William Kentridge al MACRO di Roma, in una mostra curata da Claudio Crescentini e Federica Pirani. TRIUMPHS AND LAMENTS: a project for Rome è l’ampio lavoro filosofico, concettuale, e meditativo, in mostra fino al 20 ottobre, che l’artista inserisce per la sua creazione di un’allestimento/affissione destinato rendere vivi i suoi disegni.
Infatti, dopo anni di ricerche, appunti e disegni prende finalmente corpo nella Capitale la bimillennaria storia di Roma raccontata da William Kentdrige. Immagini ed emozioni invadono gli spazi della città attraverso un lungo fregio figurativo che percorre i muraglioni del Tevere, per oltre 500 metri, fra Ponte Sisto e Ponte Mazzini.
Un’estesa teoria di personaggi e situazioni vanno a profilarsi, imponenti, sul fiume e occupano, tramite l’esposizione dei disegni preparatori, alcuni spazi del MACRO.
Piccoli puzzle di disegni che tessono la fitta rete della memoria: disegni kentridgiani che, recuperando l’iconografia del tempo, assumono la funzione di polvere o di fossile dei ricordi.
La carta bidimensionale di Kentridge, viene manipolata, ogni parte scomposta così da divenire emblematicamente corpo anatomico deambulato così come ricordiamo con il Disegno da Processione (2000) esposto nel 2004 all’ontologica dedicata all’artista al Castello di Rivoli.
Guardando questi disegni si deduce subito che, nel raccontare la città, l’artista ha descritto la sua Roma, attraverso il recupero di una iconografia che riflette il tempo della stessa immagine immortalata.
I disegni vengono ripetutamente cancellati, soprascritti, forme iniziatiche scandite dall’oscillazione sulla relatività temporale. Ci possiamo divertire nel guardare alcuni video, uno show dell’arte, per mezzo dello sdoppiamento delle due entità di Kentridge ‘ego‘ vs ‘alter ego‘.
L’artista si propone di fornire una lezione per certi versi umoristica e sarcastica sulle fenomenologie culturali della storia passata, attraversando gli aspetti sulla ‘conditio attuale’ del libero pensiero, iniziando da Giordano Bruno (1548-1600) fino a giungere, tra i tanti protagonisti icone del passato, a Giuseppe Garibaldi (1807-1882).
Con un occhio particolare guarda, ad esempio, al fregio della Colonna Traiana o ai Trionfi di Cesare (1485-1505 ca) di Andrea Mantegna (1431-1506).
Uno studio di stile quello di Kentridge che si evince dall’armonia con la quale richiama direttamente a ‘La Dolce Vita‘ di Federico Fellini (1920-1993).
Ma Kentridge e i suoi disegni a carboncino e inchiostro sono anche tragicità e dramma che hanno come culmine visivo la grande opera dedicata a Pier Paolo Pasolini (1922-1975), di cui l’artista riprende la posizione supina.
La posizione e la postura sono quegli elementi che sembrano prelevati da Kentridge, ad esempio, dall’incisione di riproduzione di Giorgio Ghisi (1520-1582), ritraente il Profeta Geremia eseguito da Michelangelo Buonarroti per la Cappella Sistina. E da un insistenza in bianco/nero per lo sviluppo esecutivo delle opere ci possiamo accorgere come l’artista sudafricano tende, nel suo lavoro calligrafico, a dare alle sue immagini una ‘animazione a profilo’ ricordando gli esperimenti che furono proposti da Eadweard J. Muybridge (1830-1904).
Un amarcord di tipo tribale, che trova una corrispondenza nei due tempi in cui l’azione del progetto romano Triumphs and Laments, si evolve: immagini ritraenti figure dell’epoca e del mito moderno e contemporaneo (al MACRO); e in una performance sciamanica all’aperto nella quale si è creata una danza glocale unendo il suono vocale al teatro delle ombre e alla forma segnica del graffito (21 e 22 aprile scorso sul Tevere).
Collage di miniature, di oltre 80 disegni preparatori, di cui molti inediti, definiti e costruiti dall’artista con cura e dinamismo velato.
In questo modo il progetto ‘Triumphs and Laments‘ si collega a quell’anti-entropia visiva che Kentridge ebbe modo di sperimentare nel 2008 per lo schermo frangifuoco del Teatro La Fenice e per la Fondazione Bevilacqua la Masa: proiezioni in movimento dal caos verso l’ordine.
Gabriele Romeo
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