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Coppie in arte #2 | Robert Rauschenberg e Jasper Johns

Cosa succede quando due artisti si innamorano? Tre coppie del ‘900 raccontate in tre puntate, per capire come il fare artistico viene influenzato da un rapporto intimo e come due ricerche possano intersecarsi per uscire dal contatto completamente cambiate. Tutti e sei questi artisti si tradirono, si ferirono e vissero la loro relazione in un clima di continua competizione, combattendo per la poca luce che un mondo crudele come quello dell’arte lascia. Due su tre di questi rapporti non riuscirono a sopravvivere nello stesso spazio, perché la fame di attenzione era troppa, la necessità di essere il centro non riusciva ad essere sopperita dall’amore e dal rispetto, ma tutti e sei in quanto all’arte, non si fidavano di nessun altro.

J. Johns e R. Rauschenberg nel loro studio
J. Johns e R. Rauschenberg nel loro studio

Una sera d’inverno nella New York del 1954, Jasper Johns e Robert Rauschenberg si incontrarono per la prima volta all’angolo tra Madison Avenue e la 57esima strada. Johns non conosceva quasi nessuno a New York, arrivò nella Grande Mela dalla Georgia rurale della grande depressione, con l’obiettivo di diventare un artista. Timido e silenzioso, non riusciva a trovare uno spazio nella caotica scena della città, ancora controllata dai grandi dell’espressionismo astratto e si nascondeva tra gli scaffali della Marboro Library.

R. Rauschenberg, Red Painting, 1954
R. Rauschenberg, Red Painting, 1954

La situazione di Rauschenberg era ben diversa dalla sua. Anche lui figlio del sud degli Stati Uniti, era nato nel 1925 a Port Arthur, in Texas, da una famiglia ben più agiata di quella di Johns. Quando i due si conobbero, Rauschenberg si era già sposato e divorziato, aveva frequentato diversi corsi al Black Mountain College, ed era parte della cerchia dei nuovi artisti newyorkesi e sembrava conoscere il mondo molto più di Johns, nonostante lo superasse in età di soli cinque anni. Johns però lo affascinò subito, con la sua bellezza emaciata e la sua timidezza, e nel corso di pochi mesi i due divennero amici, frequentando in modo sempre più assiduo la scena newyorkese.

R. Rauschenberg, Erased De Kooning, 1953
R. Rauschenberg,
Erased De Kooning, 1953

Rauschenberg, come abbiamo detto, parzialmente la conosceva già: andava spesso alla Cedar Tavern dove i grandi della generazione subito prima della sua si incontravano per discutere, tra birre e sigarette. I suoi primi lavori sono sicuramente una reazione alle loro grandi tele aggredite dal colore, invase dalla prolissa espressione della loro interiorità. Dai White Paintings del 1951, a cui John Cage dedicò il suo celeberrimo silenzio di 4’33’’, al goliardico Erased De Kooning che canzonando un po’ la generazione ormai artisticamente anziana degli espressionisti, arriva a cancellarne letteralmente i segni, rendendo il foglio cancellato il punto di partenza per una nuova arte americana. La relazione con Johns comincia insomma quando Rauschenberg è già un artista sostanzialmente affermato, con un suo percorso, una sua idea di arte, e una sorta di obiettivo che a molti critici piace trovare nell’incompletezza che caratterizza il suo percorso. E Johns dovette rimanerne folgorato da questo enfant terrible (come lui stesso lo definiva) della scena americana, il primo vero artista con cui entrò in contatto. L’impatto fu talmente forte che Johns poco dopo averlo conosciuto distrusse tutti i suoi lavori perché gli ricordavano opere di qualcun altro. Il compagno convinse Johns a lasciare la libreria, che gli occupava troppo tempo, e a iniziare a collaborare con lui come vetrinista. Johns si trasferì di lì a poco in un loft/studio che condivideva con la performer Rachel Rosenthal, a un isolato scarso dal loft di Rauscheberg. I tre condividevano tutto, da un certo punto di vista anche la vita amorosa. Rosenthal rimase sempre confusa dal rapporto tra i due uomini e alla fine, ormai completamente esasperata, decise di rimanere in California dopo un viaggio ad ovest, lasciando a Rauschenberg il suo posto nel loft.

J. Johns, Flag, 1955
J. Johns, Flag, 1955

In questo periodo creativamente fertile per Johns nasce Flag, il primo grande dipinto a encausto, prima pietra della nuova pittura americana. Ogni pennellata è visibile grazie all’asciugatura rapida della cera mescolata al colore, e i fogli di giornale che fanno da base al dipinto traspaiono mostrando parole che sembrano messaggi in codice. Johns ritorna a una sorta di forma, i soggetti da lui dipinti hanno un riferimento visivo esistente: prima le bandiere e i bersagli, poi i numeri e le lettere. Ma tutti questi oggetti sono loro stessi astrazioni, rappresentazioni visive di elementi concettuali. La bandiera è un in insieme di stelle e strisce, ma è anche la rappresentazione astratta degli USA, ed esiste come oggetto reale. Cosa succede, quindi, quando viene portata sulla tela? Qualcosa di simile a quello che accade quando si guarda Il tradimento delle immagini di Magritte, che Johns aveva potuto ammirare a New York nel 1954. Johns voleva lavorare solo su “cose che la mente sa già”, immagini talmente riconoscibili da diventare anonime, così da portare il pubblico a ragionare su livelli di significato più profondi.

