte le portate caricava la mia giornata, a pranzo una mela verde.
Lascia una ricetta ai nostri lettori…
Uovo alla coque: alimento ideale per la colazione o per la merenda, non richiede l’uso di grassi in cottura. È fondamentale la scelta dell’uovo che deve necessariamente essere fresco.
Preparazione: mettere un po’ d’acqua nel pentolino e portarla all’ebollizione. Immergere l’uovo nell’acqua per circa tre minuti. Posare l’uovo su un bicchierino per digestivo, rompere il guscio, salare e gustare.
Mattia Barbieri (Brescia, 1985), dopo la laurea all’Accademia di Brera di Milano, è stato protagonista di numerose mostre personali tra cui Pitture domestiche (2013), esposizione in due atti alla galleria Federico Luger di Milano e allo Studio Tommaseo di Trieste, e Aperò l’Barbieri (2007)alla Galleria 42 di Modena a cura di Maura Pozzati.Ha partecipato anche a importanti mostre collettive quali: La Pintura es una cosa de vida o muerte (2013), L.E.M. di Sassari, a cura di Alberto Zanchetta; la seconda Biennale Internazionale di Mosca per Giovani Artisti 2010 “Qui Vive?”: Attention! Border crossing, White Hall, Winzavod Contemporary Art Center, a cura di G.L.O.W. Platform; Drawings (2009), Pablo’s birthday, New York, a cura di Jimi Bingsley. Ha vinto il Premio Lissone nel 2013 e ha partecipato alla X edizione del Premio Cairo nel 2009. Èmembro attivo della rivista d’Artista E IL TOPO.
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