Una nuova rubrica, temporanea, un ponte tra prima e dopo Covid19, per vedere e interpretare attraverso l’arte la situazione che stiamo vivendo tra scenari da ridefinire e ricostruire. Sliding door tra parole e immagini, panorami e costrizioni, luci e oscurità. 2X2: due immagini/due corpi testo/due settimane. Siete pronti ad addentrarvi nella tana del Bianconiglio?
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Tagliare: in latino TALIARE – dividere, in siciliano Taliare equivale a guardare nel senso di porre attenzione su qualcosa/qualcuno. Sempre dal latino anche TALEA – frammento di ramoscello per innesto. Dalla radice DA in greco DAIO – divido, DAIZO – squarcio, particolare, quindi anche dettaglio.
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Il 23 luglio 2012, nel tardo pomeriggio a San Pietroburgo l’artista russo Petr Pavlensky, ha protestato in maniera estrema contro l’estensione della custodia in carcere del collettivo artistico Pussy Riots, cucendosi le labbra e mostrando un manifesto contro il regime violento di Mosca.
Chi se lo ricorda? L’atto clamoroso di Pavlensky porta una manifestazione estrema, utilizzata da detenuti costretti in condizioni carcerarie disumane e migranti “invisibili” dimenticati ai bordi della società, in un agone estetico, che lo isola sotto i riflettori, azzerando persino la motivazione della sua protesta. Il vero focus dell’azione dell’artista/attivista è se stesso. Pavlensky concentra ogni sguardo su di sé. Il volto emaciato e spigoloso diviene icona di un malessere che non è più meramente connesso alla detenzione del collettivo artistico per cui protestava l’artista, ma nemmeno alla mancanza di libertà di espressione della Russia di Putin. Quel ritratto è un monito al mondo, al suo silenzio, alla sua reclusione, a tutti gli sguardi rivolti altrove davanti all’ingiustizia, in ogni tempo e in ogni luogo.

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