Arte e Fotografia

Di padre in figlio. Storia di una galleria (e della sua via)

Giò Marconi Copyright 2014 © ARMELLIN F. courtesy Giò Marconi

Domani, giovedì 19 febbraio 2015, inaugurerà a Milano un nuovo spazio per l’arte contemporanea firmato Giò Marconi. Ripercorriamo i 50 anni di storia della brillante galleria meneghina che ha fatto di Via Tadino il suo quartiere generale dell’arte.

Giorgio Marconi
Giorgio Marconi

Nel novembre del 1965 apre a Milano lo Studio Marconi con una mostra dedicata a Valerio Adami, Lucio Del Pezzo, Mario Schifano ed Emilio Tadini. Giorgio Marconi, giovane studente di psicologia, dopo aver gestito la bottega di cornici del padre, comincia a trattare d’arte. A contatto con le maggiori personalità artistiche dell’epoca decide di aprire uno studio, un luogo d’incontro, un laboratorio di idee, dove amici, artisti e collezionisti possono dialogare, incontrarsi ed esporre. Promuove giovani artisti parallelamente a maestri già affermati. L’avventura termina nel ‘92 dopo che il gallerista, dalla personalità travolgente, ha collaborato con Enrico Baj, Louise Nevelson, Gianfranco Pardi, Mimmo Rotella, Giuseppe Uncini, Lucio Fontana, Man Ray, Gianni Colombo, Sonia Delaunay, Bruno Di Bello, Richard Hamilton, Giulio Paolini, Arnaldo Pomodoro, Aldo Spoldi, Joe Tilson, Hsiao Chin, Marcello Jori, Franco Vaccari, Adriano Altamira.

Lo Studio Marconi si trovava all’epoca in via Tadino 15.

Negli anni Novanta cambia il numero civico, via Tadino 17. Un’altra generazione, un altro Marconi, il figlio Giò. Egli apre una galleria col padre. Si pone l’accento sulle nuove generazioni (Franz Ackermann, John Bock, Nathalie Djurberg, Wade Guyton, Christian Jankowski, Sharon Lockhart, Michel Majerus, Jonathan Monk, Jorge Pardo, Paul Pfeiffer, Tobias Rehberger, Markus Schinwald, Dasha Shishkin, Elisa Sighicelli, Thaddeus Strode, Catherine Sullivan, Vibeke Tandberg, Grazia Toderi, Atelier Van Lieshout, Francesco Vezzoli, Christopher Wool) e continuano a circolare i grandi nomi della collezione omonima.

Con il nuovo secolo viene costituita la Fondazione Marconi Arte Moderna e Contemporanea. La grande collezione di Giorgio Marconi viene esposta a fini di ricerca, si promuovono e consolidano gli artisti e l’arte. Nel 2010 un piccolo spazio: Studio Marconi ’65, accanto al programma espositivo della Fondazione, è adibito a far conoscere opere, progetti, disegni e anche multipli e grafiche, il lavoro di artisti del recente passato.

Oggi. Si torna al 15 di via Tadino: uno spazio, due sedi; una fondazione del padre e una galleria del figlio. Due numeri più in avanti la memoria di un luogo che era, uno studio per la storia dell’arte dagli anni ’50 agli ’80.

19 febbraio 2015. Giò Marconi festeggerà un quarto di secolo di attività ed ecco un altro spazio, nuovo civico, stessa via: Tadino 20.

Grande mostra collettiva della scuderia di Giò Marconi: “YES WE’RE OPEN: Group Show”.

Si festeggia il white cube milanese per eccellenza. Brian O’Doherty sosteneva:

Una galleria è costruita in base a leggi rigorose, come quelle che presiedevano all’edificazione delle chiese medioevali.”

Giò Marconi Copyright 2014 © ARMELLIN F. courtesy Giò Marconi
Giò Marconi Copyright 2014 © ARMELLIN F. courtesy Giò Marconi

E la fondazione, studio, galleria Marconi le ha sempre rispettate. Muri dipinti di bianco e soffitto come fonte di luce. “Qui l’arte è libera di vivere la sua vita.”

Un nuovo spazio, ovviamente bianco, abbagliante, lucente (lo studio berlinese KUEHIN MALVEZZI è lo stesso che ha curato il restyling della Fondazione). Entreremo senza far rumore, per ammirare, nella loro sacralità, le opere d’arte. Indietreggeremo come in una chiesa al cospetto di un artista ritenuto importante. Attueremo un rituale al quale dovremmo essere abituati ma a cui forse non ci abitueremo mai.

Ben venga l’arte, ben vengano nuovi spazi, luoghi d’incontri per tutti, luoghi di cultura eternizzati. Altri luoghi, al di fuori della realtà, vicino a Corso Buenos Aires, ma lontano dalla folla milanese. Isolati in quel bianco candore.
Era un cliché entusiasmarsi prima per lo spazio di una galleria e poi per l’arte, ora diventa normale. Siamo pronti dunque alla nuova galleria Giò Marconi, pronti all’entusiasmo, pronti al bianco gelido del white cube.

I nostalgici e gli impazienti ci si può recare al solito indirizzo della Fondazione, fino al 28 febbraio, per vedere la mostra di Giuseppe Maraniello, “ATTRATTI”. Artista napoletano, attivo nella scena milanese a partire dagli anni Settanta. Attraverso forme mitologiche e antiche rivolte al contemporaneo crea opere tra la pittura e la scultura, astratte e concrete.
“..Mi auguro che la mia scultura fantastichi essa stessa e possa fare fantasticare gli altri, visto che io non ho alcun messaggio evangelico da comunicare.” (intervista di Tommaso Trini a Giuseppe Maraniello, 1995). Ecco dunque un altro protagonista dell’arte contemporanea immacolato in questo spazio sacro.

Giorgia Quadri

 

 

 

About the author

Giorgia Quadri

Giorgia Quadri (Varese, 1991) è laureata in Discipline dello Spettacolo e della Comunicazione presso l’Univerisità di Pisa con un progetto di tesi sulla Videoteca Giaccari di Varese. Nel 2016 si diploma al Biennio specialistico di Visual Cultures e Pratiche curatoriali presso l’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano, approfondendo la sua ricerca sulla storia di Luciano Giaccari. Collabora tuttora con la Videoteca e fa parte del duo curatoriale PUNTO.

Add Comment

Click here to post a comment

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.