Elisa Filomena è una pittrice torinese che di Torino ha raccolto i due straordinari retaggi: il mistero e il misticismo. La sua pittura, così particolare e intimista, riesce sorprendentemente a toccare e far risuonare le corde di un’armonia universale. Il suo è un linguaggio sussurrato, farneticante e affabulatorio, che sciorina atmosfere lievemente esoteriche e alquanto evocative. Pregnante, immaginifica, una vera “filatrice dell’invisibile”, dentro e fuori di noi. Luci e ombre, vita e morte, angeli e demoni, più non sappiamo dire cosa siano.
Intervista a cura di Maria Rita Montagnani
Maria Rita Montagnani – Elisa, tu come pittrice stai percorrendo un cammino inverso rispetto agli inizi, cioè ti stai muovendo più verso il disegno come pittura che non verso la pittura come disegno. Cosa puoi dirci in proposito?
Elisa Filomena – Maria Rita, è stata una rinascita! Il disegno è arrivato da solo senza che lo cercassi consciamente. Pian piano, mi ha aiutata a ritrovare la parte più autentica di me stessa. Sotterraneamente mi ha condotto. E’ la parte più profonda, più rivelatoria: è pittura e pensiero diretto, ineffabile.
MRM- La pittura, così vicina all’Opus degli alchimisti, ha anche qualcosa di esoterico, di segreto e di occulto. Cos’è per te?
EF – La pittura è uno strumento per capire l’essenza della vita, della mia vita. Effettivamente si costruisce lentamente un corpo di opere che parla, come un’entità di forme gigantesche, che dal piccolo di un’esistenza comunica al grande universale.
MRM- Noto che nel tuo cognome, curiosamente, sta inscritto il tuo destino: Filo-mena ovvero “muove il filo”, potresti essere “una filatrice” dell’invisibile o dell’ignoto. Ti ritrovi in questa definizione?
EF- Sì, mi ritrovo, in quanto mi sento a disposizione della pittura e a ciò che sta dietro di essa. La pittura è un mezzo per cercare e costruire. Filo ciò che mi è stato dato di fare, sono al servizio della pittura, quello che mi preme è solo onorarla, con tutte le mie forze. Questo è il mio compito.
MRM- Secondo te in arte è più importante il moto che va dall’oscurità alla luce o quello che dalla luce conduce all’oscurità?
EF- Ti rispondo con una sensazione tipica che provo quando sento di aver fatto un lavoro che mi soddisfa: provo un appagamento speciale con l’esistenza e un sollevamento dall’oscurità.
MRM- Che rapporto hai col divino? Dalle tue opere si intuisce che esso sia piuttosto conflittuale. È così?
EF- Sì, sono affascinata da ciò che ritengo divino, l’intuizione arriva e nello stesso tempo spaventa perché sento l’impotenza del mio limite. Non c’è dato di capire con la ragione, ma con l’intelligenza del cuore. Mi spaventa la mia insicurezza personale, ma tutto ciò che posso fare è affidarmi al divino e cercare di accettare la realtà.
MRM – Le tue figure sono sempre accompagnate da strane presenze o da spiriti eterei che vedono solo loro e sembrano essere spesso in uno stato di farneticazione o obnubilamento che conferisce ai loro volti un’aria e un’aura fantasmatica. Da dove vengono?
EF- Nel mezzo del cammino della mia vita, ho notato che dietro agli eventi o ai piccoli istanti, vi è una moltitudine di significati e coincidenze. Queste trame parlano tra di loro, diventano presenze magmatiche. In pittura questo si può rappresentare facilmente in mille modi. Io a volte, sento di dargli un corpo, uno sguardo che parla. Sono figure che raccontano qualcosa di più vero del reale. Questo è il nostro mondo. Ma in fondo ciò che si cela non è sempre più vero del reale?
MRM- Cosa non sopporti dell’arte contemporanea?
EF – Non apprezzo la finzione nei rapporti umani. Credo che il rapporto tra tutti quelli che ne fanno parte deve essere al servizio dell’arte e di conseguenza lasciare da parte le soddisfazioni personali.
MRM- Dice il poeta che “il sogno è l’infinita ombra del vero”, cos’è per te?
EF- Il sogno è qualcosa di oscuro ma molto reale. L’infinito e il mistero del sogno sono ombre che ci camminano a fianco continuamente. Nella pittura le ombre escono alla luce facilmente mostrandoci la realtà come è, senza filtri o maschere.
