Interviste

Filosofia Coatta: dialogo con Giulio Armeni

Anche la cultura, nella sua accezione più comune, può essere virale. Una delle caratteristiche della contemporaneità è data proprio dalla propagazione memetica delle produzioni artistiche e creative che MemeCult si propone di intercettare e di raccontare.

Dopo aver approfondito i temi della memestetica con Valentina Tanni, è arrivato il momento di indagare un altro ambito culturale: quello filosofico. Per farlo, abbiamo intervistato Giulio Armeni, il “memarolo” di Filosofia Coatta, seguitissima pagina Instagram (ha ormai superato la soglia dei 100k follower) che rielabora la filosofia e l’attualità attraverso i meme.

La cifra stilistica di Filosofia Coatta è indubbiamente quella satirica. Fare satira, e in special modo satira politica, richiede un grande spirito di osservazione e moltissimo studio. È così?

Ho passato molto tempo chiedendomi a cosa serve studiare e soltanto adesso inizio a rendermi conto di quanto sia importante. In un certo senso, la paura di scrivere cazzate è alla base dei contenuti che creo per i social media, anche perché in questo contesto la tendenza a sottolineare gli errori altrui è decisamente forte. A dirla tutta, non avrei mai immaginato di fare satira: da ragazzo, avevo un pregiudizio enorme verso questo genere che mi sembrava piuttosto effimero proprio perché riguarda, in qualche modo, il “qui e ora”. In realtà, se fatta bene, la satira è in grado di cogliere non solo gli aspetti strutturali della realtà ma forse anche delle caratteristiche universali. Al liceo, nel periodo in cui nasceva l’idea di Filosofia Coatta, mi sentivo molto lontano anche dalla vita politica che ho sempre osservato standomene in disparte. Tuttora confesso di non capirci niente di quel mondo: benché abbia le mie idee, la politica mi spiazza di continuo e questa mia confusione si manifesta nei contenuti che creo. Rispetto al sapere filosofico, invece, non credo che serva essere dei massimi esperti: dal mio punto di vista, ciò che conta è la predisposizione al gioco. I meme assomigliano molto alle imitazioni: non serve conoscere chissà quanto bene un personaggio per imitarlo efficacemente, l’essenziale è riuscire a cogliere i suoi tic, le sue espressioni caratteristiche che vanno poi messe in evidenza esagerandole. Non mi considero un grande conoscitore della filosofia ma piuttosto sono una persona che si diverte a giocare con i suoi protagonisti.

In effetti c’è un rapporto molto stretto tra imitazione e meme.

Assolutamente sì, il meme è a metà strada tra la vignetta e l’imitazione. Capita spesso che le persone commentino i miei post dicendo che hanno come l’impressione di sentire la voce del personaggio rappresentato. Il meme funziona per questo motivo: ha una capacità straordinaria di riprodurre la realtà, persino evocandone aspetti sensoriali assenti come quello uditivo.

Al tempo stesso, però, equivoci e fraintendimenti sono inevitabili, soprattutto quando si tratta di contenuti satirici. Ti è mai capitato?

I personaggi politici assomigliano molto alle maschere della Commedia dell’Arte, hanno dei ruoli nell’immaginario collettivo già codificati. A me non interessa tanto sottolineare queste caratteristiche quanto, piuttosto, immaginare delle storie collegate a questi ruoli. Voglio scavare nel personaggio protagonista del meme, più che fare critica sociale. Il fatto è che spesso la gente identifica il personaggio con la maschera. A volte capita che, attraverso i miei contenuti, le persone si ritrovino a empatizzare con personaggi che solitamente detestano o che considerano quanto di più lontano da loro. Questa strada è molto interessante, dal mio punto di vista. La macchina dei social è un generatore automatico di maschere e i meme sono a loro volta maschere a tutti gli effetti. 

Spesso si dice che la satira fa ridere ma anche riflettere: sei d’accordo?

Non direi. Se fosse così, sarei sorpreso perché i social, almeno per me, non sono il luogo della riflessione ma dell’intrattenimento. Certo, in forma subliminale, forse qualche spunto viene instillato ma non è questo il mio obiettivo: quello che mi interessa è offrire un buon intrattenimento. E magari sì, spiazzare almeno un po’. D’altra parte, la comicità deve essere necessariamente spiazzante. Se poi dal paradosso comico nasce anche un paradosso logico che induce al ragionamento, ben venga ma non è questo il mio scopo.

Creare dei meme è complicato da molti punti di vista: si tratta di un lavoro concettuale che prevede però anche una realizzazione concreta, quasi artigianale. Esiste una “procedura”, un “metodo Filosofia Coatta”?