J. Johns, Out the window, 1959
J. Johns, Out the window, 1959

Interessante quanto diverse siano le menti di Rauschenberg e Johns, e quanto per questo è sicuramente stato fertile il loro rapporto. In quegli anni di studio intenso sulla propria arte, Johns divorava libri su libri, dalle tecniche pittoriche alla poesia, che spesso leggeva ad alta voce anche per Rauschenberg. Entrambi tentarono di produrre il lavoro dell’altro: Rauschenberg volle a tutti i costi dipingere la striscia di una bandiera, e finì per colorare una striscia bianca di rosso, mentre Johns provò a fare dei Rauschenberg, convinto di aver capito come funzionasse il procedimento. Rimase insoddisfatto però e finì col regalarglieli: Rauschenberg li completò e li vendette come suoi. Il metodo di Rauschenberg era in effetti irripetibile: un sottilissimo equilibrio di relazioni, o meglio la necessità di creare meno relazioni possibile tra i vari elementi sulla tela, in modo da lasciare l’impressione che qualunque oggetto vi fosse sopra appartenesse a quel punto come a qualsiasi altro luogo. La partenza per un combine poteva essere di tutto, da un bicchiere a un linea di colore, ma qualunque cosa venisse dopo doveva relazionarsi con questo primo elemento senza creare ulteriori allusioni, senza snaturare l’essenza degli oggetti.

R. Rauschenberg, Coca Cola Plan, 1958
R. Rauschenberg, Coca Cola Plan, 1958

Dopo quattro anni di convivenza con Rauschenberg, Johns venne selezionato per la copertina di Artnews. Lo stesso anno Leo Castelli, il grande gallerista newyorkese, andò in visita al loft per vedere i lavori di Rauschenberg. Non sembrò particolarmente interessato fino a quando l’artista non insistette per andare a prendere il ghiaccio per i drink da Johns. A quel punto Castelli si illuminò, e insistette per vedere i lavori del compagno, di cui aveva visto un’anticipazione a una mostra l’anno precedente. Johns entrò nelle scuderie del gallerista iniziando ad acquisire più fama di quella che lo aveva tanto colpito quando aveva conosciuto Rauschenberg. Non si sa se fu questo il primo punto di rottura della loro relazione, ma comunque tre anni dopo entrambi lasciarono New York per trasferirsi nel sud delle loro origini. Non si videro per dieci anni, ulteriore sintomo dell’importanza della loro relazione, e del dolore che la sua fine dovette causare ad entrambi.

J. Johns, Target with four faces, 1959
J. Johns, Target with four faces, 1959

Johns e Rauschenberg si amarono in segreto, e così anche la loro relazione artistica va letta tra le righe. Le loro opere non potrebbero essere più diverse, proprio perché Johns decise programmaticamente di fare il contrario di tutto, di negare ogni cosa gli sembrasse familiare. E così il segreto in qualche modo viene alla luce, perché per negare completamente qualcosa bisogna entrarci in un rapporto strettissimo, quasi simbiotico, in modo da comprenderne ed eliminarne ogni aspetto.

Elena D’Angelo

 

Riferimenti bibliografici

– Elena Del Drago, C’eravamo tanto amati – Le coppie dell’arte nel novecento, Mondadori
Electa, Milano, 2014

– Hal Foster, Rosalind Krauss, Yve-Alain Bois, Benjamin H.D. Buchloh – Arte dal 1900.
  Modernismo, Antimodernismo, Postmodernismo, Edizione italiana a cura di Elio Grazioli
Zanichelli, Bologna 2006

– Giuliano Serafini, Rauschenberg, Art e Dossier – Inserto redazionale allegato al n° 198,
Giunti, Firenze, Marzo 2004

– David Sylvester, Interviste con artisti americani, Edizioni Lit, Roma, 2012

– Calvin Tomkins, Robert Rauschenberg, un ritratto, Johan e Levi Editore, 2008

– Kirk Varnedoe, Jasper Johns, a retrospective, The Museum of Modern Art, NY, 2006

About the author

Elena D'Angelo

Classe 1990, vive da sempre nell’hinterland milanese, e ha studiato
tra la Statale e Brera, dove al momento frequenta il corso di laurea
specialistica in Pratiche Curatoriali. Ha curato diversi progetti
legati al lavoro di artisti emergenti ed è l'editor per la versione
inglese del magazine online Juliet.

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