MRM- Quando dipingi, in realtà stai scavando, per cercare che cosa?
EF- Sono mossa dalla pittura, è lei che mi dice dove scavare e dove andare. Attraverso il contatto con la pittura, ogni tanto, arrivo a trovare qualcosa che sfami il mio bisogno di poesia, di sentore poetico dell’esistenza.
MRM- Direi che tu sei molto più attratta da quel che non si vede più che dalla realtà visibile, è vero?
EF- Si, certamente. Ciò che non si vede è la parte più autentica. A volte si ha la fortuna di poterlo scorgere in un istante, altre volte ci vuole tempo e strati di colore e segni. Dipingere è un buon metodo per imparare a sensibilizzarmi su ciò che è più profondo.
MRM- Se tu potessi realizzare una grande opera, cosa sceglieresti di rappresentare?
EF- Mi fai pensare ad una cosa nuova. Penso ad una danza: una danza macabra, felice o propiziatoria. Mi piacerebbe realizzare una grande danza!
MRM- È vero che per gli artisti, così come per i poeti, contano di più le assenze e le mancanze, i vuoti e le malinconie?
EF – Si lo sento. La malinconia e le mancanze sono necessarie alla poesia perché portano ad una tensione emotiva. Questo lo considero uno stato d’animo perenne dell’artista. Anche nella gioia e nella pienezza si può provare una mancanza come una malinconia. Attraverso l’arte cerco di creare un collegamento con l’unica cosa che può riempire il vuoto. La tela mi dà l’opportunità di trovare quello che ho perduto o che mi manca.
MRM- Dimmi tre parole per definire la tua pittura.
EF- Gioia, disperazione, ascesa.
MRM- La morte è onnipresente e pervasiva in arte e nella nostra vita, che posto occupa nella tua?
EF- La morte è onnipresente ad ogni respiro. Quando in piccoli istanti, ho maggiore coscienza della vita sento che vita e morte sono la stessa cosa. L’una è la trasformazione dell’altra. Nulla possiamo fare per non morire e nulla possiamo di fronte al nostro destino.
MRM- Dimmi se queste tre parole appartengono al tuo mondo espressivo e se sì, quale ami di più: stupore, inquietudine, delirio.
EF- Mi appartengono tutte e tre: l’inquietudine la vivo ogni giorno, il delirio ad ogni pennellata. Ma se ora devo scegliere sceglierei stupore. Sono stupefatta da tutto, come se fosse sempre tutto nuovo, anche se l’ho già vissuto molte volte.
MRM – Cosa sogna per se stessa Elisa? E da che cosa si sente “sognata”?
EF- Il mio sogno è arrivare a esprimere al meglio tutto ciò che è in mia possibilità con la pittura. Non ho scelto di essere pittrice, ci sono nata e non posso farne a meno. Mi ritrovo a vivere in un modo dove l’unico sogno e ciò che sento sognare per me sia quello di buttarmi senza risorse nel fare pittorico.
MRM- In questo mondo sempre più arido e senz’anima, l’artista che cerca la spiritualità è visto come un pazzo o un individuo inadeguato e fuori posto. Cosa pensi in proposito?
EF- Penso che la ricerca della spiritualità sia un richiamo profondo e una necessità. Chi ha questa disposizione è un’anima eletta e saggia di cui bisogna avere cura e tendere le orecchie ben aperte su cosa indica. E’ quasi come se questa si fosse svegliata da un misterioso intorpidimento che ottunde il mondo.
MRM- Raccontaci la vita come fosse un tuo dipinto…
EF– Nella notte piena di canti sussurrati, nasce un fiore bianco.
MRM- Cos’è la pittura, una condanna o una salvezza?
EF- È una grande salvezza da portare avanti con grandissimo senso di responsabilità.
MRM- Per concludere, cosa ti senti di dire sul mondo dell’arte odierna? Aspetti positivi e negativi, luci ed ombre, limiti e prospettive.
EF- È un mondo che è governato in realtà da grandi anime. Tutto ciò che è profondo vivrà. I limiti che possiede sono temporanei e non lasciano radici, e purtroppo fanno parte dei meccanismi della nostra esistenza, di tutti i campi. Ma la pittura, quella vera, come dici tu Maria Rita è la sola e unica Regina!
Add Comment