Fare meme è un processo molto simile a quello della creazione di un film. Solitamente prendo ispirazione da un fatto di cronaca, a volte da un’immagine o da una dichiarazione che mi colpisce. A partire da questa intuizione scrivo la “sceneggiatura”, vale a dire uno storyboard composto da 10 vignette. Dopo di che, si gira. Scelgo il video a cui rubare le immagini e, a quel punto, comincia una sorta lavoro registico con l’interprete del meme: devo scegliere le inquadrature giuste, far sì che parole e immagini siano perfettamente calibrate. Nell’ultimo anno ho memato spesso Mario Draghi che per me è un po’ come Clint Eastwood: ha poche espressioni facciali ma quelle che ha sono molto forti. Con il tempo ho imparato a conoscerlo e ho capito che con lui funziona bene uno stile discorsivo ben preciso: spietato ma sempre avvolto da un certo aplomb. Con Giorgia Meloni, invece, è più difficile: la sua espressività è talmente variegata che faccio fatica a scegliere i fotogrammi, c’è fin troppo materiale. In più, dal punto di vista della comunicazione, è una bella sfida perché Meloni oscilla continuamente dal tono istituzionale a quello informale. E ha una tendenza coatta evidente che scatena un certo tipo di comicità. Faccio questi esempi per sottolineare il fatto che, quando si crea un meme, proprio come accade per un film, non si può scrivere tutto nella sceneggiatura: alcune cose accadono in scena e non sono prevedibili. Spesso le battute mi vengono in mente solo quando inizio a lavorare con le immagini, con le espressioni degli “attori” protagonisti.

Il meme a cui sei più affezionato e quello che invece ti ha soddisfatto di meno?

I tre meme fissati in alto sulla pagina Instagram sono tra quelli che mi sembrano meglio riusciti. Quello a cui sono più affezionato è Il centro della terra, dedicato alla morte di Piero Angela: capita di rado un meme abbia un contenuto commovente perciò lo considero speciale. Tra quelli che mi hanno soddisfatto maggiormente c’è anche Hotline in cui immagino una telefonata erotica tra Putin e Biden. Tendo al perfezionismo perciò non pubblico mai un contenuto finché non mi convince al 100% ma, al tempo stesso, ci sono dei personaggi su cui avrei voluto lavorare di più. Trovo che Gianluca Vacchi, per esempio, o Flavio Briatore, abbiano un potenziale memetico enorme che non ho ancora sfruttato appieno. Non sono sicuro di voler dare loro più visibilità di quanta già ne abbiano ma, a pensarci bene, proprio per quello che rappresentano, potrebbe essere interessante memarli.

È appena uscita l’edizione aggiornata del tuo Manuale di Filosofia Coatta (Momo Edizioni, euro 15) che mette insieme due mondi lontani, in qualche modo antitetici: la filosofia e la romanità più eccentrica, per così dire. A quale pubblico ti rivolgi idealmente?

Il Manuale è certamente indirizzato a chi conosce già la filosofia e vuole divertirsi attraverso la declinazione parodistica dei suoi grandi protagonisti. Questo, peró, non esclude il fatto che possa essere una lettura interessante anche per chi ne sa poco o nulla, anzi: mi piace pensare che sia un libro per persone curiose e che possa attirare anche a chi non ha conoscenze filosofiche ma vuole avvicinarsi a questo mondo. È già capitato e mi auguro che succeda ancora.

La copertina della nuova edizione del libro di Giulio Armeni pubblicato da Momo Edizioni.

Con lo spirito di un imprudente alchimista, Giulio Armeni mescola elementi e congiunge mondi. Mollati i freni dell’immaginazione, salta in cattedra per un retelling della storia della filosofia in cui l’Iperuranio platonico “è tipo Second Life”, la Critica kantiana si chiama Pura “perché se parla solo de possibilità lontanissima, popo trascendentale, de rimorchio” e la Sora Arendt si chiede come sia stata possibile “la twittatura der Terzo Like”.

Arricchita dalle illustrazioni di Alessio Spataro, la nuova edizione del Manuale si avvale di una cinquina in cui il gioco di Armeni si rovescia: a chiudere il percorso sono, infatti, cinque personaggi coatti della contemporaneità (Mario Brega, ZeroCalcare, Richard Benson, Maurizio Battista, Francesco Totti) che dispensano perle di saggezza e di divulgazione filosofica. 

Dall’11 novembre in libreria.

Cristina Cassese 

About the author

Cristina Cassese

Classe 1982, tarantina d’origine, cittadina del mondo. Cristina ha studiato storia dell’arte e si è specializzata in antropologia culturale ed etnologia. Di recente ha intrapreso un percorso di approfondimento e ricerca in ambito pedagogico. Insegna discipline storico-letterarie e vive a Roma.